T.A.R. TOSCANA, Sez. II – 12 aprile 2010, n. 953
INQUINAMENTO ATMOSFERICO – Canne fumarie – Obbligo di scarico a tetto – Deroga – Presupposti – Art. 5, c. 9 D.P.R. n. 412/93.
Ai fini dell’integrazione dei presupposti per la deroga all’obbligo di scarico a tetto – prevista dall’art. 5 co. 9., del D.P.R. n. 412/93, non è sufficiente l’obiettiva mancanza di camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione con sbocco sopra il tetto funzionali ed idonei, o comunque adeguabili: a tale mancanza è attribuito valore nell’ambito esclusivo di situazioni tipicizzate (singole ristrutturazioni di impianti termici individuali già esistenti, siti in stabili plurifamiliari; nuove installazioni di impianti termici individuali in edificio assoggettato dalla legislazione nazionale o regionale vigente a categorie di intervento di tipo conservativo, precedentemente mai dotato di alcun tipo di impianto termico). L’impossibilità tecnica di portare gli scarichi oltre la copertura degli edifici, pertanto, non giustifica di per sé l’applicazione della deroga, insuscettibile di interpretazione estensiva o analogica al di fuori dei casi contemplati dall’art. 5 co. 9.
INQUINAMENTO ATMOSFERICO – Canne fumarie – Accertata difformità – Comune – Esercizio dei poteri di cui all’art. 33 della L. n. 10/91 – Ordine di adeguamento dell’impianto – Precedente valutazione di conformità proveniente dal medesimo comune – Irrilevanza – Potere di autotutela – Verifica della rispondenza dell’impianto alla normativa vigente – Attività vincolata.
L’accertata difformità dell’impianto a servizio dell’immobile dalle prescrizioni in materia di progettazione ed installazione stabilite dal D.P.R. n. 412/93, in attuazione dell’art. 4 della legge n. 10/91, autorizza l’esercizio dei poteri riconosciuti all’amministrazione dall’art. 33 della medesima legge ed, in particolare, l’adozione dell’ordine di adeguamento dell’impianto, senza che in contrario rilevino le eventuali precedenti valutazioni di conformità provenienti dallo stesso Comune. Che la medesima situazione possa costituire oggetto di valutazioni differenti rappresenta infatti un portato del potere di autotutela di cui la pubblica amministrazione dispone e che, in materia, si esplica non soltanto attraverso gli strumenti discrezionali di carattere generale, ma anche e soprattutto attraverso quel controllo di conformità che, secondo il quarto comma dell’art. 33 dianzi citato, forma oggetto di un’attività sostanzialmente vincolata di verifica della rispondenza dell’impianto sia alle previsioni di progetto che alla normativa vigente.
INQUINAMENTO ATMOSFERICO – Impianti termici – Potere di verifica e controllo di conformità – Attività vincolata – Affidamenti suscettibili di tutela – Inconfigurabilità.
I poteri di verifica e controllo di conformità degli impianti termici, disciplinati dall’art. 33 co. 4 della legge n. 10/91, formano oggetto di un’attività sostanzialmente vincolata, a fronte della quale non sono configurabili affidamenti suscettibili di tutela.
Sentenza per esteso:
Con ricorso notificato il 15 marzo e depositato il 3 aprile 2008, iscritto al n. 559/08 R.G., P. P., proprietaria di un appartamento posto al primo piano della stabile di via Solferino 18, in Firenze, proponeva impugnazione – fondata su quattro motivi in diritto e contenente domanda di risarcimento dei danni subiti – avverso la nota del 7 gennaio 2008, mediante la quale la locale Azienda Sanitaria l’aveva invitata a provvedere all’immediata rimozione dello scarico in parete dell’impianto termico a servizio dell’appartamento predetto, in assenza delle condizioni per la deroga all’obbligo di scaricare oltre il colmo del tetto i prodotti della combustione, facendo riserva di adottare i provvedimenti necessari alla salvaguardia dell’incolumità pubblica e privata. Il gravame era indirizzato altresì contro la successiva nota del 18 febbraio, recante la conferma della precedente statuizione circa la non concedibilità di deroghe all’obbligo di scarico oltre il colmo del tetto.
Si costituivano, per resistere alle domande avversarie, l’amministrazione procedente e la controinteressata E. C., proprietaria dell’appartamento posto al piano attico del palazzo di via Solferino 18 ed autrice degli esposti che avevano dato luogo all’intervento della A.S.L..
