Il Tribunale di Taranto ha affrontato una complicata fattispecie caratterizzata dall’intrecciarsi di titoli di responsabilità in ordine al medesimo danno.
Quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.
La responsabilità dell’impresa appaltatrice e del professionista può essere fissata in parti uguali ex art. 2055 II c.tuttavia, va limitato il loro apporto causale sulle infiltrazioni ad un terzo del totale, se si considera il notevole lasso di tempo che i custodi convenuti ex art. 2051lasciavano passare senza fare opera di manutenzione sulla terrazza a livello. Tra il condominio ed il titolare dell’uso esclusivo della terrazza, come sopra si è detto, va invece applicata la proporzione ex art. 1126 c.c.
Tribunale di Taranto
Sezione II
Sentenza 4 aprile 2014, n. 1098
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TARANTO – II SEZIONE
In composizione monocratica, dott. Claudio Casarano
Ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 2781 R.G. anno 2005 Affari Civili Contenziosi promossa da:
M. S., V. S. e L. M. Z. – rappresentati e difesi dagli avv.ti Vito T. Donvito e Vita MARIANotaristefano;
CONTRO
M. C. M. – rappresentato e difeso dall’avv. Carlo Brancaccio;
Condominio di Piazza Vittorio Emanuele n. 3, in Massafra – rappresentato e difeso dall’avv. Marco Tullio Cicerone;
G. S. – rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Giacovelli;
(terzo chiamato) Ing. L. P. – rappresentato e difeso dall’avv. Vito Miccolis;
OGGETTO: “Altri rapporti condominiali”;
Conclusioni: le PARTI rassegnavano quelle in atti riportate e qui da intendersi richiamate;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il fondamento della domanda
Gli attori affermavano di essere proprietari, ciascuno, di un appartamento dello stabile condominiale situato in Massafra alla Piazza Vittorio Emanuele II, n. 3: tutti e tre erano ubicati al quinto PIANO, sottostanti l’ampio terrazzo a livello dell’unico appartamento situato al sesto piano, di proprietà del sig. M. C. M..
Lamentavano infiltrazioni di umidità derivanti dal predetto terrazzo a livello e chiedevano l’eliminazione della loro causa, oltre al risarcimento dei danni.
Allo scopo convenivano i soggetti ritenuti responsabili: il sig. M. M. C., quale proprietario dell’appartamento sovrastante, che aveva però l’uso esclusivo della terrazza a livello, il quale peraltro aveva realizzato una piscina, poi rimossa a seguito di un contenzioso instaurato nei suoi confronti( procedimento – 2781-2005 – peraltro poi riunito a questo procedimento); il sig. G. S., quale titolare dell’omonima ditta edile, per non aver eseguito a regola d’arte i lavori di impermeabilizzazione proprio del terrazzo a livello, in virtù di appalto stipulato con il condominio in DATA 22-12-1997; lo stesso condominio, per non essersi attivato anche quale custode ex ART. 2051 c.c. per l’eliminazione della causa delle infiltrazioni.
Il condominio poi chiamava in causa il direttore dei lavori nominato in occasione dei predetti lavori, ing. L. P..
Le difese dei soggetti ritenuti responsabili
Le difese dei convenuti e del terzo chiamato s’incentravano, come sottolineava la difesa istante, soprattutto sul rimpallo di responsabilità.
Il processo e l’istruzione
Sulla base di una prima Ctu e di successivi chiarimenti, il giudice del merito, chiamato a pronunziarsi su di una domanda cautelare, ordinava al condominio ed al proprietario della terrazza a livello di “eseguire sul lastrico solare dello stabile condominiale ed in corrispondenza della sola parte di esso sovrastante gli appartamenti dei tre ricorrenti i lavori e le OPERE indicati ai n. 1, 2, 3 e 4 della pag. 15 e ai n. 1,2,3, e 4 della pag. 16 della relazione del perito d’ufficio.
Il provvedimento veniva confermato dal Collegio in sede di reclamo.
Nella fase dell’attuazione del provvedimento cautelare il condominio procedeva all’esecuzione dei lavori, ma, lamentavano gli attori, ad oltre due anni dall’adozione del provvedimento cautelare.
La causa di merito veniva poi istruita con la prova orale articolata dalle parti.
All’udienza del 30-10-2013 la causa veniva riservata per la decisione con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per lo scambio di comparse conclusionali e repliche di rito.
