REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere

 

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8265/2005 proposto da:

S.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 62, presso lo studio dell’avvocato GRISANTI FRANCESCO, rappresentato e difeso dagli avvocati TADDEI Marcello, VINCENZI ANTONIO giusta procura speciale n. 62340 del 31/8/2010;

– ricorrente –

contro

A.G. (OMISSIS), N.F. (OMISSIS), D.N. (OMISSIS), S. L.;

– intimati –

e contro

S.W. (OMISSIS), giusta procura speciale del 28/9/2010 rep. 62422, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato ANTONINI GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAIAR ENZO;

– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 439/2004 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 29/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 05/10/2010 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito l’Avvocato VINCENTI Antonio, con procura notarile difensore del ricorrente che ha chiesto accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ANTONINI Giuseppe difensore del resistente con procura che ha chiesto rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per rigetto del ricorso.

 

Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 13.11.97 S.A., comproprietaria della p.m. 3 della p.ed. 215, citava avanti al Tribunale di Trento i proprietari di altre porzioni materiali della p.ed. 214 e 215 ( A.G., D.N., N.F., S. W. e S.V.), chiedendo che fosse accertata e dichiarata la natura condominiale dell’edificio costituente le stesse particelle, con la qualificazione come bene comune del tetto da lei rifatto a sua cura e spese, per cui chiedeva – previa CTU per la redazione delle quote millesimali – che i convenuti fossero condannati al pagamento delle quote di rispettiva competenza ai sensi dell’art. 1123 c.c., con gli interessi legali. Inizialmente si costituivano in giudizio tutti i convenuti, tranne S.V. e S.W., il quale ultimo successivamente si costituiva anche in veste di erede di S.V., nel frattempo deceduto.

 

A.G. era quindi subentrato nella posizione di N.F., avendo dalla medesima acquistata la metà indivisa della p.m. 3 p.ed. 215. Tutti i convenuti contestavano la domanda attrice, sostenendo che non vi fossero i presupposti per il riconoscimento della natura condominiale del bene, costituito da diverse porzioni materiali del tutto autonome, come risultava dalla descrizione tavolare. Nel corso del giudizio venivano proposte dalle parti varie domande (possessorie, cautelari ecc), di cui il giudice disponeva la separazione. Espletata la C.T.U. l’adito tribunale, con sentenza n. 760/03, pubblicata in data 27.8.2003 rigettava le domande formulate da S.A., che condannava alla rifusione delle spese processuali. Riteneva, sulla scorta delle conclusioni del CTU, che le due particelle in questione non integrassero un condominio, in quanto il tetto interessato dai lavori eseguiti dall’attrice era per metà della S. e per la residua parte dell’ A., in corrispondenza del sottotetto di proprietà dello stesso. Avverso tale pronuncia proponeva appello S.A., ribadendo tutte le proprie precedenti domande; contestava in specie l’espletata CTU, sia sul piano formale che su quello sostanziale.

 

Si costituivano A.G., N.F. e S. W., contestando l’avversa impugnazione e proponendo la N. e l’ A. anche appello incidentale.

 

L’adita Corte d’Appello di Trento, con sentenza n. 439/04 deposit. in data 29.12.04, accoglieva l’appello limitatamente al rigetto della domanda riconvenzionale dell’ A. e della N., confermando nel resto impugnata sentenza; poneva a carico della S. le spese processuali, che in parte compensava. La Corte, dopo aver ribadito la natura non condominale dell’edificio aderendo alle conclusioni del CTU, confermava anche il rigetto di tutte le altre domande attoree, tese alla determinazione delle quote millesimali e ad ottenere il rimborso delle spese sostenute per il rifacimento del tetto. Secondo il giudice a quo i tre nuclei abitativi in questione erano dotati di accessi autonomi ed esclusivi, mentre le “modeste” parti comuni (una scala, un’aia ecc.) riguardavano solo più porzioni materiali e mai la struttura nel suo complesso.

 

Avverso tale decisione S.A. ricorre per cassazione sulla base di 3 mezzi, illustrarti da memoria ex art. 378 c.p.c.; gli intimati non hanno svolto difese; alla pubblica udienza compariva S.W. per il tramite del proprio difensore.

