L’accertamento della sussistenza delle condizioni legittimanti l’attribuzione dell’assegno divorzile presuppone un giudizio di adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente l’assegno e la verifica della possibilità-impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, da rapportare al parametro costituito del raggiungimento dell’indipendenza economica del richiedente. Di talché se è accertato che quest’ultimo è economicamente indipendente o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto, in forza del principio dell’autoresponsabilità economica valevole anche per i figli. Il relativo accertamento nella fase dell’an debeatur attiene, dunque, esclusivamente alla persona dell’ex coniuge richiedente l’assegno, come singolo individuo, senza alcun riferimento al preesistente rapporto matrimoniale; solo nella successiva fase del quantum debeatur è legittimo procedere ad un giudizio comparativo tra le rispettive posizione personali ed economico-patrimoniali degli ex coniugi, secondo gli specifici criteri dettati dall’art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970 per tale fase di giudizio. In virtù di quanto innanzi deve ritenersi superato il parametro (cui rapportare il giudizio di adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente l’assegno e la verifica della possibilità-impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive) del tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio stesso, fissate al momento del divorzio.
Tribunale Roma, Sezione 1 civile
Sentenza 23 giugno 2017, n. 12899
Assegno divorzile – Giudizio di adeguatezza-inadeguatezza mezzi richiedente – Verifica possibilità-impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive – Parametro – Indipendenza economica richiedente
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROMA
PRIMA SEZIONE CIVILE
così composto:
dott.ssa Franca Mangano Presidente
dott.ssa Luciana Sangiovanni Giudice
dott.ssa Stefania Ciani Giudice, relatore
riunito nella camera di consiglio ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile in primo grado iscritta al n. 74536 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi dell’anno 20P3 vertente
TRA
(…), elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio degli avv.ti Cl.No. e El.Ba. che la rappresentano e difendono giusta procura speciale in atti;
ricorrente
(…), elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’avv. An.Sp. che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in atti;
Con l’intervento del Pubblico Ministero.
OGGETTO: scioglimento del matrimonio.
CONCLUSIONI
All’udienza dell’8 febbraio 2017 le parti concludevano come da verbale di causa riportandosi ai rispettivi scritti difensivi
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso ritualmente e tempestivamente notificato unitamente al pedissequo decreto di fissazione d’udienza, (…), premesso che in data 3 settembre 1998 contraeva in Roma matrimonio civile con (…)
che dall’unione nascevano i figli (…), esponeva che con decreti del 5 aprile 2005 il Tribunale di Roma omologava la separazione consensuale dei coniugi alle condizioni ivi indicate, successivamente modificate a seguito di procedimento ex art. 710 c.p.c., in forza delle quali i figli minori sono affidati alla madre e collocati presso il suo domicilio con possibilità del padre di vederli e tenerli con sé due volte a settimana, per due finesettimana al mese, e per quattro settimane durante le vacanze scolastiche estive, nonché obbligo del padre medesimo di corrispondere per il loro mantenimento la somma mensile di euro 900,00, oltre al 50% delle spese straordinarie; che da allora non era ripresa la convivenza né si era mai ricostituita la comunione materiale e spirituale, di talché ricorrevano i presupposti per dichiarare lo scioglimento del matrimonio contratto dalle parti aumentando ad euro 1000,00 mensili la misura del contributo al mantenimento per i figli e ponendo a carico del resistente l’obbligo di corrispondere al coniuge un assegno divorzile pari ad euro 300,00 mensili o alla diversa somma ritenuta di giustizia.
Si costituiva in giudizio (…) che aderiva alla domanda di scioglimento del matrimonio contratto con la ricorrente, ma contestava le ulteriori istanze chiedendo il rigetto della domanda della ricorrente volta al riconoscimento dell’assegno divorzile in suo favore e la riduzione dell’assegno di mantenimento per i figli posto a suo carico essendo stato nelle more licenziato ed essendo ancora privo di occupazione.
All’udienza presidenziale comparivano personalmente le parti e il Presidente, esperito senza esito positivo il tentativo di conciliazione, preso atto che ambo i coniugi erano, all’epoca disoccupati e che la ricorrente pagava un canone di locazione pari ad euro 1650,00 mensili, riduceva la misura del contributo per il mantenimento dei figli posto a carico dell'(…) ad euro 400,00 mensili a far data dall’ottobre 2013, fermo l’obbligo di entrambi i coniugi di contribuire in eguale misura al pagamento delle spese straordinarie e confermava per il resto le condizioni separative.
