È legittimo il permesso di costruire per la costruzione di una canna fumaria sul muro perimetrale di un condominio, anche se non vi è stato il consenso dei condomini. La sentenza ha motivato che la collocazione di una canna fumaria sul muro perimetrale di un edificio non richiede il consenso dei condomini, se non è impedito a questi ultimi l’uso del muro comune e non ne venga alterata la normale destinazione con interventi di eccessiva vastità.
Interventi edilizi – Installazione canna fumaria – Controversie – Fattispecie
Tribunale Amministrativo Regionale MARCHE – Ancona, Sezione 1
Sentenza 1 agosto 2017, n. 648
Data udienza 27 gennaio 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 174 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Le. Ba., rappresentato e difeso dall’avvocato An. Ga., con domicilio eletto presso lo studio Avv. Andrea Galvani in Ancona, corso (…).
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Al. Lu., La. Am., con domicilio eletto presso lo studio Avv. Al. Lu. in Ancona, corso (…);
ed altri;
nei confronti di
Segretariato Regionale del Ministero dei Beni e della Attività Culturali, Se. Ca. Se. non costituiti in giudizio;
ed altri, rappresentato e difeso dagli avvocati Cr. Ve., Si. Gu., Ma. Be., con domicilio eletto presso lo studio Avv. Ma. Be. in Ancona, corso (…);
per l’annullamento
– del provvedimento adottato dal SUAP del Comune di (omissis) prot. 78612 del 28 dicembre2015 avente ad oggetto l’attività di installazione in cortile condominiale di canna fumaria a servizio dell’attività commerciale di ristorazione nonché del parere favorevole condizionato rilasciato dall’Ufficio Sviluppo Urbano Sostenibile del Comune di (omissis) del 4 giugno 2015;
di tutti gli atti antecedenti e successivi, comunque finalizzati a consentire l’installazione della canna fumaria ivi compresi:
a) il parere ASUR 101806/15 laddove si ritenga che consenta l’intervento anzidetto nonché l’autorizzazione 13481 del 26 novembre 2015;
b) l’autorizzazione della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Marche nr. 13481 del 26 novembre 2015, la nota del Segretariato Regionale del MBAC 5408 del 23 dicembre 2015 e la deliberazione della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale nr. 210/15 di reiezione della richiesta di annullamento della predetta autorizzazione;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis), della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Marche e di Gi. Vi., titolare della omonima Ditta Individuale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2017 il dott. Giovanni Ruiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Parte ricorrente impugna gli atti relativi all’installazione di una canna fumaria per le braci a servizio di un’attività commerciale (ristorante), in un immobile all’interno del centro storico di Senigallia.
Unitamente al provvedimento conclusivo adottato dal SUAP (Sportello unico attività produttive) del Comune di (omissis), prot. n. 78618 del 28 dicembre 2015 avente ad oggetto l’assenso alla installazione della canna fumaria a servizio dell’attività di ristorazione esercitata dal controinteressato Sig. Vi. Gi., sono impugnati i prodromici pareri positivi degli Enti preposti rispettivamente alla tutela sanitaria e alla tutela paesaggistica, ovvero segnatamente il parere ASUR del 10 giugno nonché il parere favorevole della Soprintendenza del 26 novembre 2015. Con i motivi aggiunti è impugnato il parere ASUR 101806/15, conosciuto successivamente dal ricorrente.
Con il primo motivo del ricorso introduttivo, si eccepisce la violazione dell’art. 11 del DPR n. 380 del 2001 in quanto la parte controinteressata non sarebbe titolare di alcun diritto dominicale sulla corte interna al fabbricato ove è situata la proprietà del ricorrente.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 21, comma 4, 143 e 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 e l’eccesso di potere per carenza di istruttoria, in quanto la Soprintendenza avrebbe adottato il parere senza alcuna istruttoria e la canna fumaria avrebbe dovuto essere sottoposta ad autorizzazione paesaggistica.