Con successivo ricorso, notificato il 15 e depositato il 18 ottobre 2008, iscritto al n. 1667/08 R.G. , la P. impugnava quindi il provvedimento del 9 ottobre 2008, con cui il Comune di Firenze le aveva fatto divieto di utilizzo dell’impianto termico installato nell’appartamento in questione, perché non conforme alle prescrizioni normative vigenti in materia di progettazione, installazione, esercizio e manutenzione degli impianti termici degli edifici, con particolare riferimento, ancora una volta, all’assenza delle condizioni per lo scarico dei fumi a parete. Sulla scorta di sei motivi, la ricorrente concludeva per l’annullamento dell’atto impugnato, previa sospensiva, nonché per il risarcimento dei danni subiti.
Con decreto presidenziale del 20 ottobre 2008, veniva respinta l’istanza per il rilascio di misure cautelari provvisorie inaudita altera parte, contestualmente proposta dalla ricorrente; quindi, costituitisi in giudizio il Comune di Firenze e la controinteressata C., con ordinanza del successivo 30 ottobre il collegio respingeva la domanda cautelare. Con separata ordinanza, in pari data, veniva altresì respinta la domanda cautelare che la ricorrente aveva, frattanto, formulato anche all’interno dell’originario ricorso n. 559/08.
Nelle more, con un terzo ricorso, notificato il 15 maggio e depositato l’11 giugno 2009, iscritto al n. 951/09 R.G., la P. impugnava infine, chiedendone l’annullamento, la nota dirigenziale del 16 marzo 2009, con cui il Comune di Firenze le aveva trasmesso, dichiarando di condividerla e chiudendo perciò la pratica, la relazione tecnica attestante la fattibilità dello scarico a tetto dell’impianto termico dell’appartamento di omissis. Alla nuova domanda resistevano, come in precedenza, sia il Comune di Firenze, sia la controinteressata C..
Le tre controversie venivano chiamate congiuntamente, e trattenute per la decisione di merito, nella pubblica udienza dell’8 gennaio 2010, preceduta dal deposito di documenti e memorie difensive.
1. Con tre autonomi ricorsi P. P. si duole delle iniziative assunte nei suoi riguardi dall’Azienda Sanitaria Locale di Firenze e dal Comune di Firenze in ordine alla verifica di regolarità dell’impianto termico posto a servizio dell’appartamento di sua proprietà, sito in Firenze alla via Solferino 18. In particolare, le impugnazioni hanno quale oggetto principale: le note del 7 gennaio e del 18 febbraio 2008, con cui la A.S.L. ha invitato la ricorrente a rimuovere lo scarico dei fumi dell’impianto, realizzato a parete, ritenendo insussistenti i presupposti per derogare all’obbligo di effettuare lo scarico oltre il colmo del tetto (ricorso n. 559/08 R.G.); il provvedimento comunale del 9 ottobre 2008, recante il divieto di utilizzare l’impianto termico in questione sul medesimo presupposto dell’insussistenza delle condizioni per collocare a parete lo scarico dei fumi (ricorso n. 1667/08 R.G.); la nota dirigenziale del 16 marzo 2009, con cui il Comune di Firenze ha trasmesso alla ricorrente, dichiarando di condividerla e chiudendo perciò la pratica, la relazione tecnica attestante la fattibilità dello scarico a tetto dell’impianto termico dell’appartamento di via Solferino 18 (ricorso n. 951/09 R.G.).
1.1. In fatto, la ricorrente assume che la vicenda culminata con l’intervento delle autorità amministrative sarebbe originata da un banale episodio, vale a dire il suo rifiuto di esaudire la richiesta di demolire una canna fumaria insistente nei pressi della terrazza dell’appartamento posto al secondo piano dello stesso edificio di omissis, rivoltale da E. C., evocata in giudizio nella veste di controinteressata, e proprietaria dell’appartamento posto al piano attico dello stesso edificio (ma dimorante con la famiglia nell’appartamento del secondo piano). Al rifiuto, motivato con l’appartenenza del manufatto da demolire ad altro condomino, la C. avrebbe dato inizio ad una serie di pressanti richieste agli organi della A.S.L., affinché fosse sottoposto a controllo l’impianto termico fatto realizzare nell’unità della ricorrente, e peraltro già dichiarato conforme alla vigente normativa dai tecnici della Direzione Ambiente del Comune. Le verifiche della A.S.L., giunte inaspettate ed all’esito di una procedura illegittimamente condotta, avrebbero dato inizio alla sequenza di provvedimenti viziati, a causa dei quali la ricorrente sostiene di aver del tutto perduto la possibilità di utilizzare l’alloggio, che dall’ottobre del 2008 sarebbe divenuto inabitabile per la mancanza del riscaldamento e dell’acqua calda.