Acquisita la documentazione complessivamente prodotta dalle parti, all’udienza dell’8 febbraio 2017 il g.i. rimetteva la causa al collegio per la decisione con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
Preliminarmente deve essere disposto lo stralcio della documentazione prodotta dal resistente unitamente alla comparsa conclusionale in quanto tardiva e irrituale.
Nel merito ritiene il Tribunale che ricorrano i presupposti per dichiarare lo scioglimento del matrimonio civile contratto dalle parti in data 3 settembre 1998 atteso che è decorso il termine di legge dal momento in cui i coniugi comparvero dinanzi al Presidente del Tribunale in sede di separazione personale (art. 3 n. 2 lett. b) della legge n. 898/1970 e successive modifiche) e non vi è contestazione alcuna in ordine all’impossibilità di ricostituire il consorzio familiare.
Nelle more del giudizio la figlia primogenita delle parti, (…), è divenuta maggiorenne; la stessa, economicamente “non autonoma, vive unitamente al fratello minore presso la madre che nel corso del presente procedimento si è trasferita a Caserta nell’abitazione della di lei madre.
Deve, pertanto, essere disciplinato solo l’affidamento del figlio ancora minore (…) e devono essere rimodulati i tempi di permanenza dello stesso presso il padre in considerazione dell’avvenuto trasferimento della madre, presso cui lo stesso è collocato, da Roma a Caserta.
In argomento il Collegio ritiene che non sussistano ragioni ostative a disporre l’affidamento condiviso di (…) ad entrambi i genitori, come peraltro dagli stessi richiesto, con stabile e prevalente collocamento presso la madre e con possibilità per il padre di vederlo e tenerlo con sé due finesettimana al mese, dal sabato alla domenica, con la precisazione che un finesettimana al mese il padre si recherà a Caserta e un altro finesettimana al mese la madre avrà cura di accompagnare il figlio minore a Roma con oneri di viaggio del minore, in questo secondo caso, a carico del padre il quale, entro la fine di ciascun mese, dovrà comunicare per iscritto alla madre i finesettimana in cui vedrà il minore il mese successivo.
Il padre, inoltre, potrà vedere e tenere con sé il figlio (…) per metà delle vacanze scolastiche natalizie, in modo tale da alternare negli anni le principali festività, per l’intera durata delle vacanze scolastiche pasquali ad anni alterni e per quattro settimane, anche non consecutive, durante le vacanze scolastiche estive, da concordare con la madre entro il mese di maggio di ciascun anno.
Relativamente alla misura del contributo per il mantenimento dei due figli dovuto dal padre, il Collegio rileva che successivamente all’udienza presidenziale, a decorrere dal 7 luglio 2014, (…) è stato assunto con contratti di collaborazione autonoma a progetto successivamente rinnovati anche per il corrente anno 2017, dalla società (…) s.p.a. dietro un corrispettivo lordo mensile di euro 2916,00 “comprensivo di ogni onere e spesa … per l’esecuzione dell’incarico”, giusta contratto in atti (doc. all n. 1 alla comparsa di costituitone per la fase di merito) da svolgersi nella regione Emilia.
Dagli estratti conto allegati dallo stesso resistente emerge che lo stesso percepisce una retribuzione netta mensile pari, in media, a circa euro 1900,00/2000,00.
Pertanto, tenuto conto degli oneri economici che lo stesso (…) deve sostenere sia per espletare l’incarico lavorativo che per vedere ed incontrare il figlio in conseguenza della unilaterale decisione della madre di trasferirsi a Caserta, il Tribunale reputa equo porre a carico del medesimo l’obbligo di contribuire al mantenimento dei due figli mediante la corresponsione alla madre, entro il giorno 5 di ogni mese, della somma di euro 600.00 (euro 300,00 per ciascun figlio), a decorrere dalla pubblicazione della presente sentenza, fermi restando per il periodo pregresso i provvedimenti presidenziali, con la precisazione che, secondo il Protocollo d’intesa con il Foro sottoscritto il 17 dicembre 2014, sono comprese nell’assegno di mantenimento le seguenti spese: vitto, abbigliamento, contributo per spese dell’abitazione, spese per tasse scolastiche (eccetto quelle universitarie) e materiale scolastico di cancelleria, mensa, medicinali da banco (comprensivi anche di antibiotici, antipiretici e comunque di medicinali necessari alla cura di patologie ordinarie e/o stagionali) spese di trasporto urbano (tessera autobus e metro), carburante, ricarica cellulare, uscite didattiche organizzate dalla scuola in ambito giornaliero, prescuola, dopo scuola e baby sitter se già presenti nell’organizzazione familiare prima della separazione, trattamenti estetici (parrucchiere, estetista, ecc.).
