Danni cagionati da un bidone presente sulla carreggiata sono frutto di una situazione di pericolo creata dagli stessi utenti e quindi di un caso fortuito e non devono essere risarciti dall’Anas
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 3 luglio – 17 settembre 2013, n. 21233
Presidente Finocchiaro – Relatore Carluccio
Ritenuto
che, prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui agli artt. 376 e 380-bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione; che la relazione ha il seguente contenuto:
“1. L.M..P. , esponendo che, mentre percorreva la strada di servizio della SS (omissis) con la propria autovettura, l’impatto con un bidoncino di lamiera presente sulla strada danneggiava l’autovettura, propose domanda di risarcimento dei danni convenendo in giudizio l’Anas Spa. Il Giudice di pace di Gallipoli rigettò la domanda.
Il Tribunale Lecce — sezione distaccata di Gallipoli rigettò l’impugnazione (sentenza del 12 ottobre 2011).
2. Avverso la suddetta sentenza P. propone ricorso per cassazione, con due motivi. L’Anas resiste con controricorso.
È applicabile ratione temporis la legge 18 giugno 2009, n. 69.
Proposta Di Decisione:
1. Il Tribunale, in presenza di un ostacolo sulla strada attribuibile all’uso generalizzato da parte del pubblico, quale un bidoncino, ha escluso la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. dell’Ente custode, per essere la strada soggetta ad un uso continuo e generalizzato da parte del pubblico, così che, in assenza di situazioni di pericolo che dipendono da condizioni o carenze intrinseche della strada, anche la vigilanza più attiva non è sufficiente ad escludere situazioni di pericolo. Poi, ritenendo applicabile l’art. 2043 cod. civ., ha escluso ogni responsabilità dell’Ente in assenza di colpa dello stesso, essendo esclusa la possibilità di tempestivo intervento a fronte di un evento imprevedibile come la presenza di un bidoncino, evidentemente caduto da automezzo in transito.
2. Con il primo motivo di ricorso, si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 cod. civ., per avere il giudice di merito applicato un orientamento superato della giurisprudenza di legittimità, che escluderebbe la responsabilità da custodia quando la strada è soggetta ad un uso continuo e generalizzato da parte del pubblico. Mentre, la responsabilità deriverebbe dalla custodia e dai poteri di controllo e vigilanza collegati, salva la prova del fortuito. E, nella specie, proprio l’interruzione della vigilanza alle 13.30 di quel giorno, non segnalata, avrebbe determinato la situazione di pericolo che aveva causato (alle 19,00) l’incidente.
Con il secondo motivo, si deducono vizi motivazionali. Si denuncia illogicità della parte della motivazione che ritiene non provata la colpa dell’Ente, per aver apoditticamente affermato che il bidoncino fosse caduto da un automezzo di passaggio e contraddittoriamente ritenuto che la prova della colpa dell’Anas gravasse sull’utente danneggiato.
3. Le censure non meritano accoglimento.
La sentenza impugnata è conforme a diritto; pertanto, pur con le precisazioni che seguono, il ricorso va rigettato.
3.1. È costante nella giurisprudenza della Corte il principio secondo cui la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. sussiste in relazione a tutti i danni cagionati dalla cosa in custodia, sia per la sua intrinseca natura, sia per l’insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato – con effetto liberatorio totale o parziale – anche dal fatto del danneggiato, avente un’efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l’evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno (es., Cass. 7 aprile 2010 n. 8229).
Rispetto alle strade aperte al pubblico transito, la Corte ha ritenuto che la disciplina di cui all’art. 2051 cod. civ. è applicabile in riferimento alle situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, ed ha ritenuto configurabile il caso fortuito in relazione a quelle situazioni provocate dagli stessi utenti, ovvero da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa, che, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempestivo, non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere (es., Cass. 3 aprile 2009, n. 8157).
3.2. Nella specie, si tratta di una situazione di pericolo creata dagli stessi utenti (bidocino sulla strada); né dalla istruttoria condotta dai giudici del merito risulta che l’Ente, che di quella strada aveva la custodia e la vigilanza esercitata con controlli giornalieri, quel giorno conclusi alle ore 13,30, fosse stato avvertito della presenza di tale pericolo. Quindi, correttamente è stata esclusa la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. per la presenza di un caso fortuito.
A sorreggere la motivazione della sentenza impugnata è idonea e sufficiente l’esclusione della responsabilità ex art. 2051 cod. civ., trattandosi della responsabilità del custode, quale è inequivocabilmente l’Anas per le strade statali. Né, come ha fatto il giudice del merito, è possibile, una volta esclusa la responsabilità del custode per l’esistenza del fortuito, argomentare in ordine alla generale responsabilità del neminem laedere, perché il rapporto qualificato con la cosa esclude logicamente la configurabilità della generale norma sulla responsabilità; restando quest’ultima applicabile solo se non lo sia la responsabilità ex art. 2051 cod. civ., per l’impossibilità in concreto dell’effettiva custodia del bene.
Conseguentemente, nessuna incidenza possono avere le censure che il ricorrente svolge in ordine ai vizi motivazionali della sentenza in riferimento all’applicazione dell’art. 2043 cod. civ.”;
che la suddetta relazione è stata notificata agli avvocati delle parti costituite e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.
Considerato
che il Collegio condivide le osservazioni in fatto e le argomentazioni e le conclusioni in diritto della relazione;
che le parti non hanno mosso rilievi;
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti di cui al d.m. n. 140 del 2012, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’ANAS Spa, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.