1.2. Palesi ragioni di connessione oggettiva, e parzialmente soggettiva, rendono opportuna la riunione dei procedimenti, onde consentirne la trattazione congiunta.
2. Il gravame proposto con il più risalente dei ricorsi, quello iscritto al n. 559/08 R.G., è inammissibile, stante il carattere endoprocedimentale degli atti impugnati. La nota dell’A.S.L. di Firenze in data 7 gennaio 2008, nell’invitare la ricorrente alla rimozione dello scarico in parete dell’impianto termico posto a servizio del suo appartamento, non contiene, a ben vedere, alcuna statuizione immediatamente pregiudizievole, ed, anzi, fa espressa riserva della futura adozione dei provvedimenti di competenza dell’Azienda; allo stesso modo, la successiva nota del 18 febbraio, nel mentre ribadisce la ritenuta insussistenza dei presupposti per accordare alla P. la deroga all’obbligo di scarico mediante sistemi di evacuazione dei fumi con sbocco sopra il tetto, sancito dall’art. 5 co. 9 del D.P.R. n. 312/93, si risolve in una mera conferma dell’atto precedente, della cui natura, pertanto, partecipa.
In mancanza di qualsiasi contenuto provvedimentale, nessun arresto lesivo è configurabile a carico della P. in dipendenza delle due note in esame, le quali non possono dunque considerarsi suscettibili di autonoma impugnativa. Si aggiunga peraltro che, come osservato dalle difese resistenti, la successiva adozione, ad opera della A.S.L., di un esplicito atto propulsivo indirizzato al Comune di Firenze (si veda la richiesta al Comune di emettere un ordine di divieto di utilizzo dell’impianto termico in questione, datata 17 luglio 2008, in atti) rende in ogni caso improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso, trattandosi di atto assunto a seguito di rinnovata istruttoria ed a prescindere da ogni precedente iniziativa dell’Azienda Sanitaria.
3. Il ricorso iscritto al n. 1667/08 R.G. è rivolto nei confronti del provvedimento comunale del 9 ottobre 2008, recante il divieto di utilizzo dell’impianto termico a servizio dell’appartamento di via Solferino 18, di proprietà della ricorrente P., motivato con riguardo all’assenza dei presupposti per la deroga all’obbligo di scarico sul tetto dei fumi di combustione. Contestualmente al divieto di utilizzo sono impugnati, quali atti presupposti, la nota A.S.L. di Firenze del 17 luglio 2008, sopra menzionata, e la comunicazione della Direzione ambiente del Comune di Firenze in data 5 settembre 2008, contenente la comunicazione di avvio del procedimento e l’invito alla ricorrente (e al di lei tecnico) a rilasciare una formale dichiarazione onde asseverare la presenza le condizioni per posizionare lo scarico dei fumi a parete.
3.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce come l’impianto da lei fatto installare presso l’appartamento di omissis sia stato oggetto di ripetute verifiche ad opera del Comune di Firenze, tra il maggio del 2007 e il maggio del 2008, senza mai dare adito a rilievi di sorta, neppure dopo gli esposti della controinteressata C.. In questa situazione, sarebbe inconcepibile la pretesa del Comune di vietare l’uso di quello stesso impianto, a maggior ragione nel momento in cui autore del provvedimento di divieto è il medesimo dirigente il quale, in passato, aveva rilasciato l’asseverazione di conformità.
Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia poi la contraddittorietà insita nella condotta dell’amministrazione, la quale nel provvedimento impugnato non farebbe alcun cenno alle pregresse verifiche condotte sull’impianto. Per altro verso lo stesso Comune, all’esito del sopralluogo eseguito il 22 ottobre 2007, avrebbe attestato la impossibilità tecnica di realizzare la canna fumaria, da cui l’inevitabile conclusione di dover consentire la deroga con lo scarico a parete, a meno di non voler ammettere – data l’assenza di alternative praticabili – la perpetuità del divieto d’uso così impartito. Infine, ad avviso della P., la legge n. 10/91, invocata dal Comune, non prevedrebbe alcun divieto di utilizzo degli impianti non a norma, ma unicamente l’assegnazione di un termine per la regolarizzazione degli stessi, con contestuale onere di indicazione, a carico dell’amministrazione, delle opere di adeguamento necessarie.
Le censure sono infondate ed inammissibili nei sensi di seguito precisati.
