Cass. civ. Sez. II, 09/12/2009, n. 25772

In tema di danno cagionato da cose in custodia, il giudizio sulla pericolosità della cosa inerte va fatto in relazione alla sua normale interazione con la realtà circostante (nel caso di specie, la Corte ha cassato con rinvio la decisione dei Giudici del merito, che avevano riconosciuto ad una donna il risarcimento dei danni riportati in seguito ad una caduta occorsa in un vialetto condominiale, tenuto conto che i giudici si erano limitati a rilevare la presenza di sconnessioni nella pavimentazione del vialetto in questione scarsamente illuminato, ma non avevano in alcun modo esaminato se tale situazione di oggettivo pericolo costituisse un’insidia non superabile con l’adozione delle normali cautele da parte del danneggiato).

Svolgimento del processo

C.L. ha impugnato, nei confronti di M.M. e del Condominio di (OMISSIS), con ricorso notificato il 12/11/04, la sentenza della Corte di Appello di Firenze, notificata il 31/7/04, che in riforma di quella di 1′ grado, lo aveva condannato a tener indenne l’intimato condominio da quanto dovuto a titolo di risarcimento a M.M., infortunatasi a seguito di una caduta avvenuta il (OMISSIS) mentre percorreva il vialetto condominiale, dalla pavimentazione sconnessa e scarsamente illuminato, per recarsi nel suo studio medico.

Lamenta: 1) la violazione degli artt. 2043 e 2051 c.c., nonchè difetto di motivazione, dato che risultavano del tutto incomprensibili le ragioni che avevano indotto il giudicante, che non chiariva se nella fattispecie trattavasi d’insidia e/o trabocchetto, “a qualificare il pericolo come unica fonte di responsabilità ex art. 2051 c.c.” del Condominio, sebbene nella specie nulla consentisse di ravvisare l’ipotesi dell’insidia, atteso che la M. “era solita percorrere il vialetto de quo per recarsi nel suo studio”; 2) la violazione dell’art. 1123 c.c., dato che la Corte, attribuendo tutte le spese risarcitorie ad un solo condominio sulla semplice argomentazione che era intervenuto un accordo “latu sensu” transattivo sulla questione, non aveva considerato che trattavasi invece di una delibera derogativa ai criteri di ripartizione stabiliti dall’art. 1123 c.c., in assenza della prescritta unanimità dei condomini.

Gli intimati resistono.

Motivi della decisione

In relazione al 1′ motivo ed all’eccezione d’inammissibilità sollevata dal controricorrente C., ritiene questa Corte che vada confermato il suo consolidato orientamento secondo cui, in caso di chiamata in garanzia impropria (situazione analoga a quella dell’intervento adesivo dipendente) l’azione principale e quella di garanzia essendo fondate sui titoli diversi, rimangono distinte e scindibili.

Tuttavia, ove manchi, come nella specie, da parte del convenuto (condominio) rimasto soccombente l’impugnazione sulla causa principale, il passaggio in giudicato afferente il rapporto principale non preclude al chiamato in garanzia impropria, che non si limiti a contestare il rapporto di regresso ma neghi la responsabilità del convenuto nei confronti dell’altro, d’impugnare autonomamente la decisione di merito nel limitato ambito del rapporto di garanzia e per i riflessi che tale decisione può avere su di esso (14813/06 – 5671/05 – 11454/03).

Ciò premesso, la doglianza risulta fondata. Infatti la Corte di merito, in ordine alla ritenuta esclusiva responsabilità ex art. 2051 c.c., del Condominio, contravvenendo al principio costantemente affermato da questa Corte (“ex plurimis” 16527/03 – 584/01 – 6767/01) secondo cui il giudizio sulla pericolosità della cosa inerte va fatto in relazione alla sua normale interazione con la realtà circostante, si è limitata a rilevare la presenza di sconnessioni nella pavimentazione del vialetto in questione scarsamente illuminato, ma non ha in alcun modo esaminato se tale situazione di oggettivo pericolo costituisse un’insidia non superabile con l’ordinaria diligenza e prudenza, ovvero fosse suscettibile di essere prevista e superata con l’adozione delle normali cautele da parte del danneggiato; il quale, in tale ipotesi, avrebbe quanto meno concorso, art. 1227 c.c., alla produzione dell’evento a titolo di colpa. Va, invece, disatteso il 2′ motivo.

Risulta, infatti, affetto da inammissibilità, dato che non è contestata l’esistenza, se non in modo vago e generico, del riscontrato accordo negoziale col quale il ricorrente in sede assembleare assunse l’obbligo di tenere indenne il condominio di quanto da esso dovuto a titolo risarcitorio alla M., e non è attaccata l’effettiva “ratio decidendi” secondo cui tale accordo non contiene alcuna deroga ai criteri di ripartizione ex art. 1123 c.c., ponendosi su un piano giuridico distinto rispetto ad una mera delibera ripartitoria delle spese, costituendo, invece, un negozio di natura transattiva; col quale il Condominio, pur non ritenendosi responsabile nei confronti dei frequentatori dello studio dell’intimato, assunse l’impegno a resistere in giudizio, ed il ricorrente a tenerlo indenne.

All’accoglimento del 1′ motivo e rigetto del 2′, segue l’inerente cassazione dell’impugnata sentenza ad altra sez. della Corte di Appello di Firenze affinchè, con riferimento al solo rapporto di garanzia, riesamini la questione concernente la responsabilità ex art. 2051 c.c., del Condominio, applicando il menzionato principio e decida anche per le spese della presente fase.

P.Q.M.

Accoglie il 1′ motivo, rigetta il 2′, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, ad altra sez. della Corte di Appello di Firenze.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2009

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