Una volta che sia stata data prova che un danno è stato cagionato dal malfunzionamento di una parte condominiale (sistema fognario) scatta la responsabilità ex re del Condominio in quanto soggetto tenuto alla sua manutenzione, il quale può esonerarsi da responsabilità provando il caso fortuito.

 

Corte di Appello di Roma 29 gennaio 2013
Svolgimento del processo
Con citazione notificata in data 16.01.2010 i sigg. I.C. e I.M.R.G. hanno proposto appello
avverso la sentenza emessa in data 31.10.2008 dal Tribunale di Roma con la quale era stata
rigettata la loro domanda avanzata nei confronti del Condominio di via di Pietra n.70 in Roma,
con citazione notificata il 23.11.2005, con la quale avevano convenuto in giudizio il Condominio
chiedendo che, accertata la sua responsabilità per l’allagamento di un loro locale sito al piano
terreno, venisse condannato al risarcimento del danno patrimoniale subito in conseguenza
della mancata locazione del bene nonchè venisse accertata la svalutazione dell’immobile, da
liquidarsi in separato giudizio. Nel merito avevano dedotto che dall’anno 1999 erano proprietari
del locale magazzino, posto al piano cantina, sito nel convenuto Condominio, e che sin dal
1996 il condominio discuteva degli interventi da eseguire per ovviare ai rigurgiti di acqua e
liquami provenienti dalle fogne ma che nulla era stato fatto; che in conseguenza dell’inerzia del
condominio gli istanti non avevano potuto locare a terzi l’immobile subendo un notevole
pregiudizio economico; che tale situazione determinava anche una notevole svalutazione del
valore del proprio bene. Il Condominio si era costituito in giudizio contestando in fatto ed in
diritto l’avversa domanda; deducendo, in particolare, che l’allagamento era stato denunciato in
data 14.04.2004 e che, pertanto, a tale evento non poteva essere ricondotta la richiesta di
risoluzione del contratto di locazione di tale immobile comunicata in data 7.04.2004.
Evidenziava, inoltre, che gli attori non si erano mai attivati per far deliberare in assemblea il
completo rifacimento delle fogne nonche’ che gli stessi non potevano lamentare il
deprezzamento dell’immobile, avendolo acquistato, a seguito di uno scioglimento di società,
con la consapevolezza della deficienza del suo impianto fognario. Assumendo, inoltre, che
l’allagamento aveva avuto effetti limitati e che gli attori non avevano consentito ai tecnici
incaricati di sostituire il pozzetto ne’ di eseguire gli interventi di manutenzione.
Il Tribunale, dopo l’istruttoria testimoniale e documentale, aveva rigettato la domanda;
compensando le spese del giudizio.
Gli appellanti deducono e sostengono l’erroneità della sentenza chiedendone la riforma e, nel
merito, instando per l’accoglimento della domanda proposta con la condanna dell’appellato al
risarcimento dei danni subiti oltre alle spese del giudizio.
Si è costituito il Condominio appellato che ha chiesto il rigetto dell’appello.
All’esito della verifica della Costituzione delle parti, sono state precisate le conclusioni
all’udienza collegiale del 28.09.2012 ove la causa è stata trattenuta per la decisione ai sensi
dell’art.352 c.p.c. con concessione dei termini fissati dall’art.190 c.p.c.
Motivi della decisione
Con i due motivi di appello si censura la sentenza di primo grado per avere respinto la
domanda non considerando correttamente gli elementi accertati nel giudizio a mezzo prova
testimoniale e documentale; sostenendosi che il tribunale aveva fatto mal governo delle regole
processuali non considerando la situazione oggetto del giudizio in rapporto a quanto emerso
nel corso del medesimo procedimento ed alle domande avanzate da parte attrice (risarcimento
del danno costituito dalla perdita del canone della locazione del bene e per la sua valutazione
economica, quali conseguenze dei continui episodi di rigurgiti di acque nere).