3.1.1. L’art. 5 co. 9 del D.P.R. n. 412/93, non toccato dalla parziale abrogazione disposta dall’art. 16 co. 2 del D.Lgs. n. 192/05, come sostituito dall’art. 7 del D.Lgs. n. 311/06, stabilisce che gli impianti termici siti negli edifici costituiti da più unità immobiliari devono essere collegati ad appositi camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti di combustione, con sbocco sopra il tetto dell’edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione tecnica vigente, nei seguenti casi: nuove installazioni di impianti termici, anche se al servizio delle singole unità immobiliari; ristrutturazioni di impianti termici centralizzati; ristrutturazioni della totalità degli impianti termici individuali appartenenti ad uno stesso edificio; trasformazioni da impianto termico centralizzato a impianti individuali; impianti termici individuali realizzati dai singoli previo distacco dall’impianto centralizzato. In deroga a tale previsione di carattere generale, la stessa norma dispone che la regola dello sbocco sopra il tetto dell’edificio possa non venire applicata, per quanto qui interessa, nell’ipotesi di singole ristrutturazioni di impianti termici individuali già esistenti, siti in stabili plurifamiliari, qualora nella versione iniziale non dispongano già di camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione con sbocco sopra il tetto dell’edificio, funzionali ed idonei o comunque adeguabili alla applicazione di apparecchi con combustione asservita da ventilatore, ovvero di nuove installazioni di impianti termici individuali in edificio assoggettato dalla legislazione nazionale o regionale vigente a categorie di intervento di tipo conservativo, precedentemente mai dotato di alcun tipo di impianto termico, a condizione che non esista camino, canna fumaria o sistema di evacuazione fumi funzionale ed idoneo, o comunque adeguabile allo scopo (in ambedue le ipotesi, purché si adottino generatori di calore che, per i valori di emissioni nei prodotti della combustione, appartengano alla classe meno inquinante prevista dalla norma tecnica UNI EN 297).
Tanto premesso, la “Relazione tecnica di asseveramento” allegata al progetto dell’impianto termico dell’appartamento di proprietà della ricorrente, a firma del perito edile A. Borgioli, nell’attestare la sussistenza delle condizioni per la deroga all’obbligo di collocare al di sopra del tetto gli scarichi dei prodotti di combustione, fa riferimento alla conformazione e sistemazione dei locali, nonché alla mancanza di cavedi o canne fumarie con sbocco sopra il tetto, idonei o comunque adattabili allo scopo, e conclude nel senso che la soluzione dello scarico a parete sarebbe quella “più idonea”, tenuto anche conto che l’eventuale installazione della canna fumaria sulla terrazza a lastrico di copertura determinerebbe un impatto negativo sotto il profilo estetico. È tuttavia evidente, in disparte la questione circa la competenza del Borgioli ad occuparsi della progettazione di impianti termici, come le circostanze addotte a fondamento dell’asseverazione non valgano, in realtà, ad integrare alcuno dei presupposti per la deroga all’obbligo di scarico a tetto di cui all’art. 5 co. 9 cit., il quale non si limita a richiedere che ricorra l’obiettiva mancanza di camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione con sbocco sopra il tetto funzionali ed idonei, o comunque adeguabili, ma, come si è visto, attribuisce valore a tale mancanza – qualificandola – nell’ambito esclusivo di situazioni tipicizzate (singole ristrutturazioni di impianti termici individuali già esistenti, siti in stabili plurifamiliari; nuove installazioni di impianti termici individuali in edificio assoggettato dalla legislazione nazionale o regionale vigente a categorie di intervento di tipo conservativo, precedentemente mai dotato di alcun tipo di impianto termico), la cui sussistenza non è comprovata nella fattispecie.
Si vuol dire che, ai fini della deroga, la norma non annette autonoma rilevanza all’ipotetica impossibilità tecnica di portare gli scarichi oltre la copertura dell’edificio, impossibilità sulla quale invece insistono sia la relazione integrativa del 16 ottobre 2007 a firma del medesimo perito Borgioli (il quale, peraltro, nella nota del 29 ottobre 2008, depositata in giudizio, formula l’ipotesi di lavoro distinta dal n. 2, che sembra smentire la tesi della radicale impossibilità), sia la relazione istruttoria interna allegata alla nota della Direzione ambiente del Comune di Firenze in data 14 novembre 2007, invocata dalla P. in quanto attestante la conformità dell’impianto, ed in seguito reiteratamente confermata dal medesimo ufficio. Né, per questo aspetto, la deroga può ritenersi consentita dal Regolamento edilizio comunale, che in materia di scarichi dei fumi degli impianti termici fa rinvio al D.P.R. n. 412/93; ovvero dalla circolare della Direzione ambiente del 1 aprile 2004, che a sua volta rinvia alle soprastanti norme regolamentari statali e comunali per l’individuazione dei casi di deroga all’obbligo di scarico sopra il tetto, richiedendone la certificazione da parte del progettista incaricato; o, ancora, dalla circolare c.d. “Nencioni”, la quale, nella parte in cui introduce fra i motivi di “autoderoga” allo scarico sul tetto la impossibilità di realizzare la canna fumaria su facciata principale, arbitrariamente effettua una sorta di bilanciamento fra i diversi interessi tutelati dalle disposizioni normative che vengono in considerazione nella fattispecie, ponendosi in diretto contrasto con quelle di cui al D.P.R. n. 412/93, e dovendo perciò essere disapplicata.