L’individuazione dei soggetti responsabili
Come osservava la difesa istante non può essere revocato in dubbio che le infiltrazioni provenissero dal sovrastante terrazzo a livello.
Si tratta allora di individuare i soggetti responsabili.
Così infatti si esprimeva il giudice del cautelare in argomento: “In relazione alle cause di detti fenomeni( di infiltrazione di umidità) il perito d’ufficio, a mezzo di ispezione, e anche di numerosi saggi, ha rilevato sulla pavimentazione del lastrico solare sovrastante i tre appartamenti giunti di dilatazione degradati, la presenza di fessurazioni della sigillatura in corrispondenza dei pozzetti di raccolta delle acque, nonché ai piedi del muretto perimetrale e della muratura dell’appartamento del C. posto sull’attico, rigonfiamento e distacco in alcuni punti della pavimentazione, lacerazione in più punti della guaina impermeabile e l’assenza di risvolto della guaina in corrispondenza del muro perimetrale dell’appartamento del C.…”
Il giudice del cautelare individuava poi come responsabili il Condominio ed il C., quale titolare dell’uso esclusivo della terrazza a livello, per non aver provveduto ex art. 2051 c.c. alle necessarie opere di riparazione e manutenzione del lastrico sociale, le quali, se adottate per tempo, avrebbero evitato le denunziate infiltrazioni negli appartamenti degli attori.
Escludeva invece la responsabilità dell’impresa appaltatrice, anche perché le infiltrazioni si verificavano a distanza di cinque anni dal completamento dei lavori.
la responsabilità del condomino dell’ultimo piano e del condominio ex art. 2051 c.c. 1126 c.c.: l’esistenza dell’uso esclusivo della terrazza a copertura del primo non fa venir meno l’obbligo di custodia – l’esclusione di una forma di esclusiva responsabilità del primo per la collocazione di una piscina
In considerazione della natura di parte dei vizi riscontrati sulla pavimentazione all’ultimo piano, che evocavano cioè usura o incuria, e quindi un evidente difetto di diligenza nella custodia della cosa, non può farsi a meno di confermare quanto statuito dal giudice del cautelare e del successivo reclamo, laddove rimarcavano la responsabilità sia del proprietario dell’ultimo piano, al quale spetta l’uso esclusivo della terrazza che funge anche da copertura dell’edificio, sia del condominio.
Né la responsabilità di quest’ultimo può essere esclusa per il fatto che la terrazza fosse in uso esclusivo del condomino proprietario dell’attico: proprio perché svolge anche una funzione di copertura dell’edificio il condominio conserva la custodia per prevenire il verificarsi di rischi di infiltrazioni nei piani sottostanti.
Rischio che peraltro è notorio che non venga meno anche quando si realizzano importanti lavori di rifacimento della pavimentazione – allo scopo peraltro di garantire la tenuta della coibentazione e per evitare precedenti fenomeni di infiltrazione – come nel caso in esame avveniva nel 1999 con l’appalto affidato all’impresa convenuta: non doveva di certo il condominio lasciare passare 5 anni senza preoccuparsi di verificare le condizioni della tenuta dei giunti della pavimentazione o delle sue componenti, che per l’esposizione continua agli agenti atmosferici è notoriamente soggetta a progressivo deterioramento, per quanto curata possa essere stata l’opera di coibentazione svolta da parte dell’impresa incaricata.
Emerge anche la responsabilità per omessa custodia del titolare dell’uso esclusivo( arg, anche ex art. 1126 c.c.).
Quanto poi alla misura della responsabilità ben può trovare applicazione il criterio fissato dall’art. 1126 c.p.c., trattandosi di responsabilità omogenee perché derivanti entrambe dall’art. 2051 c.c.: la prima norma evidentemente tiene conto della preponderante funzione di copertura che la terrazza svolge, pur se in uso esclusivo al proprietario dell’attico.
Come peraltro sottolineato dal giudice del cautelare e del collegio, dalla Ctu non è emerso che fosse stata la pur improvvida collocazione di una piscina( del tipo di quelle in plastica però, come aveva occasione di precisare il perito d’ufficio) da parte del proprietario dell’attico a determinare fessurazioni sul pavimento o versamenti di acqua al punto da inondare la terrazza in modo anomalo; quindi non è emersa la prova che fosse stata causa esclusiva delle lamentate infiltrazioni di umidità.
