Il conduttore d’immobile urbano ad uso non abitativo, il quale, dopo la lesione del suo diritto di prelazione, per effetto di vendita del bene da parte del locatore senza la preventiva comunicazione dell’intento di alienare, non eserciti la facoltà di riscatto, nel termine all’uopo prescritto, può reclamare il risarcimento del danno, derivante dal mancato acquisto, non a titolo di responsabilità contrattuale, stante la carenza di nesso causale fra quell’inadempimento del locatore ed il mancato acquisto, ma a titolo di responsabilità aquiliana del locatore medesimo od anche del terzo acquirente, ove vi sia stata una condotta dell’uno e dell’altro rivolta ad indurlo a fidare nell’insussistenza del trasferimento e cosi a distoglierlo dall’onere di consultare i pubblici registri per acquisire notizia di detto trasferimento (Cass. 3 luglio 2008, n. 18233; Cass. 21 maggio 2001, n. 6891; Cass. 2 aprile 1997, n. 2872; Cass. 26 maggio 1992, n. 6293).
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 giugno – 30 agosto 2013, n. 19968
Presidente Russo – Relatore De Stefano
Svolgimento del processo
1. G. (o G. ) D. (o D.M. ), quale conduttore di un immobile destinato ad uso diverso dall’abitazione in (omissis) , convenne in giudizio dinanzi al tribunale di Sanremo il locatore A.L. e la Ippocampo sas di Magnani Oreste & C. (poi Ippocampo srl), acquirente dell’immobile, lamentando di non avere potuto far valere il diritto di riscatto di cui agli artt. 38 e 39 legge 392 del 1978 a causa della condotta delle controparti, per non avere l’A. inviato la prescritta comunicazione e comunque per avere questi a lungo continuato a presentarsi come locatore anche dopo la vendita. Le controparti si costituirono, negando sia la sussistenza dell’invocato diritto di riscatto, trattandosi di vendita cumulativa, sia ogni loro condotta colposa o dolosa, per essere stata controparte edotta dell’intenzione di vendere fin da tempo anteriore al rogito del 21.11.91. L’adito tribunale, subentrati al conduttore i suoi eredi (B.M. , nonché D.M.L. ed D.M.A. o D. ), con sentenza non definitiva escluse trattarsi di vendita in blocco e poi, con sentenza definitiva, ritenne la responsabilità di entrambi i convenuti e, quantificati i danni in Euro 145.248,55 oltre accessori, condannò al pagamento di quelli sia l’A. che la società acquirente, tra loro in solido. Con separati ricorsi in appello la Ippocampo srl impugnò le condanne pronunciate nei suoi confronti, mentre gli eredi D.M. (o D. ) dispiegarono appello incidentale, aderendo – dal canto suo – l’A. alle domande dell’appellante principale.
La corte ligure, rigettate le doglianze di quest’ultima in punto di presupposti per il diritto di riscatto, accolse tuttavia quella relativa all’insussistenza di profili di responsabilità in capo all’acquirente, poi dichiarando inammissibili gli appelli incidentali dei B. – D. e dell’A. “per mancato adempimento degli incombenti previsti dal terzo comma dell’art. 436 c.p.c., richiamato dall’art. 447bis c.p.c”: sicché fu rigettata la domanda degli eredi D. nei confronti della società acquirente, ma, nei rapporti tra dette parti, con compensazione delle spese del secondo grado.
Per la cassazione di tale sentenza, pubblicata il dì 8.6.07 col n. 1279/06, ricorrono oggi, affidandosi a tre motivi, i B. – D. (o D.M. ), che depositano altresì memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.; resiste con controricorso, col quale dispiega a sua volta ricorso incidentale, la Ippocampo srl; non svolge attività difensiva in questa sede l’intimato A. .
Motivi della decisione
2. In via preliminare, i due ricorsi, siccome proposti contro la medesima sentenza, vanno riuniti, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ..