3.1.2. Se, dunque, l’impossibilità tecnica di per sé non giustifica l’applicazione della deroga, insuscettibile di interpretazione estensiva o analogica al di fuori dei casi contemplati dall’art. 5 co. 9, l’accertata difformità dell’impianto a servizio dell’immobile di proprietà della ricorrente dalle prescrizioni in materia di progettazione ed installazione stabilite dal D.P.R. n. 412/93, in attuazione dell’art. 4 della legge n. 10/91, autorizza l’esercizio dei poteri riconosciuti all’amministrazione dall’art. 33 della medesima legge ed, in particolare, l’adozione dell’ordine di adeguamento dell’impianto, senza che in contrario rilevino le precedenti valutazioni di conformità provenienti dallo stesso Comune di Firenze. Che la medesima situazione possa costituire oggetto di valutazioni differenti rappresenta un portato del potere di autotutela di cui la pubblica amministrazione dispone e che, in materia, si esplica non soltanto attraverso gli strumenti discrezionali di carattere generale, ma anche e soprattutto attraverso quel controllo di conformità che, secondo il quarto comma dell’art. 33 dianzi citato, forma oggetto di un’attività sostanzialmente vincolata di verifica della rispondenza dell’impianto non tanto e non solo alle previsioni di progetto, quanto, in primo luogo, alla normativa vigente (la disposizione parla espressamente di adeguamento dell’edificio “alle caratteristiche previste dalla presente legge”). Stante il carattere vincolato di tale attività, della quale il giudice amministrativo conosce trattandosi di vincolo posto nel pubblico interesse, non può che escludersi, conformemente ai principi generali in materia di attività iniziate su denuncia dell’interessato, la configurabilità di affidamenti meritevoli di tutela in capo ai proprietari di impianti non a norma, ancorché l’affidamento possa essere stato ingenerato, come assume la ricorrente P., dalla stessa amministrazione attraverso precedenti verifiche con esito positivo.
Del resto, l’esercizio della facoltà di riesaminare il proprio operato – per definizione immanente ai poteri dell’amministrazione attiva, ed intervenuto ampiamente entro il limite temporale di cinque anni dalla data di fine lavori dichiarata dal committente, indicato dall’art. 8 co. 4 del D.Lgs. n. 192/05 – nella specie non solo si giustifica, ma è reso doveroso dalle sollecitazioni provenienti, per un verso, dalla controinteressata C., soggetto privato indiscutibilmente titolare di una posizione qualificata che trova esplicito riconoscimento a livello normativo (l’art. 9 co. 7 del D.P.R. n. 412/93 stabilisce che, in caso di fabbricato in condominio, “ciascun condomino o locatario può richiedere che, a cura delle Autorità competenti di cui all’art. 31 comma 3 della legge 9 gennaio 1991, n. 10 e a proprie spese, venga verificata l’osservanza delle disposizioni del presente regolamento”, ivi comprese, quindi, quelle attinenti alle caratteristiche dei sistemi di scarico dei fumi di combustione); e, per l’altro, dalla A.S.L. fiorentina, soggetto pubblico istituzionalmente munito di competenze generali in materia di vigilanza e prevenzione igienico-sanitaria, nonché di attribuzioni specifiche in materia di verifica di conformità degli impianti a servizio degli edifici adibiti ad uso civile (art. 14 della legge n. 46/90, non abrogato dall’art. 3 co. 1 del D.L. n. 300/06, convertito in legge n. 17/07).