 

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso si denunzia l’omessa, insufficiente o contraddico ria motivazione, nonchè illogicità manifesta della sentenza impugnata. Deduce la ricorrente che la Corte non ha evidenziato le contraddizioni logiche della CTU a cui si è acriticamente conformata; ha infatti basato la sua decisione sulla descrizione dell’immobile contenuta nella citata CTU che però, in realtà, non trova fondamento nello stesso elaborato peritale, la cui descrizione è sostanzialmente diversa.

 

Con il secondo motivo si denunzia l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 840 e 1117 c.c.. La censura riguarda quella parte della motivazione che ritiene “modeste” le parti comuni individuate dal CTU, in conformità con la descrizione tavolare; che omette di considerare altre parti comuni non espressamente richiamate dal CTU, ma che in mancanza di titolo contrario sono comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c.; che infine omette di considerare la mancanza di un unico e netto confine tra le p.ed. tavolari 214-215.

 

Con il terzo motivo l’esponente denuncia ancora l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, nonchè la violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c.. Si assume che motivazione è carente laddove esclude la natura condominiale dell’edificio de quo solo perchè i tre nuclei abitativi individuati sarebbero dotati di accessi autonomi ed esclusivi, mentre le evidenziate parti comuni riguarderebbero solo più porzioni materiali e mai la struttura nel suo complesso, quando invece l’esistenza di un condominio presuppone che tutti i proprietari delle singole unità di un edificio siano contitolari di parti comuni poste in rapporto funzionale con l’utilizzo delle singole unità della proprietà individuale. Ad avviso dell’esponente sarebbe dunque evidente la contraddittorietà e l’errore in cui è incorso il giudice di merito che “ha ritenuto di rigettare la domanda relativa all’accertamento della natura condominiale dell’edificio in questione, solo perchè le parti comuni descritte, dal CTU non sono tali per tutti i proprietari dei diversi piani o porzione di piano. Doveva il giudice procedere quantomeno all’accertamento della natura di condominio parziale dell’immobile”.

 

Le predette censure, stante la loro stretta connessione, vanno esaminate congiuntamente e sono fondate.

 

Il giudice di merito in buona sostanza ha rigettato la domanda attrice ritenendo che le parti comuni non erano tali per tutti i proprietari dei diversi piani o porzione di piano.

 

Ciò tuttavia non escludeva la configurabilità di un condominio parziale ravvisabile nel cespite immobiliare in questione. E’ pacifico infatti che vi sono delle parti comuni (il tetto, l’area di sedime, i muri maestri, le scale, l’aia, ecc.) destinati al servizio o al godimento di una parte soltanto dell’edificio. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “deve ritenersi legittimamente configurabile la fattispecie del condominio parziale “ex lege” tutte le volte in cui un bene risulti, per obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato al servizio e/o al godimento in modo esclusivo di una parte soltanto dell’edificio in condominio, parte oggetto di un autonomo diritto di proprietà, venendo in tal caso meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini su quel bene” (Cass. n. 8136 del 28/04/2004; n. 21246 del 10.10.2007)”.

 

Va infine precisato che non potrebbe parlarsi di domanda nuova o diversa da quella proposta, anche in considerazione del principio di autodeterminazione del diritto reale. I diritti reali, in quanto diritti assoluti – come ha più volte precisato questa S.C. – appartengono alla categoria dei diritti c.d. autodeterminati, che si identificano in base alla sola indicazione del loro contenuto e non per il loro titolo che ne costituisce la fonte. Pertanto, da un lato l’attore può mutare titolo della domanda senza incorrere nelle preclusioni della modifica della “causa petendi”, dall’altro il giudice può accogliere il “petitum” in base ad un titolo diverso da quello dedotto senza violare il principio della domanda (art. 112 cod. proc. civ.). (Cass. n. 7078 del 07/07/1999 ; Cass. n. 18370 del 30.1.2002).

 

Il ricorso dev’essere dunque accolto; la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio della la causa, anche per le spese di questo giudizio alla Corte d’Appello di Trento in diversa composizione, la quale, conformandosi ai principi di diritto sopra enunciati, dovrà accertare la configurabilità di un condominio parziale nel cespite immobiliare per cui è causa.

 

P.Q.M.

la corte, accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per le spese di lite, alla Corte d’Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano.

 

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