La sentenza appellata aveva motivato il rigetto della domanda attrice esponendo come “la
domanda di accertarsi la svalutazione del valore del locale degli attori in conseguenza della sua
inutilizzabilità non può essere accolta per i seguenti motivi. Gli attori già prima dell’acquisto del
locale, avvenuto nel 1999, erano da diversi anni a conoscenza dello stato della fogna
condominiale e del verificarsi di rigurgiti d’acqua all’interno del locale. Pertanto, quando hanno
acquistato l’immobile dalla società di cui erano stati soci, erano ben consapevoli dei difetti del
bene e del suo minor valore. Ne consegue che non può attribuirsi all’evento in oggetto l’effetto
di aver diminuito il valore commerciale del bene che, sin dalla data del suo acquisto,
presentava tale difetto. – Peraltro, e’d’uopo evidenziare che gli attori possono essere ritenuti
corresponsabili del disvalore dell’immobile e degli ulteriori danni subiti ex art. 1227 c.c. – Dalla
documentazione prodotta in atti emerge, infatti, che gli attori non si sono attivati per eliminare
le cause dei lamentati allagamenti e/o per limitarne gli effetti dannosi, – Gli attori, infatti, non
hanno richiesto né nel presente giudizio nè in altri separati giudizi di accertare le cause di tali
allagamenti (pacificamente ricondotti alla vetustà ed inidoneità dell’impianto fognario a cielo
aperto) e di condannarsi il condominio convenuto all’esecuzione delle opere necessarie
all’eliminazione degli stessi ma, pur continuando a subire un notevole pregiudizio dall’inerzia del condominio, si sono limitati solo a richiedere il risarcimento dei relativi danni. Infine, si
ritiene che l’istruttoria espletata non abbia consentito di ritenere adeguatamente provato che
l’evento denunciato in data 14.04.2004 abbia dato luogo alla risoluzione del contratto di
locazione in data 7.04.2004. – Il teste L. ha, infatti, confermato di aver eseguito l’intervento di
disostruzione in data 14.04.2004 e che la segnalazione doveva essere avvenuta nello stesso
giorno perché la sua ditta è tenuta ad intervenire entro 12 ore. La portiera della stabile Sig.ra
L.N. ha confermato che il sig. I. le aveva segnalato l’allagamento della sua cantina in data
14.04.2004 e che ricordava esattamente tale data perché l’aveva annotata sull’agenda.
Precisa, inoltre, di aver avvertito l’amministratore del condominio e che la ditta di
manutenzione era intervenuta in giornata. Aggiunge che la cantina era per metà allagata da
acque nere e che il tombino ove si era verificata l’esondazione era chiuso da un coperchio non
avvitato perché i tombini sono arrugginiti e le viti non si riescono ad avvitare. – I testimoni di
parte attrice, Signori V. e M., non sono stati in grado di precisare con esattezza né la data di
sottoscrizione del contratto di locazione né la data in cui avevano visto la cantina allagata. Il
teste V. dichiara che ciò avveniva nei primi giorni di Aprile ma se ciò fosse vero non si
comprende come mai la parte attrice abbia segnalato tale allagamento solo in data
14.04.2004. – Inoltre, il contratto di locazione della cantina risulta privo di data e non è stato
registrato mentre la lettera con cui è stata richiesta la risoluzione del contratto è datata
7.04.2004 (v. doc. 2 e 3 in atti). Pertanto, sia per la mancanza di un ‘adeguata prova del
nesso di causalità tra l’evento lamentato e la risoluzione del contratto sia perche gli attori
hanno concorso, con il loro comportamento, a causare il danno ed ad aggravarne, nel tempo, i
suoi effetti dannosi, si ritiene che la domanda di risarcimento danni proposta nei confronti del
condominio convenuto non possa che essere rigettata”.
Ritiene la Corte che l’appello sia fondato perché, analizzati i dati probatori acquisiti in primo
grado (prova testimoniale), sussiste una specifica ipotesi di colpa a carico del Condominio per
non avere mantenuto il sistema fognante a servizio dello stabile condominiale in adeguate ed
efficienti condizioni di funzionamento; difetto di manutenzione che la obbliga al risarcimento
del danno ai sensi dell’art.2051 c.c. (cfr. Cass. civ., sez. III, 30-11-2005, n. 26086 “la
responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia – prevista dall’art. 2051 c.c. – ha
carattere oggettivo e, perché possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista il nesso
causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del
custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia non
presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il
depositario, e, d’altro canto, la funzione della predetta norma è quella di imputare la
responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa; deve
pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d’uso e di conservazione, e
non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta”).