Dalla natura del potere esercitato discende, come corollario, che nessun particolare onere motivazionale debba ritenersi gravare sulla P.A., in sede di controllo degli impianti termici, se non quello di evidenziare le ragioni della ritenuta difformità, onere ottemperato dal Comune di Firenze con modalità che vanno esenti dalle critiche della ricorrente, i cui argomenti non consentono di accedere – per i motivi esposti – alla tesi della derogabilità dell’obbligo di collocare sul tetto lo scarico dei fumi (l’oggettiva insussistenza delle condizioni per la deroga, e la conseguente non rispondenza a norma dell’impianto, svuotano di consistenza, in particolare, quei vizi che nelle proprie memorie la difesa della ricorrente qualifica negli eufemistici termini di “sviamento”, ma che in definitiva si riducono all’insistenza usata dalla controinteressata verso la A.S.L. e, soprattutto, verso la Direzione del Comune competente per materia per affermare le proprie ragioni).
3.1.3. Si aggiunga per inciso che, dalla documentazione in atti, compresa quella depositata in seno al ricorso n. 951/09 R.G., non sembra trovare conferma la tesi secondo cui, in fatto, sarebbe obiettivamente impossibile ottemperare alle prescrizioni normative sullo scarico dei fumi. Posto infatti che, come osservato in sede cautelare, la maggiore difficoltà nella realizzazione delle opere non equivale ad obiettiva impossibilità, al riguardo va ulteriormente chiarito che il giudizio tecnico circa la realizzabilità dello scarico sul tetto deve prescindere dalle scelte progettuali effettuate dalla ricorrente, nel senso di non poter essere condizionato “a monte” da quelle scelte, in primo luogo quelle relative al tipo di generatore di calore da utilizzare ed alla ubicazione del generatore stesso: divengono pertanto irrilevanti le considerazioni tecniche svolte dalla P. in merito alla migliore funzionalità della caldaia Immergas “Eolo” installata nell’appartamento di via Solferino.
Di contro, anche a non voler considerare il “progetto di massima” abbozzato dall’ing. Di G. C. su incarico della controinteressata, si hanno le soluzioni alternative formulate dal medesimo professionista nella nota del 15 novembre 2009, implicanti il posizionamento della caldaia in sede diversa da quella attuale e non adeguatamente confutate dalle relazioni tecniche di parte ricorrente. Fra queste, in particolare, la relazione a firma del perito Borgioli del 26 novembre 2008, la quale perviene alla conclusione dell’inutilizzabilità della canna fumaria esistente sulla parete interna del corpo principale (tratto C – D) attraverso un’inversione logica, cioè argomentando dal fatto che la caldaia si trova ubicata in altra parte dell’immobile; quanto invece alla asserita impossibilità di installare la caldaia in prossimità dello scarico esistente per la presenza delle porte e finestre interne all’appartamento, sembra trattarsi piuttosto di una mera difficoltà materiale, e lo stesso vale per l’ipotesi di collocare la caldaia in corrispondenza del vano cucina, o tra le due finestre del terrazzo.
La questione della fattibilità tecnica, ma anche giuridica, dello scarico a tetto non merita, peraltro, ulteriore approfondimento, alla luce delle ragioni di diritto precedentemente esposte, le quali, escludendo il posizionamento a parete, rendono pertanto superflua l’ammissione della richiesta C.T.U..
3.1.4. Si è accennato che, con il secondo motivo, la ricorrente denuncia l’illegittimità del divieto di utilizzo dell’impianto, impartito dal Comune di Firenze con il provvedimento impugnato.
Il collegio osserva che, ai sensi dell’art. 33 co. 4 della legge n. 10/91, in caso di accertamento di difformità su opere terminate il sindaco ordina, a carico del proprietario, le modifiche necessarie per adeguare l’edificio alle caratteristiche previste dalla presente legge; il successivo art. 35 prevede quindi che, con il provvedimento mediante il quale sono ordinate le modifiche necessarie per l’adeguamento dell’edificio, deve essere fissato il termine per la regolarizzazione, la cui inosservanza comporta la comunicazione al prefetto, l’ulteriore irrogazione della sanzione amministrativa e l’esecuzione forzata delle opere con spese a carico del proprietario. Nessuna delle disposizioni in esame stabilisce, in effetti, che al riscontro della difformità dell’impianto segua l’immediato divieto di utilizzo, il che non legittima, tuttavia, la ricorrente a dolersi della mancata assegnazione di un termine per l’adeguamento: esclusa la derogabilità dell’obbligo di portare gli scarichi sul tetto, dalla caducazione del divieto di utilizzo non conseguirebbe, invero, alcun concreto vantaggio alla P., la quale, per potersene servire, resterebbe comunque tenuta a regolarizzare l’impianto; mentre un interesse (strumentale) all’assegnazione, ora per allora, del termine per l’adeguamento potrebbe ipotizzarsi al più laddove l’amministrazione avesse dato avvio all’esecuzione in danno, il che non è.