La qualificazione della domanda proposta dagli attori è a titolo di responsabilità extracontrattuale ex art. 1669 c.c. – il concorso di fatti diversi in ordine alla causazione dell’evento lesivo ex art. 2055 c.c.
A ben vedere gli attori proponevano domanda risarcitoria, oltre nei confronti del condominio e del titolare dell’uso esclusivo della terrazza a livello, anche nei confronti dell’appaltatore.
Ma come qualificare quest’ultima domanda, posto che si dibatteva se dovesse essere ricondotta nell’ambito dell’art. 1667 c.c. o 1669 c.c.?
Non la prima in quanto non si tratta di verificare se sia da mantenere in vita un contratto o darsi la riduzione del prezzo o la sua restituzione.
Senza contare che per essere stata pacificamente accettata l’opera e pagata, ex art. 1667 c.c. non sarebbe stato più possibile farla valere, beninteso con riferimento ai vizi conoscibili.
Si tratta della responsabilità ex art. 1669 c.c., ritenuta comunemente di natura extracontrattuale, la quale se in linea generale si applica con riferimento alle costruzioni, può trovare applicazione estensiva anche quando si realizzino opere destinate ad avere, come per le prime, una lunga durata: ad esempio si pensi al caso del rifacimento dell’intonaco, che nei dieci anni successivi si sfaldi( S.C.), ovvero, come nel caso in esame, quando viene rifatta la pavimentazione di una terrazza a livello per evitare problemi già affiorati di infiltrazioni di acqua agli appartamenti sottostanti: ed è quanto aveva ad oggetto il contratto di appalto del 1997 dedotto in giudizio, per il quale fu allora sborsata dal condominio la somma di 170.000.000 d vecchie lire( altro quindi che opera di manutenzione ordinaria).
Non può poi essere qualificarsi l’azione proposta dagli attori ex art. 2043 c.c., dal momento che non può dirsi che siano soggetti distinti dal condominio quando stipulava l’appalto con l’impresa del convenuto; condominio che infatti non ha una distinta soggettività rispetto ai singoli condomini.
In altri termini gli attori quali proprietari danneggiati da supposta colpa dell’appaltatore si identificano pur sempre giuridicamente con il condominio committente e quindi trova applicazione l’art. 1669 c.c., il quale infatti, pur se evoca come si è detto una forma di responsabilità extracontrattuale, presuppone espressamente come legittimati attivi i committenti ed i loro aventi causa.
Consegue da quanto detto che la chiamata in causa del direttore dei lavori da parte del condominio convenuto, pur se fondato su di un contratto, come peraltro avveniva per l’appaltatore, si inserisce in astratto nella serie causale delle condotte che producevano il danno lamentato dagli attori( e si veda l’art. 41 c.p. sulla causalità, e la cui disciplina è da considerare un principio generale ).
Insomma trova applicazione per tutti i soggetti responsabili la regola della solidarietà ex art. 2055 c.c. e quindi si giustifica l’estensione automatica della domanda dell’attore anche nei confronti del direttore dei lavori, chiamato in causa dal condominio convenuto, ed esclusa invece dal giudice del reclamo ed avversata dalle controparti).
Peraltro tale istituto tradizionalmente si applica anche quando siano diversi i titoli di responsabilità: contrattuale od extracontrattuale.
La colpa dell’appaltatore
La colpa che gli attori ed il condominio attribuivano al titolare dell’impresa appaltatrice risiedeva nel non aver realizzato a regola d’arte il rifacimento della pavimentazione del terrazzo a livello.
Ed in effetti ricorre la sua responsabilità se si considera che con la CTU emergeva la realizzazione di un numero sufficiente di pluviali, rispetto alla grande superficie della terrazza, e soprattutto l’assenza di risvolto della guaina impermeabile in corrispondenze delle murature perimetrali dell’appartamento al piano attico per isolare l’intercapedine tra terrazzo e muro perimetrale.
Difetti di realizzazione dell’opera ritenuti come concausa delle lamentate infiltrazioni rispetto alle successive colpe derivanti da omessa custodia.
In altri termini emergevano dei gravi difetti nei dieci anni che ex art. 1669 possono essere fatti valere anche se l’opera veniva accettata; la preclusione ex art. 1667 c.c. riguarda infatti le azioni contrattuali ed in ogni caso non preclude l’azione per i danni derivanti dai gravi difetti, pur se alle diverse condizioni fissate dall’art. 1669 c.c..