Tutto questo prescinde, a ben vedere, dall’ultimo episodio di fuoriuscita di acqua cui viene fatto
riferimento nella citazione di I grado (quello del 7 aprile 2004) posto che i due appellanti
avevano attivato la domanda di risarcimento danni basandola sui ripetuti episodi di rigurgiti di
acqua che datavano almeno dal 1996 in poi, dimostrativi di una situazione dannosa nel suo
complesso, con la sola specificazione che l’episodio del 7.4.04 era coinciso con la stipulazione
di due contratti di locazione (uno poi registrato il 16.4.04) e che nel consegnare il locale
all’affittuario si era riscontrata la nuova invasione di letame in danno del locale (con
conseguente e necessitata risoluzione de contratto per la sua completa impraticabilità e la
mancanza di qualsiasi seria possibilità di soluzione del problema da parte del Condominio).
Una volta che sia stata data prova che un danno è stato cagionato dal malfunzionamento di
una parte condominiale (sistema fognario) scatta la responsabilità ex re del Condominio in
quanto soggetto tenuto alla sua manutenzione, il quale può esonerarsi da responsabilità
provando il caso fortuito.
Ma nel caso de quo l’appellato Condominio non ha dato prova alcuna di ciò limitandosi a
negare ogni sua responsabilità ed addossando ai due condomini la colpa per la situazione in
trattazione (tesi poi fatta propria del tribunale che aveva imputato agli attori la colpa per aver
creato il danno procedendo alla locazione ben sapendo quale fosse la condizione del bene
locato, oltre che ritenendo non provato l’episodio di allegamento del 7.4.2004).
La circostanza che ha reale rilievo nel presente giudizio è, pertanto, la verifica sul se vi sia
stata prova del nesso causale tra il lamentato danno (come sopra descritto) e la condizione
della cosa condominiale che è emersa in tutta la sua inadeguatezza (Cass. civ., sez. III, 01-04-2010, n. 8005: “la responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in
custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di
fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le
situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa; detta
norma non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e
danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della
particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del
custode offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità,
mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di
custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta
eccezionalità”).
La prova data dagli appellanti/attori aveva consentito di ritenere che la risoluzione del
contratto di locazione con la soc. Aurelia Antica 87 fosse stata cagionata dall’aver rilevato (la
società affittuaria) la reale condizione del bene e la verosimile difficoltà di poter adibire quel
bene allo scopo per il quale era stato preso in locazione (deposito merci)
L’aver già subito svariati episodi di infiltrazioni di acque nere nel corso degli anni precedenti,
durante i quali il bene era appartenuto prima ad una società e poi ai suoi soci, non poteva
essere considerata una causa tale da escludere in toto la responsabilità del Condominio
custode del bene stante la natura “oggettiva” della responsabilità prevista dall’art.2051 c.c.; si
tratta di stabilire unicamente se quel contratto in data 7.4.2004 (indicato come stipulato
insieme all’altro contratto poi registrato il 16.4.2004) fosse stato stipulato realmente e non
meramente simulato dai contraenti (con il solo scopo di frodare il Condominio nella piena
consapevolezza – nei due contraenti – che il bene non aveva le caratteristiche per l’utilizzo suo
proprio o che non interessava affatto alla parte apparente affittuaria).
Ma come risulta evidente una tale simulata, apparente, situazione necessitava di prova da
parte del terzo (il Condominio) il quale nulla ha provato in merito non ponendosi neppure la
questione; restando incontestabile la presenza di un contratto di locazione stipulato dagli
appellanti con la già citata società; nonché l’avvenuta risoluzione per mutuo consenso dopo
l’episodio narrato (in merito le testimonianze dei sigg. V. e M. sono state precise e non paiono
essere state contraddette da altri elementi probatori).
