Tribunale di Pescara, 14 ottobre 2010

I contratti di locazione non registrati (e, simmetricamente, i contratti di locazione privi non solo di registrazione ma anche della forma scritta) in corso alla data dell’entrata in vigore dell’art. 1 comma 346 l. n. 311 del 2004 (“I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”), rimangono validi ed efficaci ed ad essi non è applicabile la sanzione di nullità prevista dalla nuova norma, ma solo le sanzioni tributarie previste dalle norme vigenti all’epoca della loro stipulazione.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI PESCARA

In composizione monocratica ed in persona del Giudice Dott. Gianluca

Falco, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa civile in I grado, iscritta al N° 4507 del Ruolo

Generale dell’anno 2009, discussa ex art. 429 c.p.c. all’odierna

udienza del 14.10.2010, promossa da:

B.N., residente in Pescara (Avv. O. De Leonardis).

– attore –

CONTRO

D.B.L. e T.A., residenti in Milano (Avv. D. Rossi).

– convenuti –

OGGETTO: Azione di rilascio di bene immobile.

CONCLUSIONI

All’odierna udienza del 14.10.2010 le parti hanno discusso e

concluso come da processo verbale di udienza (da intendersi quivi

integralmente richiamato per relationem e ritrascritto).

 

FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE

 

1. Con l’atto di citazione introduttivo del presente giudizio B.N.:

 

ha denunziato l’occupazione sine titulo da parte di D.B.L. e T.A., “a far data almeno dagli inizi del 2007”, di un proprio immobile, sito in Pescara, Via M.S.;

 

ha eccepito la nullità per difetto di registrazione (ex art. 1, comma 346, della legge l. n. 311 del 2004) dell’asserito contratto di locazione “di fatto” che le controparti – in risposta alle proprie sollecitazioni ante causam di rilascio immediato del bene- avevano affermato essersi perfezionato oralmente, sin da giugno 2001, e sul quale le stesse avevano fondato la loro asserita legittimazione a permanere nell’immobile;

 

ha denunziato la cessazione da parte degli occupanti, a far data da aprile 2009, del versamento in proprio favore della somma mensile di euro 410,00 che – sino ad allora – gli avevano corrisposto;

 

ha chiesto, per le predette causali, la condanna dei convenuti al rilascio immediato del bene ed al risarcimento dei danni subiti per effetto dell’indebito comportamento degli stessi.

 

Con tempestiva comparsa di risposta D.B.L. e T.A., nel resistere alle avverse domande:

 

hanno chiesto l’accertamento dell’esistenza, a far data dal giugno del 2001, di un rapporto di locazione di fatto con la controparte, avente ad oggetto l’immobile in contesa;

 

hanno denunziato che era stato il B.N. a rifiutarsi di formalizzare detto rapporto, per motivi fiscali;

 

hanno sostenuto la inapplicabilità ratione temporis alla fattispecie della sanzione di nullità dei contratti di locazione non registrati, introdotta dall’art. 1, comma 346, della legge finanziaria del 2005;

 

hanno negato di essere in mora nel pagamento dei canoni di locazione, chiedendo, in subordine, la concessione del termine di grazia per la sanatoria del debito eventualmente accertato;

 

hanno domandato ex art. 13, comma V, L. n. 431/98 la rideterminazione del canone di locazione, secondo i parametri di cui all’art. 2, comma III, della legge ultima citata.

 

Il processo, dopo il mutamento del rito e l’espletamento della fase di trattazione, giunge alla odierna decisione, avendo il Tribunale ritenuto opportuno rimettere alla immediata fase decisoria la compiuta delibazione delle questioni preliminari controverse.

 

2. Deve essere previamente dichiarata – in accoglimento della prima domanda riconvenzionale del convenuta ed ai sensi dell’art. 13, comma V, L. n. 431/98 – l’esistenza tra le parti, a far data dal mese di giugno 2001, di un rapporto di locazione di fatto (della cui intervenuta o meno risoluzione per inadempimento del conduttore si dirà in seguito).

 

Tale conclusione deriva dalla considerazione delle seguenti circostanze:

 

i convenuti abitano nell’immobile di proprietà dell’attore dal giugno 2001 (circostanza pacifica perché espressamente dedotta dai convenuti in comparsa di risposta e non specificamente contestata, nel successivo thema decidendum, dall’attore il quale, peraltro, ne ha espressamente riconosciuto la veridicità nella memoria conclusionale del 30.9.010 [cfr. pag. 2]);

 

i convenuti hanno versato periodicamente alla moglie dell’attore – sin dal 2001 ed a mezzo di vaglia postali – importi di circa £. 800.000 ciascuno, di sovente indicando- nei citati vaglia- anche la espressa causale “canone affitto” (cfr. il doc. 3 del fascicolo del convenuto) che – a loro dire – fu concordato sin dall’inizio in lire 800.000 mensili;

 

l’attore, sin dall’atto di citazione (cfr. pag. 1) ha espressamente riconosciuto che i convenuti avevano corrisposto, sino ad aprile 2009, la somma mensile di euro 410,00, per la occupazione del predetto immobile;

