Trib. Roma Sez. V, 01/07/2010
Ogni condomino può legittimamente rinunciare, in via unilaterale, al riscaldamento condominiale mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell’impianto centralizzato, rientrando esso nelle ordinarie prerogative del partecipante alla comunione condominiale, sempre che tale modifica non comporti né aggravio di spese per coloro che continuano a fruire del predetto impianto centralizzato, né squilibri termici per l’erogazione del servizio. È, altresì, necessario che, qualora esista un regolamento condominiale, avente natura contrattuale, in esso non sussista una clausola che inibisca l’esercizio di tale facoltà. Ciò premesso, qualora non ci siano le suindicate condizioni ostative, la delibera assembleare che opponga diniego a tale intervento, deve ritenersi nulla.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI ROMA
QUINTA SEZIONE CIVILE
in composizione monocratica, in persona del giudice, dott. Claudio Tedeschi, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
a definizione del procedimento iscritto al n. 76278/2007 R.G.A.C., assunto in decisione all’udienza del 24.2.2010 e vertente
TRA
Ma.Pa. e Pa.Ro., elett.te dom.ti in Roma, presso lo studio degli avv.ti Ca.De. e En.Ma. che lo rappresentano e difendono in virtù di mandato redatto a margine dell’atto di citazione;
Attori
E
Condominio di Via (…), in persona del suo amministratore p.t., Lu.Ba., elett.te dom.to in Roma, presso lo studio degli avv.ti Pi.Ma. e An.Pe. che lo rappresentano e difendono in forza di delega apposta in calce alla copia notificata dell’atto di citazione;
Convenuto
Svolgimento del processo e motivi della decisione
Con l’atto di citazione introduttivo del presente procedimento, Ma.Pa. e Pa.Ro., nella spiegata qualità – conseguente alla proprietà esclusiva dell’unità abitativa dell’interno n. (…) della palazzina (…) di esso facente parte – di condomini del plesso condominiale di via (…) in Roma, hanno chiesto, previa eventuale declaratoria di inefficacia della deliberazione assembleare del 22.10.2007 che aveva espresso diniego, che venisse accertata la legittimità del distacco della propria unità abitativa dall’impianto centralizzato condominiale di riscaldamento, cui avevano proceduto nel mese di dicembre dell’anno 2004, con conseguente quantificazione degli oneri a proprio carico per detto servizio, vinte le spese di lite.
Costituito in giudizio, il condominio di via (…), impersonato dal suo amministratore p.t., Lu.Ba., ha contestato l’avversa istanza, eccependo che l’art. 21 del regolamento di condominio espressamente vietava il distacco auspicato da parte attrice e ad esso, si era, pertanto, conformata la decisione dell’assise condominiale, oggetto di doglianza attorea, e che, comunque, detto distacco doveva ritenersi non consentito anche in forza di quanto stabilito dall’art. 1119 c.c.; ha concluso chiedendo il rigetto della domanda, con salvezza degli esborsi di causa. Deve premettersi, ai fini decisionali, che la rinuncia unilaterale del singolo condomino al riscaldamento condominiale mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell’impianto centralizzato è legittima e rientra nelle ordinarie prerogative del partecipante alla comunione condominiale laddove essa non comporti né aggravio di spese per coloro che continuano a fruirne, né squilibri termici per l’erogazione del servizio e sempre che un eventuale regolamento di natura contrattuale non ne inibisca l’esercizio; eventuale deliberazione assembleare che, non sussistendo le indicate condizioni ostative, opponga diniego deve ritenersi nulla (v. Cass. 30.3.2006 n. 7518; Cass. 21.5.2001 n. 6923). Graverà, comunque, sul condomino distaccatosi l’onere partecipativo alle sole spese per la conservazione dell’impianto, ai sensi dell’art. 1118 c.c., e con esclusione di dovere contributivo alcuno per gli esborsi afferenti l’utilizzo del servizio comune, salvo che egli derivi, comunque, un vantaggio dalla altrui perdurante sua fruizione, (v. Cass. 29.3.2007 n. 7708; Cass. 25.2.2004 n. 5974).
I riportati principi, espressione di consolidati orientamenti esegetici, costituiscono corretta applicazione delle previsioni normative dettate dagli artt. 1102, 1118 e 1122 c.c., il cui reciproco coordinamento conduce all’affermazione della sussistenza del diritto, di ciascun condomino, alla rinunzia del servizio comune da cui non derivino danni agli altri partecipi della comunione edilizia condominiale e con la perduranza dell’obbligo partecipativo per le spese di conservazione dell’impianto erogatore – di cui ne persiste la comproprietà condominiale – nonché di parte delle stesse relative al suo impiego, da rapportare alla misura del beneficio che ne venga comunque tratto (“nemo locupletari potest” ex art. 2041 c.c.). Ciò posto, deve escludersi che il testo regolamentare prodotto in atti dal condominio convenuto e il cui art. 21 è stato dalla medesima parte, sia in sede assembleare che nel presente giudizio, invocato e valorizzato per negare fondamento alla pretesa attorea, possa essere utilmente apprezzato a tali fini atteso che, come detto in precedenza, è il solo regolamento c.d. contrattuale – ossia redatto dall’originario unico proprietario dello stabile ovvero assunto all’esito di deliberazione unanime di tutti i condomini e, indi, trascritto nei pubblici registri immobiliari ovvero fatto oggetto di espresso richiamo nei singoli atti d’acquisto – che, in considerazione di tali modalità, sia genetiche che di opponibilità a terzi, può legittimamente limitare il diritto dominicale esclusivo e/o di condominio altrimenti spettante a ciascun partecipe della comunione edilizia condominiale che, in tal modo, consapevolmente accetta la relativa compromissione.