Devono, inoltre, essere poste a carico di entrambe le parti in eguale misura le spese straordinarie mediche scolastiche ed extrascolastiche afferenti i figli (…) con le specificazioni di cui al ridetto Protocollo d’intesa che di seguito si trascrivono: spese straordinarie subordinate al consenso di entrambi i genitori, suddivise nelle seguenti categorie: a) scolastiche: iscrizioni e rette di scuole private e iscrizioni, rette ed eventuali spese alloggiative, ove fuori sede, di università pubbliche e private, ripetizioni, viaggi di istruzione organizzati dalla scuola, prescuola, doposcuola e baby sitter se l’esigenza nasce con la separazione e deve coprire l’orario di lavoro del genitore che li utilizza; b) spese di natura ludica o parascolastica: corsi di lingua o attività artistiche (musica, disegno, pittura), corsi di informatica, centri estivi, viaggi di istruzione, vacanze trascorse autonomamente senza i genitori, spese di acquisto e manutenzione straordinaria di mezzi di trasporto (mini-car, macchina, motorino, moto); c) spese sportive: attività sportiva comprensiva dell’attrezzatura e di quanto necessario per lo svolgimento dell’eventuale attività agonistica; d) spese medico-sanitarie: spese per interventi chirurgici, spese odontoiatriche, oculistiche e sanitarie non effettuate tramite SSN, spese mediche e di degenza per interventi presso strutture pubbliche o private convenzionate, esami diagnostici, analisi cliniche, visite specialistiche, cicli di psicoterapia e logopedia;
spese straordinarie “obbligatorie” per le quali non è richiesta la previa concertazione:
libri scolastici, spese sanitarie urgenti, acquisto di farmaci prescritti ad eccezione di quelli da banco, spese per interventi chirurgici indifferibili sia presso strutture pubbliche che private, spese ortodontiche, oculistiche e sanitarie effettuate tramite il SSN in difetto di accordo sulla terapia con specialista privato, spese di bollo e di assicurazione per il mezzo di trasporto.
Con riguardo alle spese straordinarie da concordare il genitore, a fronte di una richiesta scritta dell’altro, dovrà manifestare un motivato dissenso per iscritto nell’immediatezza della richiesta (massimo 10 giorni) ovvero in un termine all’uopo fissato; in difetto il silenzio sarà inteso come consenso alla richiesta.
Relativamente alla domanda della ricorrente volta al riconoscimento in suo favore e a carico dell'(…) di un assegno divorzile, mette conto evidenziare che a norma dell’art. 5 comma 6 della L. 898/1970 e successive modificazioni “Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto dalle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non possa procurarseli per ragioni oggettive”.
Al fine di esaminare compiutamente tale domanda è opportuno ripercorrere le principali tappe dell’evoluzione giurisprudenziale in argomento.
La Cassazione, infatti, con orientamento granitico in parte superato dalla recente pronuncia n. 11504 del 2017, ha chiarità che “L’accertamento del diritto all’assegno divorzile si articola in due fasi nella prima delle quali il giudice verifica l’esistenza del diritto in astratto, in relazione all’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto, mentre nella seconda procede alla determinazione in concreto dell’ammontare dell’assegno, che va compiuta tenendo conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione e del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, nonché del reddito di entrambi, valutandosi tali elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio. Nell’ambito di questo duplice accertamento assumono rilievo, sotto il profilo dell’onere probatorio, le risorse reddituali e patrimoniali di ciascuno dei coniugi, quelle effettivamente destinate al soddisfacimento dei bisogni personali e familiari, nonché le rispettive potenzialità economiche” (Cass. n. 11870/2015).
Analogamente, secondo Cass. n. 11686/2013, accertamento del diritto all’assegno divorzile va effettuato verificando l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto. A tal fine, il tenore di vita precedente deve desumersi dalle potenzialità economiche dei coniugi, dall’ammontare complessivo dei loro redditi e dalle loro disponibilità patrimoniali, laddove anche l’assetto economico relativo alla separazione può rappresentare un valido indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione relativi al lettore di vita goduto durante il matrimonio e alle condizioni economiche dei coniugi” (nello stesso senso v. anche: Cass. n. 15610/2007; Cass. n. 4764/2007).