Ciò posto, va premesso pure che, essendo la sentenza impugnata stata pubblicata tra il 2.3.06 ed il 4.7.09, alla fattispecie continua ad applicarsi, nonostante la sua abrogazione (ed in virtù della disciplina transitoria di cui all’art. 58, comma quinto, della legge 18 giugno 2009, n. 69) l’art. 366-bis cod. proc. civ. e, di tale norma, la rigorosa interpretazione elaborata da questa Corte (Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194; Cass. 24 luglio 2012, n. 12887; Cass. 8 febbraio 2013, n. 3079). Pertanto:
2.1. i motivi riconducibili ai nn. 3 e 4 dell’art. 360 cod. proc. civ. vanno corredati, a pena di inammissibilità, da quesiti che devono compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (tra le molte, v.: Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., ord. 17 luglio 2008, n. 19769, Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704); d) questioni pertinenti alla ratio decidendi, perché, in contrario, difetterebbero di decisività (sulla necessità della pertinenza del quesito, per tutte, v.: Cass. Sez. Un., 18 novembre 2008, n. 27347; Cass., ord. 19 febbraio 2009, n. 4044; Cass. 28 settembre 2011, n. 19792; Cass. 21 dicembre 2011, n. 27901);
2.2. a corredo dei motivi di vizio motivazionale vanno formulati momenti di sintesi o di riepilogo, che devono consistere in uno specifico e separato passaggio espositivo del ricorso, il quale indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure -se non soprattutto – le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (Cass. 18 luglio 2007, ord. n. 16002; Cass. Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680);
2.3. infine, è consentita la contemporanea formulazione, nel medesimo quesito, di doglianze di violazione di norme di diritto e di vizio motivazionale, ma soltanto alla condizione che ciascuna sia accompagnata dai rispettivi quesiti e momenti di sintesi (per tutte: Cass. sez. un., 31 marzo 2009, n. 7770; Cass. 20 dicembre 2011, n. 27649).
Tutto ciò posto, può procedersi ad esaminare partitamente i singoli motivi di impugnazione.
3. B.M. ved. D. , D.L. e D.A. si dolgono:
– con un primo motivo, di vizio motivazionale sulla ritenuta esclusione, nella fattispecie, di condotte colpose dell’acquirente dell’immobile, pur avendo essa tollerato che il precedente proprietario e locatore continuasse a presentarsi, incassando i canoni in proprio, come locatore alla controparte: e conclude con un’ampia illustrazione della doglianza;
– con un secondo, di violazione di norme di diritto, ravvisandola nell’erroneità del riscontro del mancato adempimento agli oneri di cui al terzo comma dell’art. 436 cod. proc. civ. (posto a base della declaratoria di inammissibilità dell’appello incidentale), invece tutti puntualmente rispettati: tanto che viene riproposto il testo integrale del gravame incidentale a loro dire malamente disatteso;
– con un terzo, di vizio motivazionale sulla proclamata inosservanza dei medesimi incombenti.
Dal canto suo, la Ippocampo srl, oltre a confutare analiticamente i motivi di gravame avversari, dispiega ricorso incidentale, articolato su di un unitario motivo di violazione di norme di diritto e di vizio motivazionale, sulla qualificazione della fattispecie come vendita cumulativa, anziché in blocco.
4. Quanto al primo motivo, esso è ammissibile in relazione all’art. 366-bis cod. proc. civ., siccome assistito da un momento di riepilogo o di sintesi che può dirsi complessivamente rispondente ai rigorosi requisiti di cui al punto 2.2; ed esso è fondato.
Al riguardo, la corte territoriale correttamente inquadra in punto di diritto la fattispecie: va invero ribadito che il conduttore d’immobile urbano ad uso non abitativo, il quale, dopo la lesione del suo diritto di prelazione, per effetto di vendita del bene da parte del locatore senza la preventiva comunicazione dell’intento di alienare, non eserciti la facoltà di riscatto, nel termine all’uopo prescritto, può reclamare il risarcimento del danno, derivante dal mancato acquisto, non a titolo di responsabilità contrattuale, stante la carenza di nesso causale fra quell’inadempimento del locatore ed il mancato acquisto, ma a titolo di responsabilità aquiliana del locatore medesimo od anche del terzo acquirente, ove vi sia stata una condotta dell’uno e dell’altro rivolta ad indurlo a fidare nell’insussistenza del trasferimento e cosi a distoglierlo dall’onere di consultare i pubblici registri per acquisire notizia di detto trasferimento (Cass. 3 luglio 2008, n. 18233; Cass. 21 maggio 2001, n. 6891; Cass. 2 aprile 1997, n. 2872; Cass. 26 maggio 1992, n. 6293).