Parte convenuta, di ciò onerata perché afferente un fatto potenzialmente estintivo l’avversa pretesa fatta valere nei propri confronti, non ha reso allegazione e/o richiesto prova alcuna per rendere dimostrazione della detta natura convenzionale del testo regolamentare di cui ha curato la documentale produzione in all. 1 del proprio fascicolo e dalla cui disamina nulla è dato inferire circa il rispetto delle modalità formative e di pubblicità la cui osservanza, s’è detto, condiziona la cogenza dei pertinenti precetti interferenti con i diritti del singolo condomino in senso ablativo, il che elide fondamento alla detta eccezione difensiva volta a negare l’esistenza, in capo al condomino attore, del postulato “diritto al distacco”.
Tanto premesso, lo scrutinio decisionale, in applicazione dei trascritti principi di diritto, trova imprescindibile riferimento negli esiti dell’espletata c.t.u. che, in ragione dell’analiticità e completezza delle pertinenti verifiche, condotte in totale aderenza alla realtà concreta e con metodica tecnicamente e razionalmente corretta ed immune da vizio alcuno, si prestano ad essere positivamente apprezzate.
Ha appurato, l’ausiliare giudiziale, che il distacco che gli attori hanno eseguito della propria unità abitativa dall’impianto condominiale centralizzato di riscaldamento non ha determinato, per esso, problematica alcuna quanto al perdurare del suo funzionamento, né ne ha pregiudicato la fruizione da parte degli altri condomini; quanto alla partecipazione ai pertinenti oneri, ha quantificato in 6 i millesimi cui l’unità abitativa attorea deve soggiacere per la quantificazione dei costi relativi al servizio comune suddetto – che, nel residuo, gravano a carico di tutti gli altri condomini che ne usufruiscono integralmente – in ragione del vantaggio comunque tratto dalle dispersioni di calore promananti dall’impianto comune. Tali conclusioni si prestano ad integrale condivisione ed offrono conforto motivo e positivo riscontro alla domanda.
Va, pertanto, affermato il diritto degli attori a distaccare la propria unità abitativa dell’interno n. 13 della palazzina E dall’impianto centralizzato condominiale, con addebito integrale delle spese relative alla sua conservazione e manutenzione e partecipazione ai relativi consumi nella misura di 6 millesimi del relativo ammontare, con conseguente dichiarazione di nullità della deliberazione assembleare del 22.10.2007 che ha indebitamente negato l’esercizio di tale facoltà.
In ordine al governo delle spese di lite, la soccombenza del condominio convenuto ne determina la condanna al loro pagamento, in favore di parte attrice, nella misura liquidata in dispositivo, con definitivo addebito, a suo carico, degli esborsi per l’espletata c.t.u..
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Ma.Pa. e Pa.Ro. nei confronti del condominio di via (…) di Roma in persona del suo amministratore p.t. Lu.Ba., con atto di citazione notificato il 23.11.2007, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, così provvede: dichiara il diritto di Ma.Pa. e Pa.Ro. a distaccare, dall’impianto centralizzato di riscaldamento, l’unità immobiliare dell’interno n. (…) della palazzina (…) del detto plesso condominiale, dichiarando, per l’effetto, la nullità della delibera assembleare del 5.10.2006 limitatamente alla decisione intervenuta sull’argomento iscritto al n. 2 dell’ordine del giorno, con loro obbligo partecipativo nella misura integrale come da relativa quota tabellare millesimale quanto agli oneri relativi alla conservazione e manutenzione dell’impianto e commisurato a mm. 6 quanto alle spese relative al consumo; condanna il condominio di via (…) di Roma in persona del suo amministratore p.t., al pagamento, in favore di Ma.Pa. e Pa.Ro., delle spese di lite che liquida in Euro 120,00 per esborsi, Euro 650,00 per diritti ed Euro 1.270,00 per onorario, oltre Iva, Cpa e rimborso forfetario come per legge; pone, in via definitiva, a carico del condominio di via (…), in persona del suo amministratore p.t. le spese di c.t.u..
Così deciso in Roma, il 15 giugno 2010.
Depositata in Cancelleria l’1 luglio 2010.
FINALMENTE POTREBBE FINIRE O ATTANUARSI LA CATTIVERIA CONDOMINIALE GRAZIE A CHI HA RECEPITO LE VARIAZIONI DEL CODICE CIVILE IN MATERIA CONDOMINIALE APPROVATO DAL SENATO