Una svolta e una battuta d’arresto importante è stata segnata dalla Suprema Corte con la sentenza n. 11504 del 2017 con cui la stessa ha affermato i seguenti principi di diritto: “Il giudice del divorzio, richiesto dell’assegno di cui all’art. 5, comma 6, della l. n. 898 del 1970, come sostituito dall’art. 10 della legge n. 74 del 1987, nel rispetto della distinzione del relativo giudizio in due fasi e dell’ordine progressivo tra le stesse stabilito da tale norma: a) deve verificare, nella fase dell’”an debeatur” – informata al principio dell’”autoresponsabilità economica” di ciascuno degli ex coniugi quale “persone singole” ed il cui oggetto è costituito esclusivamente dall’accertamento volto al riconoscimento o no del diritto all’assegno di divorzio fatto valere dall’ex coniuge richiedente – se la domanda di quest’ultimo soddisfa le relative condizioni di legge (mancanza di “mezzi adeguati” o, comunque, impossibilità “di procurarseli per ragioni oggettive”), con esclusivo riferimento all’”indipendenza o autosufficienza economica “dello stesso, desunta dai principali “indici” -salvo altri rilevanti nelle singole fattispecie – del possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari (tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu “imposti” e del costo della vita nel luogo di residenza dell’ex coniuge richiedente), delle capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo), della stabile disponibilità di una casa di abitazione; ciò sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte dal richiedente medesimo; sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all’eccezione ed alla prova contraria dell’altro ex coniuge; b) deve tener conto, nella fase del “quantum debeatur” informata al principio della “solidarietà economica” dell’ex coniuge obbligato alla prestazione dell’assegno nei confronti dell’altro in quanto “persona” economicamente più debole (artt. 2 e 23 Cost.), il cui oggetto è costituito esclusivamente dalla determinazione dell’assegno ed alla quale può accedersi soltanto all’esito positivo della prima fase, conclusasi con il riconoscimento del diritto – di tutti gli elementi indicati dalla norma (“(….) condizioni dei coniugi, (…) ragioni della decisione, (…) contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, (…) reddito di entrambi”) e valutare “tutti i suddetti elementi anche in apporto alla durata del matrimonio” al fine di determinare in concreto la misura dell’assegno di divorzio; ciò sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte, secondo i normali canoni che disciplinano la distribuzione dell’onere della prova”.
Si legge nella motivazione di tale importante pronuncia che “Una volta sciolto il matrimonio civile o cessati gli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio religioso …. Il rapporto matrimoniale si estingue definitivamente sul piano sia dello status personale dei coniugi, i quali devono perciò considerarsi da allora in poi “persone singole” sia sul piano dei loro rapporti economico-patrimoniali (art. 191 comma 1 cod. civ.) e, in particolare, del reciproco dovere di assistenza morale e materiale (art. 143, comma 2 cod. civ.), fermo, ovviamente, in presenza di figli, l’esercizio della responsabilità genitoriale, con i relativi doveri e diritti, da parte di entrambi gli ex coniugi (…).
Perfezionatasi tale fattispecie estintiva del rapporto matrimoniale, il diritto all’assegno di divorzio condizionato dal previo riconoscimento di esso in base all’accertamento giudiziale della mancanza di “mezzi adeguati” dell’ex coniuge richiedente l’assegno o, comunque, dell’impossibilità dello stesso “di procurarseli per ragioni oggettive”.
La piana lettura di tale comma 6 dell’art. 5 – … – mostra con evidenza che la sua stessa “struttura” prefigura un giudizio nitidamente e rigorosamente distinto in due fasi, il cui oggetto è costituito, rispettivamente, dall’eventuale riconoscimento del diritto (fase dell’an debeatur) e – solo all’esito positivo di tale prima fase – dalla determinazione quantitativa dell’assegno (fase del quantum debeatur).
La complessiva ratio dell’art. 5, comma 6. della legge n. 898 del 1970 …. ha fondamento costituzionale nel dovere inderogabile di “solidarietà economica” (art. 2 in relazione all’art. 23 Cost.), il cui adempimento è richiesto ad entrambi gli ex coniugi, quali “persone singole”, a tutela della “persona” economicamente più debole (cosiddetta “solidarietà postconiugale”): sta precisamente in questo duplice fondamento costituzionale sia la qualificazione della natura dell’assegno di divorzio come esclusivamente “assistenziale” in favore dell’ex coniuge economicamente più debole (art. 2 Cost.)…sia la giustificazione della doverosità deità sua “prestazione ” (art. 23 Cost.).