Con il terzo motivo si deduce la violazione e la falsa applicazione del Regolamento Edilizio del Comune di (omissis) ed in particolare dell’art. 103 dello stesso, nonché del complesso normativo richiamato dal Regolamento, con particolare riferimento alla norma UNI 7129 e UNI 10683 e all’allegato IX alla parte V del d.lgs n. 152 del 2006 il quale prevede che: “2.9.. Le bocche dei camini devono essere posizionate in modo tale da consentire una adeguata evacuazione e dispersione dei prodotti della combustione e da evitare la reimmissione degli stessi nell’edificio attraverso qualsiasi apertura. A tal fine le bocche dei camini devono risultare più alte di almeno un metro rispetto al colmo dei tetti, ai parapetti ed a qualunque altro ostacolo o struttura distante meno di 10 metri”. Nel caso in esame la regola relativa al posizionamento della canna fumaria non sarebbe stata rispettata, e la stessa sarebbe stata costruita a ridosso del terrazzo del ricorrente.
Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del DPCM n. 171 del 2014: Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e della carenza di istruttoria.
Sarebbe illegittimo e immotivato il rigetto, da parte del Comune, della richiesta di riesame da parte della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale.
Con i motivi aggiunti è impugnato il parere istruttorio del Comune di (omissis) del 4 giugno 2015, che conformemente al parere ASUR del 13 maggio 2015, asseritamente conosciuti solo dopo la notifica del ricorso, i quali detterebbero l’obbligo di costruzione della canna fumaria oltre il tetto.
Si sono costituiti il Comune di (omissis) e il controinteressato, deducendo l’inammissibilità del ricorso e controdeducendo nel merito.
Con ordinanza n. 128 del 2016, il Tribunale respingeva l’istanza cautelare, fissando comunque l’udienza di trattazione di merito della causa.
Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2017, il ricorso è e stato trattenuto in decisione.
1 Deve anzitutto essere respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso dedotta dal controinteressato e dal Comune di (omissis). Difatti, la presenza, senza opposizione alla riunione di condominio che ha dato l’assenso al progetto, non può essere considerata acquiescenza al medesimo.
1.1 Il ricorso è però infondato nel merito. Le ragioni su cui si fonda l’impugnata autorizzazione, espresse nel provvedimento, impugnato e i relativi pareri regolarmente acquisiti dal Comune di (omissis) sono condivisibili.
1.2 Con il primo motivo il ricorrente deduce che il controinteressato non avrebbe la comproprietà del cortile condominiale, titolo necessario per innalzare la canna fumaria. La censura non è condivisibile. Per costante giurisprudenza, la collocazione di canne fumarie sul muro perimetrale di un edificio o una corte interna), può essere effettuata anche senza il consenso degli altri condomini, purché non impedisca agli altri condomini l’uso del muro comune e non ne alteri la normale destinazione con interventi di eccessiva vastità. Il singolo condomino ha quindi titolo, anche se il condominio non abbia dato o abbia negato il proprio consenso, a ottenere la concessione edilizia per un’opera a servizio della sua abitazione e sita sul muro perimetrale comune, che si attenga ai limiti suddetti (si veda Tar Toscana 28 ottobre 2015 n. 147 e la giurisprudenza ivi richiamata).
1.3 La possibilità di installare la canna fumaria non è impedita dalla circostanza che il titolare dell’autorizzazione commerciale sia, come appare incontestato in atti, locatario dell’immobile (infatti, l’istanza di installazione della canna fumaria è stata presentata congiuntamente con il proprietario). Ancora, l’affermata assenza della proprietà indivisa della corte condominiale è una mera illazione che scaturisce dalla non esplicita menzione di quest’ultima nel contratto di compravendita dell’immobile e dalla circostanza che il medesimo contratto riporterebbe che la proprietà confina con i cortile condominiale. Si tratta, in tutta evidenza, di circostanze che non sono sufficienti a superare la presunzione di cui all’art. 1117 c.c. per cui non è necessario che il condominio dimostri con il rigore richiesto per la rivendicazione la comproprietà delle parti comuni, essendo sufficiente, per presumere la natura condominiale, l’attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo, e cioè il collegamento strumentale, materiale o funzionale con le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, in rapporto con queste da accessorio a principale (Cassazione civile 5 maggio 2016, n. 9035). Al contrario spetta al condomino che ne afferma la proprietà esclusiva (o, come nel caso in esame, l’assenza di comunione in una singola proprietà) fornirne prova. Tale prova non è fornita dal ricorrente.