In particolare la teste M.A.M. (già curatrice della s.r.l. Appia Antica 87) aveva dichiarato di
aver “visionato la cantina degli attori alcuni giorni prima del 7.4.04 allorchè eravamo in
trattative per la locazione del locale stesso e del negozio. In tale occasione, prima della stipula
del contratto, la cantina era in buono stato e volevamo locarla. Successivamente alla stipula,
ma non ricorso il giorno esatto, ho visionato nuovamente la cantina che era allagata di acque
scure che emanavano cattivo odore. Pertanto abbiamo rinunciati alla locazione della cantina”‘;
lo stesso teste, inoltre, aveva chiarito che, sebbene non ricordasse la data esatta,
l’allagamento doveva essere avvenuto prima del 14.4.04 e che tale allagamento aveva invaso
completamente la cantina , precisando che “il contratto di locazione della cantina…..alla data
del 7.4.04, quando è stato firmato il contratto del negozio, era ancora in fase di trattativa”.
Dichiarazioni, nella sostanza, che anche il teste A.V. (collaboratore della s.r.l. Appia Antica 87)
aveva confermato sia per lo stato del locale prima della stipula del contratto che quello in
prossimità della data della stipula (quest’ultimo indicato come “del tutto inagibile”).
Non v’è dubbio, pertanto, che lo specifico danno di cui si è chiesto il risarcimento
(limitatamente alle perdite connesse alla avvenuta risoluzione del contratto di locazione più
volte indicato – sub. n.2 delle produzione di I grado) sussista e sia conseguenza immediata e
diretta del fatto illecito di cui risponde il Condominio ex art.2051 c.c.; non emergendo elementi
oggettivi chi poter ricollegare un contributo causale dato dagli appellanti all’insorgenza del
danno stesso od alle sue conseguenze (ex art.1227 c.c.).
L’importo complessivo dei canoni di locazione che erano stati previsti nel contratto sottoscritto
ammontava a totali Euro. 25.200,00 (per i sei anni di durata prevista); e questa somma va
risarcita agli appellanti oltre alla rivalutazione ed agli interessi.
A tal riguardo è oramai ampiamente noto come l’obbligazione di risarcire il danno sia una tipica
obbligazione di valore avendo la funzione, non di consegnare una determinata somma, ma
quella di ricostruire integralmente il patrimonio del danneggiato, seppure elargendo, per
equivalente, un somma di denaro.
Ne consegue che al creditore spettano sia rivalutazione (per compensare il valore intrinseco del
bene perduto) che lucro cessante (per compensare il mancato uso del bene perduto) utilizzando la tecnica di un tasso di interesse da determinare equitativamente (vedi la celebre
Cass. Sez. Unite 17/2/1995 n. 1712 e più di recente Cass 10/3/2006 n. 5234, Cass.
2007/10884, nonché Cass. sez. un., 30-10-2008, n. 26008).
Per effettuare queste operazioni, seguendo un orientamento ormai consolidato si farà ricorso a
due diversi tassi.
Per rivalutare il credito si farà ricorso agli indici FOI, indici nazionali dei prezzi al consumo per
le famiglie di operai e impiegati, pubblicati dallo ISTAT e reperibili sul sito web istat.it.
Per calcolare il lucro cessante, invece, si fa ricorso al tasso legale (in difetto di prova su un
maggior danno).
Infine, poiché una volta liquidato, il risarcimento del danno, da credito di valore si trasforma in
credito di valuta, su di esso vanno calcolati gli interessi legali data della sentenza.