Sicché se il diritto all’assegno di divorzio: riconosciuto alla “persona” dell’ex coniuge nella fase dell’an debeatur, l’assegno è “determinato” esclusivamente nella successiva frase dei quantum debeatur, non già “in ragione” del rapporto matrimoniale ormai definitivamente estinto, bensì “in considerazione” di esso nel corso di tale seconda fase …, avendo lo stesso rapporto ancorché estinto pure nella sua dimensione economico-patrimoniale, caratterizzato, anche sul piano giuridico, per un periodo più o meno lungo della vita in comune (“la comunione spirituale e materiale degli ex coniugi.
…. Il carattere condizionato del diritto all’assegno di divorzio -comportando ovviamente la sua negazione in presenza di “mezzi adeguati” dell’ex coniuge richiedente o delle effettive possibilità “di procurarseli”, vale a dire della “indipendenza o autosufficienza economica” dello stesso – comporta, altresì, che, in carenza di ragioni di “solidarietà economica”, l’eventuale riconoscimento del diritto si risolverebbe in una locupletazione, illegittima, in quanto fondata esclusivamente sul fatto della “mera preesistenza” di un rapporto matrimoniale ormai estinto ed inoltre di durata tendenziale sine die: il discrimine tra “solidarietà economica” ed illegittima locupletazione sta, perciò, proprio nel giudizio sull’esistenza, o no, delle condizioni del diritto all’assegno, nella fase dell’an debeatur”.
Fatte queste premesse, i giudici di legittimità si diffondono sull’interpretazione del sintagma normativo “mezzi adeguati” e “impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per ragioni oggettive” al fine di individuare l’indispensabile parametro di riferimento cui rapportare l’adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi del richiedente l’assegno e la possibilità-impossibilità dello stesso di procurarseli, ponendo in evidenza che dopo le pronunce delle Sezioni unite nn. 11490 e 11492 del 1990 il parametro di riferimento cui rapportare l’adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi il richiedente l’assegno è stato costantemente individuato nel “tenore di vita analogo a quelle avuto in costanza di matrimonio o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio stesso; fissate al momento del divorzio”.
Tale orientamento è stato, tuttavia, ritenuto dai supremi giudici non più attuale.
Si legge, infatti, nella motivazione della più volte citata pronuncia:
“A) il parametro del “tenore di vita” – se applicato anche nella fase dell’an debeatur – collide radicalmente con la natura stessa dell’istituto del divorzio e i suoi effetti giuridici: … con la sentenza di divorzio il rapporto matrimoniale si estingue sul piano non solo personale ma anche economico-patrimoniale – a differenza di quanto accade con la separazione personale che lascia in vigore, seppure in forma attenuata, gli obblighi coniugali di cui all’art. 143 cod. civ. – sicché ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo – sia pure limitatamente alla dimensione economica del “tenore di vita matrimoniale ” ivi condotto – in una indebita prospettiva … di “ultrattività” del vincolo
matrimoniale.
B) La scelta di detto parametro implica l’omessa considerazione che il diritto all’assegno di divorzio è eventualmente riconosciuto all’ex coniuge richiedente, nella fase dell’an debeatur, esclusivamente come “persona singola” e non già come (ancora) “parte” di un rapporto matrimoniale ormai estinto anche sul piano economico-patrimoniale, avendo il legislatore della riforma del 1987 informato la disciplina dell’assegno di divorzio, sia pure per implicito, ma in modo inequivoco, al principio di “autoresponsabilità” economica pronuncia di divorzio.
C) la “necessaria considerazione” da parte del giudice del divorzio, del preesistente rapporto matrimoniale anche nella sua dimensione economico-patrimoniale (…) è normativamente ed esplicitamente prevista soltanto per l’eventuale fase del giudizio avente ad oggetto la determinazione dell’assegno (quantum debeatur), vale a dire … soltanto dopo l’esito positivo della fase precedente (an debeatur) conclusasi cioè con il riconoscimento del diritto all’assegno.
D) il parametro del “tenore di vita” induce inevitabilmente ma inammissibilmente … una indebita commistione tra due fasi del giudizio e tra i relativi accertamenti.