2 Il secondo motivo è palesemente infondato. In tutta evidenza, per un’opera interna, è più che sufficiente il parere espresso dalla Soprintendenza con il riferimento alla documentazione descrittiva (in atti) contenuto nell’impugnata autorizzazione della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Marche nr. 13481 del 26 novembre 2015.
3 E’ infondato anche il terzo motivo, ove parte ricorrente afferma la violazione del Regolamento Edilizio del Comune di (omissis) (e degli allegato al Codice dell’Ambiente cui fa riferimento) dove si prescrive che “le bocche dei camini devono risultare più alte di almeno un metro rispetto al colmo dei tetti, ai parapetti ed a qualunque altro ostacolo o struttura distante meno di 10 metri.” Difatti, la ratio della norma di cui sopra è quella di evitare immissioni sgradevoli o nocive rispetto ad altri condomini (Cons. Stato sez. IV, 25 ottobre 2016, n. 4458). Di conseguenza, tali limitazioni vanno interpretate in modo funzionale, per evitare risultati paradossali in quanto, ad esempio, applicando acriticamente ed in maniera generalizzata il principio secondo il quale la canna fumaria deve sovrastare di una certa distanza il colmo dell’edificio vicino si dovesse pretendere un’altezza superiore a quella anche del più alto grattacielo confinante (Tar Lazio Roma 21 dicembre 2016 n. 12712, Cons. Stato, V, 5.gennaio 2015 n. 1). Il regolamento edilizio comunale peraltro prevede chiaramente delle alternative per il caso che la canna fumaria non sia costruita in aderenza al colmo del tetto, dettando norme per i parapetti ed altre ostacoli o strutture. Nel caso in esame, il progetto prevede con chiarezza che la canna fumaria sia costruita ben sopra il terrazzo del ricorrente, che non fornisce alcuna prova relativa alla rilevanza di eventuali emissioni. Inoltre, il progetto prevede comunque che la canna fumaria medesima sia portata all’altezza del tetto. In realtà, le critiche di parte ricorrente al progetto, che non sarebbe eseguito a regola d’arte per vari motivi, sono rivolte (con l’eccezione della appena trattata altezza della canna fumaria) a valutazioni tecniche di competenza di comune e ASR (sicurezza ed emissioni) senza che sia argomentata in maniera puntuale alcuna altra violazione normativa.
4 E’ infondato anche il quarto motivo. Come correttamente argomentato dal Ministero dei Beni Culturali, non vi era alcun obbligo per l’ente di procedere al riesame del proprio parere favorevole, dato che l’istituto del riesame da parte della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale è previsto per le amministrazioni e non per i privati (art. 39 del DPCM n. 171 del 2014).
5 Con riguardo ai motivi aggiunti il Comune ha documentato come i pareri impugnati riguardassero un diverso procedimento, ove il progetto oggetto del presente ricorso non era ancora stato esaminato. Il successivo parere ASUR del 6 giugno 2015 prevede che lo sbocco sia portato al tetto, come previsto dal progetto. Non sono quindi presenti i profili di eccesso di potere dedotti dal ricorrente.
6 Alla luce delle considerazioni fin qui svolte il ricorso è infondato e deve essere respinto.
6.1 Le spese possono essere compensate, in considerazioni della complessità della normativa applicabile.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Maddalena Filippi – Presidente
Giovanni Ruiu – Consigliere, Estensore
Francesca Aprile – Primo Referendario