3.2. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90, sostenendo di non essere stata posta nelle condizioni di poter adeguatamente partecipare al procedimento avviato dal Comune per l’adozione del divieto d’uso dell’impianto.
Il motivo è infondato. Una volta acclarata la non conformità dell’impianto fatto realizzare dalla P. presso l’appartamento di via Solferino 18, dalla violazione non potrebbe comunque farsi discendere la richiesta pronuncia di annullamento, a ciò ostando la previsione di cui al secondo comma dell’art. 21-octies della legge n. 241/90: è infatti palese che il contenuto dispositivo del provvedimento impugnato, data la situazione accertata dal Comune, non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Ad ulteriore confutazione della censura, può poi aggiungersi che l’oggetto dei rilievi sottesi all’avvio del procedimento era ben noto alla ricorrente, la quale – per suo stesso riconoscimento – era stata destinataria della pregressa corrispondenza fra la A.S.L. ed il Comune. Il riferimento è, specificamente, alle note A.S.L. del 28 aprile e del 17 luglio 2008 (su cui infra), contenenti rispettivamente la richiesta di ulteriori chiarimenti circa la natura dell’impianto termico e la proposta di adozione del divieto di utilizzo dell’impianto, conoscendo le quali la P. già disponeva di elementi sufficienti per interloquire nel procedimento avviato dal Comune, senza dover attendere di avere accesso agli atti (in questa ottica, l’istanza di accesso appare anzi strumentale).
3.3. Con il quarto motivo, la ricorrente torna a dolersi del fatto che il Comune, unico titolare della potestà amministrativa in materia, nonostante i precedenti, reiterati, accertamenti di conformità dell’impianto, ad un certo momento abbia mutato indirizzo, risolvendosi ad assecondare l’iniziativa della A.S.L. e, senza svolgere alcuna attività istruttoria autonoma, decidendo di ignorare tutti i propri atti e pareri pregressi.
Neppure tale doglianza può trovare accoglimento. Si è detto che i poteri di verifica e controllo di conformità degli impianti termici, disciplinati dall’art. 33 co. 4 della legge n. 10/91, formano oggetto di un’attività sostanzialmente vincolata, a fronte della quale non sono configurabili affidamenti suscettibili di tutela. A maggior ragione in presenza delle sollecitazioni provenienti dalla locale Azienda Sanitaria, il Comune di Firenze non avrebbe dunque potuto esimersi dall’adottare l’ordine di adeguamento dell’impianto, la cui difformità era del resto conclamata ed, emergendo per tabulas sin dall’asseverazione allegata al progetto, non necessitava di particolari accertamenti in via istruttoria (l’unico approfondimento potenzialmente utile non ha prodotto esiti a causa del mancato riscontro, da parte della ricorrente, all’invito – contenuto nella comunicazione di avvio del procedimento del 5 settembre 2008 – a presentare una dichiarazione attestante la preesistenza di un impianto termico individuale e, con essa, le condizioni per la realizzazione dello scarico dei fumi a parete).
L’apparente contraddittorietà nella quale il Comune di Firenze sembra essere incorso è, lo si ripete, l’inevitabile conseguenza del legittimo esercizio dei poteri di controllo sanciti dalla legge, in assenza di margini di discrezionalità. Ed è proprio l’illegittimità delle verifiche svolte in precedenza dallo stesso Comune a far sì che le stesse, oltre a non poter fondare alcuna aspettativa tutelabile in capo alla ricorrente, nemmeno possano costituire valido indice rivelatore di un qualche vizio della funzione amministrativa della quale si tratta (atti illegittimi, in altri termini, non possono costituire parametro di confronto dal quale validamente inferire la sussistenza di un eccesso di potere per contraddittorietà).
3.4. Con il quinto motivo, la ricorrente espone che, con lettera raccomandata del 28 aprile 2008, gli stessi funzionari della A.S.L. fiorentina autori degli atti oggetto della prima impugnativa giurisdizionale, avevano inteso ribadire la correttezza delle proprie determinazioni, arrivando a prospettare l’emanazione di sanzioni nei confronti suoi e dei suoi tecnici, ove non fosse stata riconosciuta la non conformità dell’impianto. La successiva proposta, rivolta dalla A.S.L. al Comune, di adottare il divieto di utilizzo dell’impianto rappresenterebbe perciò il momento culminante di un’attività persecutoria, condotta in violazione dei precetti di imparzialità e correttezza.