E) Le menzionate sentenze delle Sezioni Unite del 1990 si fecero carico della necessità di contemperamento dell’esigenza di superare la concezione patrimonialistica del matrimonio “inteso come sistemazione definitiva perché il divorzio è stato assorbito dal costume sociale” … con l’esigenza di non turbare un costume sociale ancora caratterizzato dalla “attuale esistenza di modelli di matrimonio più tradizionali, anche perché sorti in epoca molto anteriore alla riforma” …. Questa esigenza, tuttavia, si è molto attenuata nel corso degli anni, essendo ormai generalmente condiviso nel costume sociale il significato di matrimonio come atto di libertà e di autoresponsabilità, nonché come luogo degli effetti e di effettiva comunione di vita, in quanto tale dissolubile. Non (è) configurabile un interesse giuridicamente o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale. L’interesse tutelato con l’attribuzione dell’assegno divorzile … non è il riequilibrio delle condizioni economiche degli ex coniugi, ma il raggiungimento della indipendenza economica, in tal senso dovendo intendersi la funzione – esclusivamente – assistenziale dell’assegno
F) Al di là delle diverse opinioni che si possono avere sulla rilevanza ermeneutica dei lavori preparatori della legge n. 74 del 1987 (che inserì nell’art. 5 il fondamentale riferimento alla mancanza di “mezzi adeguati” e alla “impossibilità di procurarseli”) …. non v’è dubbio che chiara era la volontà del legislatore del 1987 di evitare che il giudizio sulla “adeguatezza dei mezzi” fosse riferito “alle condizioni del soggetto pagante” anziché “alle necessità del soggetto creditore” …. Nel giudizio sull’an debeatur, infatti, non possono rientrare valutazioni di tipo comparativo tra le condizioni economiche degli ex coniugi, dovendosi avere riguardo esclusivamente alle condizioni del soggetto richiedente l’assegno successivamente al divorzio”.
Evidenziata la criticità del parametro del tenore di vita e preso atto della necessità di individuare un parametro diverso, i giudici di legittimità affermano che tale parametro cui rapportare il giudizio di adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente l’assegno e la possibilità-impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, “vada individuato nel raggiungimento dell’”indipendenza economica” del richiedente: se è accertato che quest’ultimo è “economicamente indipendente” è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciutoci relativo diritto”, in forza del principio dell’autoresponsabilità economica valevole anche per i figli.
In coerenza con tali premesse e con la nozione di indipendenza economica, prosegue la Corte, “a) il relativo accertamento nella fase dell’an debeatur attiene esclusivamente, alla persona dell’ex coniuge richiedente l’assegno come singolo individuo cioè senza alcun riferimento al preesistente rapporto matrimoniale; b) soltanto nella fase del quantum debeatur è legittimo procedere ad un “giudizio comparativo” tra le rispettive “posizioni” (lato sensu intese) personali ed economico-patrimoniali degli ex coniugi, secondo gli specifici criteri dettati dall’art. 5 comma 6, della legge n. 898 del 1970 per tale fase di giudizio.
Ciò premesso, il Collegio ritiene che i principali “indici” – salvo ovviamente altri elementi che potranno eventualmente rilevare nelle singole fattispecie – per accertare, nella fase di giudizio sull’an debeatur, la sussistenza, o no, dell’”indipendenza economica” dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio – e, quindi, l’”adeguatezza”, o no, dei “mezzi”, nonché la possibilità o no “per ragioni oggettive”, dello stesso di procurarseli – possono essere così individuati:
1) il possesso di redditi di qualsiasi specie;
2) il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu “imposti” e del costo della vita nel luogo di residenza (“dimora abituale”: art. 43, secondo comma, cod. civ.) della persona che richiede l’assegno;
3) le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo;
4) la stabile disponibilità di tino casa di abitazione.
Quanto al regime della prova della non “indipendenza economica” dell’ex coniuge che fa valere il diritto dell’assegno; non v’è dubbio che, secondo la stessa formulazione della disposizione in esame e secondo i normali canoni che disciplinano la distribuzione del relativo onere, allo stesso spetta di allegare, dedurre e dimostrare di “non avere mezzi adeguati” e di “non poterseli procurare per ragioni oggettive”. Tale onere probatorio ha ad oggetto i predetti indici principali, costitutivi del parametro dell’”indipendenza economica ” e presuppone tempestive, rituali e pertinenti allegazioni e deduzioni da parte del medesimo coniuge, restando fermo, ovviamente, il diritto all’eccezione e alla prova contraria dell’altro (cfr. art. 4, comma 10, della legge n. 898/1970).
In particolare, mentre il possesso di redditi e di cespiti patrimoniali formerà normalmente oggetto di prove documentali …….. soprattutto “le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale” formeranno oggetto di prova che può essere data con ogni mezzo idoneo, anche di natura presuntiva, fermo restando l’onere del richiedente l’assegno di allegare specificamente (e provare in caso di contestazione) le concrete iniziative assunte per il raggiungimento dell’indipendenza economica, secondo le proprie attitudini e le eventuali esperienze lavorative”.