Applicati tali criteri al caso in esame si ottiene il risultato (alla data della sentenza di appello) di
una somma totale di Euro. 26.953,87, come riepilogato nella tabella che segue (che parte dalla
data del 7.4.2004)- calcolata mediante utilizzo di foglio elettronico estratto da sito web
(www.avvocato andreani.it/servizi/interessi_devalutazione_rivalutazione):
Servizio Richiesto: Calcolo Interessi Legali Con Rivalutazione – Data Iniziale: 07/04/2004 Data
Finale: 30/11/2012 – Capitale Iniziale: Euro 25.200,00 – Interessi Legali: Nessuna
capitalizzazione, Anno Civile (365 gg) – Decorrenza Rivalutazione: Aprile 2004 – Scadenza
Rivalutazione: Novembre 2012 – Indice Istat utilizzato: FOI generale Omissis – Indice alla
Decorrenza: 122,8 – Indice alla Scadenza: 106,2 – Raccordo Indici: 1,373 – Coefficiente di
Rivalutazione: 1,187 – Totale Rivalutazione: Euro 4.712,40 – Capitale Rivalutato: Euro
29.912,40 – Totale Colonna Giorni: 3159 – Totale Interessi: Euro 5.544,99 – Rivalutazione +
Interessi: Euro 10.257,39 – Capitale Rivalutato + Interessi (s.e.o.): Euro 35.457,39.
Sulle spese del procedimento.
In conseguenza dell’accoglimento dell’appello la parte appellata deve essere condannata al
pagamento delle spese, a favore della controparte, con liquidazione eseguita tenuto conto del
valore della controversia e delle attività compiute dal procuratore della parte vittoriosa nel
presente giudizio secondo i parametri ministeriali attualmente in vigore.
Infatti, l’art.9 del D.L. n. 1 del 2012, convertito nella L. n. 27 del 2012, ha abrogato la tariffa
forense di cui al D.M. n. 127 del 2004, statuendo, al comma 2, che nel caso di liquidazione da
parte di un organo giurisdizionale, il compenso dell’avvocato sia determinato sulla base di
parametri stabiliti con decreto del Ministro della Giustizia; parametri che sono stati approvati
con decreto 20.07.2012 n.140 (in G.U. n.195 del 22.8.2012), ed in vigore dal 23.8.2012, come
statuito espressamente dall’art.42 del decreto.
Per le cause avanti al Tribunale (applicando lo scaglione da Euro. 25.001 a 50.000 per il valore
accertato della causa) si ottiene la somma totale di Euro. 4.500,00.
Per le cause avanti alla Corte di Appello i parametri prevedono: “Valore medio di liquidazione
corrispondente a quello dello scaglione previsto per il tribunale, aumentato del 20%”. Si
ottiene la somma di Euro. 3.300,00 (scaglione già detto -senza “fase istruttoria”) da ridurre del
50% (1.650); il valore medio ottenuto va aumentato del 20% per il grado d’appello, con un
totale finale del compenso pari a Euro. 1.980,00.
PQM la Corte di Appello di Roma, Terza Sezione Civile, definitivamente pronunciando, ogni
contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, così decide sull’appello avverso la sentenza
del Tribunale di Roma emessa in data 31.10.2008 (depositata il 2.12.2008 con il N. 23796/08)
proposto dal I.C. e I.M.R.G. nei confronti del Condominio di via di Pietra n.70 in Roma: a) in
accoglimento dell’appello, ed in totale riforma della sentenza appellata, Dichiara che dei danni
subiti dagli appellanti, quali proprietari del locale ubicato al piano terra del fabbricato di via di
Pietra n. 70 in Roma, è responsabile il Condominio di via di Pietra n.70 in Roma e che
quest’ultimo è tenuto a corrispondere ai primi il danno liquidato in Euro. 35.457,39; b) per
l’effetto, Condanna il Condominio di via di Pietra n.70 in Roma, in persona del suo
amministratore in carica, al pagamento, in favore di I.C. e I.M.R.G., della somma di Euro.
35.457,39, con aggiunta degli interessi al tasso di legge a decorrere dalla data della presente
sentenza sino al saldo effettivo; c) Condanna il Condominio appellato alla rifusione delle spese
sostenute dagli appellanti nei due gradi di giudizio, liquidandole: per il 1 grado in Euro. 400,00
per spese e Euro. 4.500,00 per compenso professionale (oltre IVA e CAP come per legge), e
per questo grado di giudizio in Euro. 400,00 per spese e Euro. 1.980,00 per compenso
professionale (oltre IVA e CAP come per legge). Così deciso in Roma, il 7 gennaio 2013.

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