Come ha avuto modo di precisare la S.C. è una forma di garanzia, quella offerta da quest’ultima norma, che si aggiunge a quella prevista dall’art. 1667 c.c..
Ragion per cui non è escluso che si possa trattare di un grave difetto che sarebbe stato idoneo a comportare la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, o fondare l’eccezione di inadempimento utile per paralizzare la pretesa al pagamento del corrispettivo dell’opera in favore dell’appaltatore; e magari i predetti rimedi non sono più esperibili, perché come nel caso in esame l’opera veniva accettata.
Ciò che conta però, per potere esercitare l’azione ex art. 1669 c.c. nei confronti dell’appaltatore, è che lo stesso grave difetto si manifesti nelle forme indicate dall’art. 1669 c.c., ovviamente avuto riguardo alle opere di rilievo destinate per loro natura a durare nel tempo.
Questioni di decadenza o prescrizione in questo caso non si ponevano perché non venivano eccepite per tempo( veniva eccepito nella comparsa di costituzione e risposta dell’appaltatore infatti la sola accettazione dell’opera, che sarebbe stata rilevante solo ex art. 1667).
Né per altro verso è stato dimostrato che l’impresa appaltatrice fosse semplice esecutrice dei lavori: nudus minister.
La responsabilità del direttore dei lavori
Come sopra si accennava anche il direttore dei lavori, al pari dell’impresa appaltatrice, quando con il suo sapere scientifico è coinvolto in un’opera dalla quale nel tempo possono derivare danni a terzi, deve svolgere l’incarico non solo per adempiere correttamente la propria obbligazione contrattuale ma anche preoccuparsi che dall’opera non abbiano a verificarsi in futuro danni a terzi.
Quest’ultimo va allora ritenuto responsabile per aver fatto passare come progettata e realizzata correttamente un’opera che invece finiva con il presentare i gravi vizi sopra delineati.
Né può escludere la responsabilità del professionista – o quella dell’appaltatore – la difesa che fa leva sul dissenso all’esecuzione del risvolto della guaina sull’intercapedine tra pavimento e muro di fabbrica, opposto dal condomino al quale era in uso esclusivo il terrazzo a copertura, dal momento che il contratto d’opera e quello d’appalto erano intercorsi con il condominio nel suo complesso; senza contare che si verte in tema di interessi non certo disponibili da parte di un solo condomino, pur se titolare dell’uso esclusivo della terrazza.
Ed i difetti riconducibili alla cattiva progettazione dell’opera, si badi, finivano con l’acuire il fenomeno delle lamentate infiltrazioni dai proprietari dei tre appartamenti sottostanti; quindi l’omessa custodia imputabile al condominio e condomino convenuti non si atteggia come causa da sola sufficiente ad escludere il nesso causale delle condotte preesistenti ascrivibili all’appaltatore ed al direttore dei lavori( art. 41, II co., c.p.).
La misura del concorso nelle responsabilità ex art. 2055 c.c.
La responsabilità dell’impresa appaltatrice e del professionista può essere fissata in parti uguali ex art. 2055, II co., c.c., tuttavia, va limitato il loro apporto causale sulle infiltrazioni ad un terzo del totale, se si considera il notevole lasso di tempo che i custodi convenuti ex art. 2051 lasciavano passare senza fare opera di manutenzione sulla terrazza a livello.
Tra il condominio ed il titolare dell’uso esclusivo della terrazza, come sopra si è detto, va invece applicata la proporzione ex art. 1126 c.c.-
I danni risarcibili
Gli attori, in luogo della eliminazione delle cause delle infiltrazioni dannose, posto che nel frattempo il condominio li aveva regolarmente eseguiti pur se in ritardo, chiedevano il risarcimento per equivalente, ossia nella misura stimata dal Ctu 23.000,00 .
Solo che, una volta eseguiti i lavori a cura e spese del condominio, è quest’ultimo ad aver il diritto al rimorso totale o parziale; e la domanda infatti il condominio la proponeva in questo senso.
Stimato allora il costo delle opere realizzate per eliminare le cause delle infiltrazioni dannose in euro 23.000,00, occorre calcolare la somma che dovrà essere allora restituita al condominio.
Se il direttore dei lavori e l’impresa concorrono nella misura di un terzo e sugli altri 2/3 il condominio ed il condomino nella misura ex art. 1126 c.c., il primi due dovranno rimborsare la somma di euro 7.666,66/2 = 3.833,33 per ciascuno.