L’applicazione del canone normativo sopra ricordato unitamente a quanto da ultimo affermato dalla Suprema Corte di Cassazione nella più volte menzionata pronuncia n. 11504 del 2017 induce questo Collegio a ritenere non sussistenti nel caso di specie i presupposti per il riconoscimento dell’assegno divorzile in favore della (…).
Invero costei, laureata in scienze politiche, all’epoca della separazione “libero professionista” con un reddito netto mensile, di circa euro 2000,00 e nessuna proprietà immobiliare, come dichiarato all’udienza del 29 marzo 2005 dinanzi all’allora Presidente ff nel ricorso introduttivo del presente giudizio ha chiesto il riconoscimento dell’assegno di divorzio “a causa delle mutate – peggiorate – condizioni economiche”, sebbene in sede separativa e successivamente fosse previsto che ciascun coniuge avrebbe provveduto autonomamente al proprio mantenimento.
All’udienza presidenziale del presente giudizio divorzile la (…) ha dichiarato di non lavorare, di svolgere saltuariamente docenze e traduzioni per “(…)” e “Ministeri” e di corrispondere un canone di locazione per la casa di Roma ove ella abitava unitamente ai due figli di euro 1650,00 mensili, oltre spese condominiali, di essere stata aiutata dalla sua famiglia, di aver usato tutti i suoi “fondi”, di aver venduto la casa di Roma perché non riusciva più a pagare il mutuo e di aver deciso di vivere nel predetto appartamento in affitto perché vicino alla scuola dei figli e priva dell’automobile, di essere costretta a lasciare Roma e andare a Caserta dalla madre.
Nel corso del giudizio la ricorrente sì è effettivamente trasferita a Caserta unitamente ai due figli presso l’abitazione della di lei madre, come dalla stessa dedotto nella memoria integrativa depositata il 20 ottobre 2014, in cui ha dato atto di essere ancora disoccupata, sebbene impegnata nella ricerca di un’occupazione lavorativa.
Dalla documentazione dalla stessa prodotta emerge, inoltre, che: attualmente la (…) non ha disponibilità economiche o altri fondi accantonati (v. estratti conto in atti); alla fine del 2014 (29 dicembre 2014) ha chiuso la partita IVA, aperta in quanto libero professionista; nel 2011 ha dichiarato un reddito complessivo, afferente il 2010, di euro 2205,00; nel 2012 ha dichiarato un reddito negativo (-937,00 euro, afferente il 2011); nel 2013 ha dichiarato un reddito complessivo di euro 1695,00 (afferente il 2012) e nel 2014 un reddito complessivo negativo di euro – 5507,00 a (afferente il 2013).
La stessa ricorrente in data 15 novembre 2010 ha alienato l’appartamento site in Roma Via (…) composto da cinque camere e servizi, al prezzo complessivo di euro 570.000,00, giusta atto di compravendita prodotto dal resistente, e, tenuto conto del mutuo gravante sul ridetto immobile ed estinto successivamente alla vendita, ha realizzato una plusvalenza pari ad euro 200.000,00, circostanza dedotta dall'(…) non contestata ex adverso, di cui non è dato conoscere la destinazione.
Per completezza mette conto evidenziare, inoltre, che pur disponendo di entrate assai esigue, come comprovato dalle dichiarazioni fiscali sopra richiamate, la ricorrente conduceva in locazione un immobile in Roma per cui corrispondeva un elevato canone di locazione, pari ad euro 1650,00
mensili oltre oneri condominiali, come dalla stessa dichiarato all’udienza presidenziale, ciò che induce fondatamente il Collegio a ritenere che la (…) disponesse di ulteriori entrate.
Nello stesso periodo, inoltre, la (…) riceva dal coniuge un assegno di mantenimento per i due figli delle parti pari ad euro 900,00 mensili, così rideterminato dalla Corte d’appello di Roma con decreto del 29 dicembre 2009, dopo aver percepito per circa quattro anni un assegno di mantenimento, per lo stesso titolo, di euro 1200,00 mensili secondo quanto concordato in sede separativa.
Allo stato e sin dal 2014 la ricorrente unitamente ai figli si è trasferita a Caserta dove vive presso l’abitazione materna secondo la sua prospettazione, è ancora disoccupata.
Sul punto, tuttavia, devesi evidenziare che la stessa non ha dedotto né, a fortiori, provato di essersi attivata per reperire un’occupazione lavorativa consona all’esperienza professionale maturata e al titolo di studi conseguito avendo svolto allegazioni alquanto generiche e non circostanziate sul punto ed avendo articolato un capitoli di prova testimoniale privo di qualsivoglia riferimento temporale e fattuale che correttamente e condivisibilmente il giudice istruttore non ha ammesso.
