L’Irpef è dovuta da tutti coloro che possiedono fabbricati a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale.
I redditi dei fabbricati devono essere dichiarati riportandoli nella dichiarazione dei redditi, quadro RB del Modello UNICO (o quadro B, per chi compila il Modello 730).
Il reddito che il proprietario ricava dalla locazione di un fabbricato (reddito effettivo) è tassato in maniera diversa in corrispondenza delle varie tipologie di contratti di locazione.
In particolare, se l’immobile è locato:
 ad equo canone, il reddito da assoggettare all’Irpef è quello derivante dal canone annuo di locazione, ridotto del 15 per cento a titolo forfetario (o del 25 per cento per i fabbricati situati nella città di Venezia e in alcune isole della Laguna); si ricorda che dal 30 dicembre 1998 non è più possibile stipulare o rinnovare contratti di tale tipo;
 in libero mercato, il reddito è dato dal valore più alto tra la rendita catastale (rivalutata del 5 per cento) e il canone di locazione (aggiornato con le rivalutazioni Istat) ridotto del 15 per cento (o del 25 per cento per i fabbricati situati nella città di Venezia e in alcune isole della Laguna);
 a canone convenzionale (ai sensi della Legge 9 dicembre 1998, n. 431), il reddito da assoggettare all’Irpef, determinato con le stesse modalità previste per i fabbricati affittati ad uso abitativo in libero mercato, è ridotto ulteriormente del 30 per cento se il fabbricato è sito in uno
dei Comuni ad alta densità abitativa (art. 1, Decreto legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazione, dalla Legge 21 febbraio 1989, n. 61 e successive modificazioni).
Il canone “convenzionale” è quello determinato sulla base di appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni degli inquilini maggiormente rappresentative a livello nazionale. Per usufruire dell’ulteriore riduzione del 30 per
cento, il contribuente deve indicare nella dichiarazione dei redditi gli estremi di registrazione del contratto di locazione, l’anno di presentazione della denuncia dell’immobile ai fini dell’Ici e il Comune in cui l’immobile è situato.

Il canone di locazione va dichiarato anche se non è stato percepito effettivamente. La legge prevede, però, che i canoni non percepiti (per l’ammontare accertato dal giudice) non concorrono a formare il reddito a partire dal termine del procedimento di convalida di sfratto per morosità. Inoltre, nel caso in cui il giudice confermi la morosità dell’affittuario anche per periodi precedenti, è riconosciuto un credito d’imposta di ammontare pari alle imposte versate sui
canoni venuti a scadenza e non percepiti. In tutti questi casi il reddito dei fabbricati è determinato sulla base della sola rendita catastale.

Preclusione all’accertamento d’ufficio
Ai fini Irpef gli uffici non possono rettificare il reddito derivante da immobili locati quando si dichiara l’importo maggiore tra:
 il canone di locazione risultante dal contratto, ridotto del 15 per cento;
 il 10 per cento del valore catastale dell’immobile.
Se, invece, il contratto non è stato registrato, l’ufficio può presumere l’esistenza del rapporto di locazione, salvo documentata prova contraria, anche per i quattro periodi d’imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso.
In tale caso, ai fini della determinazione del reddito su cui pagare l’Irpef per ciascun anno, si presume, il 10 per cento del valore catastale dell’immobile.
Il valore dell’immobile si determina applicando alla rendita catastale i moltiplicatori (rivalutati) previsti ai fini dell’imposta di registro.

Queste disposizioni non si applicano per i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo a canone “concordato”, cioè quelli stipulati o rinnovati ai sensi della legge 431/98 (art. 2, comma 3, e art. 4, commi 2 e 3).

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