Al contrario di quanto adombrato dalla P., la raccomandata del 28 aprile 2008 non costituisce un’iniziativa dei funzionari della A.S.L. di Firenze assunta a seguito della proposizione del primo ricorso dinanzi a questo tribunale, bensì il riscontro alla comunicazione indirizzata alla A.S.L. dal Comune di Firenze in data 28 marzo 2008 (erroneamente, la lettera della A.S.L. cita detta comunicazione come risalente al 18 marzo 2008, ma il richiamo al numero di protocollo consente di fugare qualsiasi dubbio circa l’oggetto della risposta), con allegata la dichiarazione integrativa resa dal perito Bormioli il 17 marzo 2008 in ordine alla preesistenza di un impianto termico nell’unità immobiliare di proprietà della ricorrente. Ed è proprio sulla base di tale dichiarazione, obiettivamente incompleta quanto alle caratteristiche dell’impianto preesistente, che si giustifica la richiesta della A.S.L. di ottenere una ulteriore precisazione relativamente alla circostanza che si trattasse di impianto “individuale”, giacché solo così si sarebbe potuta consentire la deroga all’obbligo di scarico sul tetto. E non vedendosi chi, se non la ricorrente ed il suo tecnico, avrebbero potuto rilasciare una dichiarazione siffatta, nessuna violazione delle regole di imparzialità e correttezza è imputabile ai funzionari della A.S.L., la cui condotta appare del tutto coerente con le iniziative assunte in precedenza.
Lo stesso può dirsi della proposta, indirizzata dalla A.S.L. al Sindaco di Firenze il 17 luglio 2008, di ordinare alla P. il divieto di utilizzo dell’impianto, la quale rappresenta l’ovvia e legittima conclusione delle attività di prevenzione e verifica svolte dall’Azienda a fronte della conclamata e non sanata difformità dell’impianto.
3.5. Il sesto motivo è diretto a far valere in via autonoma l’illegittimità della già citata nota del 5 settembre 2008, contenente la richiesta di elementi integrativi e la comunicazione di avvio del procedimento volto all’adozione del divieto di utilizzo dell’impianto.
La censura è innanzitutto inammissibile, afferendo ad un atto endoprocedimentale sprovvisto di qualsivoglia valenza lesiva. Essa è, in ogni caso, infondata, alla luce delle medesime considerazioni precedentemente svolte circa la natura dell’azione di controllo posta in essere dal Comune di Firenze, e la legittimità/doverosità di tale azione.
4. Il ricorso iscritto al n. 951/09 R.G. ha per oggetto la missiva con cui il titolare della Direzione ambiente del Comune di Firenze ha trasmesso al legale dell’odierna ricorrente la relazione tecnica di fattibilità dello scarico a tetto dell’impianto a servizio della proprietà P., elaborata all’esito di un incontro fra le parti intervenuto il 12 febbraio 2009, e, contestualmente, ha affermato di intendere conclusa la pratica.
Il gravame, come eccepito dalle difese resistenti, è inammissibile per difetto di interesse. Ancora una volta l’atto impugnato ha una chiara matrice non provvedimentale, ma va collocato nell’ambito del tentativo del Comune di sollecitare – e non certo di imporre, non disponendo l’amministrazione di alcun potere al riguardo – alle parti private della vicenda la ricerca di una soluzione tecnica condivisa al problema degli scarichi dell’impianto termico dell’appartamento di proprietà P.. Tutt’al più alla missiva, oltretutto non indirizzata all’interessata, può assegnarsi una connotazione meramente confermativa delle determinazioni già assunte dal Comune ed oggetto delle precedenti impugnazioni, nella parte in cui mostra di condividere le conclusioni contenute nell’allegata relazione circa la possibilità di realizzare lo scarico a tetto, restandone confermata, anche sotto tale profilo, l’assenza di capacità lesiva autonoma.
5. In forza di tutto quanto precede, le domande di annullamento proposte dalla ricorrente P. con i tre ricorsi riuniti non possono trovare accoglimento. Stessa sorte seguono le domande di risarcimento danni che accedono ai ricorsi nn. 559/08 e 1667/08 R.G..
La non linearità della vicenda procedimentale, complessivamente considerata, rende opportuna l’integrale compensazione delle spese processuali.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione II, definitivamente pronunciando, riuniti i ricorsi, dichiara le impugnazioni inammissibili ed infondate, per l’effetto respingendo tutte le domande proposte dalla ricorrente P..
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 8 gennaio 2010 con l’intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Ivo Correale, Primo Referendario
Pierpaolo Grauso, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 12 APR. 2010.