La ricorrente, inoltre, neppure ha dedotto di essere nell’impossibilità, per impedimento fisico o altro, di svolgere qualsivoglia attività lavorativa, avendo anzi dichiarato ai l’udienza presidenziale di espletare saltuariamente incarichi di docenza e interprete presso l’Università (…) e alcuni Ministeri.
Peraltro la scelta unilaterale di trasferirsi da Roma a Caserta ha consentito alla (…) di usufruire gratuitamente di un’abitazione, quella della madre, nonché di vivere in una città ove il costo della vita è notoriamente meno caro di quello della Capitale, sebbene, per altro verso, il contesto sociale ed economico offra minori possibilità di lavoro, circostanza quest’ultima che non può che ricadere sulla stessa (…) che ha fatto tale scelta di vita.
Per tutte le ragioni sopra esposte, tenuto conto del più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità sopra ampiamente illustrato, degli indici, enucleati dalla Suprema Corte, costitutivi del parametro dell’indipendenza economica, indici che operano in via concorrenziale e non già alternativa, e, soprattutto, del mancato assolvimento da parte della (…) dell’onere probatorio della non indipendenza economica nel senso sopra precisato, il Collegio ritiene che la domanda di assegno divorzile dalla stessa spiegata non possa trovare accoglimento.
Le ragioni della decisione, in una con la peculiarità della natura e dell’oggetto della presente controversia e il mutamento, almeno parziale, della giurisprudenza di legittimità in ordine all’assegno divorzile, giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa civile in primo grado iscritta al n. 74536/2013 R.G.A.C., disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, così decide:
dichiara lo scioglimento del matrimonio contratto in Roma in data 3 settembre 1998 da (…) e (…), trascritto nel registro degli atti di matrimonio di Roma Capitale al n. 1771, parte I, anno 1998, alle seguenti condizioni:
il figlio minore (…) è affidato in modo condiviso ad entrambi i genitori e stabilmente collocato presso la madre ove è fissata la sua residenza;
i genitori eserciteranno la responsabilità genitoriale separatamente limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione durante i tempi di permanenza del minore presso ciascuno di loro;
le decisioni di maggior interesse per il figlio afferenti l’educazione, l’istruzione, la salute e la scelta della residenza abituale saranno assunte di comune accordo da entrambi i genitori tenuto conto delle capacità, delle aspirazioni e dell’inclinazione naturale del minore in caso di disaccordo, dal giudice;
salvo diverso accordo tra le parti, il padre vedrà e terrà con sé (…): a) due finesettimana al mése, dal sabato alla domenica, con la precisazione che un finesettimana al mese il padre si recherà a Caserta per incontrare il figlio e uri altro finesettimana al mese la madre avrà cura di accompagnare il figlio minore a Roma con oneri di viaggio riguardanti (…) a carico del padre e con l’ulteriore precisazione per cui il padre entro la fine di ciascun mese comunicherà alla madre i due finesettimana in cui incontrerà e terrà con sé il figlio secondo le modalità descritte; b) per metà della durata delle vacanze scolastiche natalizie, in modo tale da alternare negli anni le principali festività; c) per l’intera durata delle vacanze scolastiche pasquali ad anni alterni; d) per quattro settimane anche non consecutive durante le vacanze scolastiche estive da concordare con la madre entro il mese di maggio di ciascun anno;
il padre corrisponderà alla madre, a titolo di contributo per il mantenimento di (…) e di (…), a far data dalla pubblicazione della presente sentenza ed entro il giorno 5 di ogni mese, la somma mensile di euro 600,00 da rivalutare annualmente secondo gli indici Istat, fermi restando per il periodo pregresso i provvedimenti presidenziali, con le specificazioni di cui in parte motiva;
pone a carico di ambo le parti in eguale misura le spese straordinarie afferenti i figli con le precisazioni di cui in parte motivaci
rigetta la domanda della (…) volta al riconoscimento dell’assegno divorzile in suo favore.
Dichiara integralmente compensate le spese di lite tra le parti.
Ordina al competente Ufficiale dello Stato Civile di procedere all’annotazione della presente sentenza negli appositi registri e al cancelliere di provvedere agli adempimenti di cui all’art. 10 della legge 1° dicembre 1970 n. 898.
Così deciso in Roma, 9 giugno 2017.
Depositata in Cancelleria il 23 giugno 2017.