A questa corretta premessa la corte ligure fa seguire la secca notazione per la quale “non consta invece che alla società acquirente possa essere addebitato un comportamento sotto qualsivoglia profilo casualmente rilevante…, in via concorrente con quello dell’alienante” (che si era adoperato positivamente, continuando a richiedere di persona ed in proprio il pagamento dei canoni, per indurre in errore la controparte).
Tale motivazione è del tutto insufficiente, perché non si fa carico in alcun modo – totalmente trascurandolo – dell’elemento di fatto, ritualmente addotto nel materiale assertivo fin dall’atto di citazione in primo grado e correttamente riproposto, del ruolo dell’acquirente in ordine alla manifesta continuazione della gestione del rapporto locativo da parte del dante causa, riguardato poi – quanto alla consapevolezza del rapporto stesso e della detta prosecuzione della gestione – alla stregua della – sia pur successiva alla compravendita – congiunta formulazione della disdetta.
Erra la corte territoriale nel tralasciare di considerare tali elementi e pertanto – beninteso lasciato del tutto impregiudicato l’esito della valutazione a farsi – la gravata sentenza va cassata sul punto, affinché il giudice del rinvio ponga rimedio a tale carenza.
5. Sono peraltro fondati anche il secondo ed il terzo mezzo di ricorso principale, unitariamente considerati, coi quali i ricorrenti censurano la dichiarazione di inammissibilità dell’appello ora sotto il profilo del n. 3, ora sotto quello del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., unitariamente considerati (ed a prescindere dalla formale correttezza della mancata sussunzione della doglianza entro il paradigma del n. 4 della medesima disposizione).
È del tutto evidente, infatti e comunque, il carattere apodittico ed immotivato, ai limiti della non intelligibilità a causa della vaghezza delle espressioni adoperate, dell’asserzione della corte territoriale, secondo cui sarebbe mancato l’adempimento dagli incombenti previsti dal terzo comma dell’art. 436 cod. proc. civ., richiamato dall’art. 447-bis cod. proc. civ.: poiché la norma richiamata prevede la previa notifica dell’atto contenente il gravame incidentale e la sua interpretazione è univoca nel senso della necessità del deposito in cancelleria dell’atto medesimo, entrambi gli incombenti dovendo essere espletati nel termine imposto per la costituzione dell’appellato, era necessaria la specifica indicazione di quali di tali incombenti era stato violato e, soprattutto, in riscontro delle date di rispettiva maturazione dei corrispondenti termini.
Ora, non solo a tanto non ha proceduto la gravata sentenza, ma, sulla base degli atti direttamente richiamati dagli odierni ricorrenti principali ed esaminabili da questa Corte in ragione della sostanziale natura della doglianza mossa, può riscontrarsi che l’atto che conteneva l’appello incidentale risulta notificato alla Ippocampo srl in data 9.10.06 ed inserito nella produzione degli eredi del conduttore, munita di annotazione di deposito in cancelleria in data 12.10.06: e, pertanto, del tutto tempestivamente rispetto all’udienza di discussione, fissata nel decreto presidenziale pedissequo al ricorso in appello principale, del 6.12.06.
I relativi motivi, con cui gli odierni ricorrenti principali si dolgono della definizione in rito del loro appello incidentale sono quindi fondati e tanto comporta la cassazione della gravata sentenza anche sul punto, affinché il giudice del rinvio esamini sotto ogni altro profilo in rito e in merito detto appello incidentale.
6. L’unitario motivo di ricorso incidentale è invece inammissibile: quanto alla censura di vizio motivazionale, perché priva di qualunque separato momento di sintesi o di riepilogo (tanto meno dai rigorosi requisiti di cui al precedente punto 2.2); quanto a quella di violazione di norme di diritto, perché del tutto apodittica, generica e priva di riferimenti alle peculiarità della fattispecie. La relativa questione rimane quindi definitivamente risolta nel senso affermato dalla corte territoriale.
7. Conclusivamente, una volta riuniti i ricorsi, quello principale va accolto e quello incidentale dichiarato inammissibile; alla conseguente cassazione della gravata sentenza consegue il rinvio alla medesima corte territoriale – in diversa composizione – per la nuova disamina dei contrapposti gravami alla stregua di quanto sopra qui statuito e, all’esito di questa, per la liquidazione delle spese dell’intero processo, comprese quelle del presente giudizio di legittimità, in considerazione dell’esito complessivo della lite.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; cassa la gravata sentenza e rinvia alla corte di appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.