Il condomino convenuto invece sulla somma residua di euro 15.333,33 dovrà concorrere nella misura di 1/3, ossia euro 5.111,11.
Sulla somma già in equivalente monetario spetteranno i soli interessi dalla domanda.
Vanno risarciti i danni rappresentati dai necessari lavori di ripristino da eseguire all’interno delle abitazioni danneggiate e quantificate dal Ctu in complessivi euro 1.900,00.
Non c’è poi prova che il ritardo nell’esecuzione dei lavori abbia comportato ex se un aggravamento del danno( euro 950,00); non sono stati specificati e quindi la richiesta di nuova perizia per determinarli appare avere il vieto carattere esplorativo.
Va poi liquidato il danno da mancata percezione da parte dell’attrice Z. della somma di euro 1.930,00, a titolo di canoni locatizi, oltre interessi dalla domanda.
Agli altri convenuti che abitavano gli immobili danneggiati va riconosciuto un danno non patrimoniale di euro 1.000,00 per ciascuno, posto che si incideva su di un bene, il vivere in un ambiente salubre, di rilievo costituzionale( ART. 32 COST.).
Le spese sopportate dagli attori seguono la soccombenza dei convenuti soccombenti; vanno invece COMPENSATE tra le altre PARTI. Si liquidano poi ex actis come da dispositivo, tenuto conto dell’effettiva attività svolta.
P.T.M.
Definitivamente pronunziando sulle domande proposte dai sig.ri M. S., V. S. e L. M. Z., con citazione regolarmente notificata, nei confronti del Condominio di Piazza Vittorio Emanuele II, n. 3, in Massafra, M. C. M. e G. S., con chiamata in causa dell’ing. L. P., rigettata ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:
Conferma l’ordinanza cautelare del 10-11-2006;
Accerta la concorrente responsabilità dei tre convenuti e del terzo chiamato: del convenuto S., quale titolare della impresa edile appaltatrice, e dell’ing. L. P., quale direttore dei lavori, nella misura di 1/3 del totale(1/2 nei rapporti interni); di 2/3 invece a carico del Condominio e del sig. C. M.( nei rapporti interni 2/3 per il primo ed 1/3 per l’altro ex ART. 1126 c.c.);
Accerta che la somma necessaria per i lavori di ripristino è PARI ad euro 23.000,00 ed è dovuta al Condominio, per aver eseguito i lavori a proprie spese;
Condanna quindi l’ing. P. ed il sig. S., ciascuno, al pagamento, in favore del condominio, della somma di euro 3.833,33, oltre interessi dal 01-01-2009; condanna il sig. M. M. C. al pagamento di euro 5.111,11, oltre interessi dall’01-01-2009;
Condanna i convenuti ed il terzo chiamato in solido al pagamento in favore degli attori, in solido, della somma di euro 1.900,00, oltre interessi e rivalutazione dal 01-01-2007; nei rapporti interni 1/3 a carico del direttore dei lavori ed appaltatore( ½ tra di loro); 2/3 a carico del condominio e proprietario dell’attico( nei rapporti interni 2/3 ed 1/3 ex art. 1126 c.c.);
Condanna i convenuti in solido al pagamento della somma di euro 1.930,00, in favore dell’attrice Z., oltre interessi dal 01-01-2009, e secondo la misura del concorso interno precisata al capo che precede,
Condanna i convenuti in solido al pagamento in favore dei sig.ri S. e S. della somma di euro 1.000,00, per ciascuno, oltre interessi dal 01-01-2007; sempre secondo la misura del concorso interno sopra precisata;
Condanna i convenuti ed il terzo chiamato in solido al pagamento delle spese processuali sopportate dagli attori, che si liquidano, in favore dei difensori anticipanti, in solido, in euro 989,00 per esborsi( compresi i costi delle due perizie anticipate per ¼ secondo la nota spese), ed euro 6.000,00 per compenso professionale; nei rapporti interni ai tre convenuti ed al terzo chiamato: 1/3 a carico del S. e del chiamato P.( ½ all’interno); 2/3 a carico del sig. C. e Condominio( 1/3 e 2/3 nei rapporti interni);
Compensa le spese del giudizio tra le altre parti;
Il giudice dott. Claudio Casarano
Fonte: altalex