 

l’attore non ha mai indicato per quali ragioni (diverse dalla riferibilità di detti versamenti periodici al pagamento dei canoni della locazione di fatto concessa agli attori) sua moglie avrebbe periodicamente incassato dette somme dagli occupanti del bene, né ha mai dato indicazione o tanto meno prova della imputabilità di detti periodici pagamenti a rapporti diversi da quello (di locazione) al quale le controparti hanno dichiaratamente imputato (anche ante causam) i pagamenti stessi (per il generale principio per cui “in tema di pagamento, allorché una parte agisca per l’adempimento di un proprio credito e l’altra parte dimostri di aver pagato somme di denaro senza imputare il pagamento a quel credito, spetta al creditore, il quale intenda sostenere che quel pagamento doveva essere imputato ad altro credito già scaduto, dare la prova dell’esistenza di quest’ultimo”, cfr. ex multis Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8066 del 31/03/2007);

 

l’attore – pur affermando perentoriamente che “non aveva mai avuto intenzione di locare l’immobile de quo” e che “i convenuti se ne erano impossessati sine titulo” (cfr. pag. 2 della memoria ex art. 183 comma VI, n. 2 c.p.c. depositata il 9.4.2010)- non ha mai indicato (entro il thema decidendum) né le modalità con le quali sarebbe avvenuto l’indebita appropriazione, da parte degli attori, del proprio appartamento, né le ragioni per le quali non solo egli non avrebbe mai rifiutato di incassare (tramite sua moglie) i vaglia postali di cui sopra da tali occupanti abusivi, ma non avrebbe neanche mai denunziato alle competenti autorità una tale illecita e pluriennale occupazione immobiliare;

 

l’attore, parimenti, non ha inteso spiegare perché – pur non essendo mai esistito, a suo dire, alcun rapporto di locazione (neppure di fatto) con gli attori – dichiarò al CTU del procedimento RGE n. 254/2004 (all’epoca pendente innanzi al Tribunale di Pescara ed avente ad oggetto il pignoramento immobiliare del manufatto di cui è causa) “l’impossibilità di accedervi per assenza temporanea del locatario” (cfr. il doc. 6 del fascicolo del convenuto, rispetto al cui contenuto l’attore non ha controdedotto alcunché);

 

l’attore, parimenti, non ha inteso spiegare perché dichiarò anche al Notaio Di Pierdomenico (quale delegato del Giudice dell’Esecuzione presso il Tribunale di Pescara, nel procedimento sopra citato) che l’immobile in esame era stato concesso “in locazione” a terzi (cfr.il doc. 7 del fascicolo dei convenuti).

 

3. Una volta accertata l’esistenza (in virtù di tali univoche circostanze) di un rapporto di locazione di fatto tra le parti, a far data dal giungo del 2001, deve riconoscersi l’infondatezza della eccezione preliminare, sollevata dall’attore, di nullità – per mancanza di registrazione fiscale ex art. 1 comma 346 della legge Finanziaria del 2005 – di un tale contratto (orale), per le ragioni di seguito esposte.

 

Èbene ribadire previamente che la legge Finanziaria del 2005 ha previsto che “i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati” (art. 1, comma 346).

 

Il quesito se l’art. 1 comma 346 l. n. 311 del 2004 si applichi ai soli contratti conclusi dopo l’entrata in vigore della legge o anche ai contratti (come nella specie) in corso, deve essere risolto – per le considerazioni di seguito esposte – nel senso di ritenere che la norma si applichi soltanto alle locazioni stipulate dopo la entrata in vigore della “nuova norma sanzionatoria”.

 

a. Innanzitutto, occorre individuare esattamente l’adempimento sanzionato dal comma 346 dell’art. 1 L. n. 311 del 2005, con riferimento al suo contenuto ed alla sua funzione giuridica.

 

A ciò soccorrono gli artt. 13, 16, 17 e 18 del DPR. 26 aprile 1986, n. 131, contenente la “disciplina specifica dell’imposta di registro” oggetto della nostra disamina, dai quali si evince che l’adempimento sanzionato consiste nella registrazione dell’atto nel termine di trenta giorni dalla data della sua “formazione” (art. 13), affinché sia inserito in apposito registro (art. 16), con data e numero di registrazione la quale “attesta l’esistenza degli atti ed attribuisce ad essi data certa di fronte ai terzi a norma dell’art. 2704 del codice civile” (art. 18).

 

Se il “fatto” disciplinato dalla norma sulla registrazione è costituito, quindi, dalla formazione del contratto e se la funzione della registrazione è quella di attestare la “esistenza e la data certa”, [in mancanza di altro fatto affidabile] al fine specifico della sua valenza giuridica nei confronti dei terzi, compresa l’amministrazione finanziaria, per la salvaguardia della certezza dei rapporti giuridici – presidio fondamentale dell’ordinamento – sembra doversi concludere che “il fatto” disciplinato dalla novella legislativa si esaurisca con la formazione dell’atto e quindi in relazione alla data della conclusione del contratto che, pertanto, individua la demarcazione temporale dell’ambito applicativo della nuova norma.

 

b. Inoltre è noto che la legge n. 212/2000 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente) stabilisce espressamente, all’art. 3 (Efficacia temporale delle norme tributarie) comma I, che “salvo quanto previsto dall’art. 1, comma 2, (per il quale “l’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica”) le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo […]”.

 

Muovendo dall’art. 3 l. n. 212/2000, citato, la Suprema Corte ha chiarito che il principio di irretroattività così concepito, assieme a quello dell’affidamento e della buona fede, costituisce principio generale dell’ordinamento tributario il quale deve guidare il giudice nell’interpretazione ed applicazione della legge (cfr. Cass., sez. trib., 14 aprile 2004, n. 7080).

 

Il giudice di legittimità ha inoltre affermato, sulla base del medesimo disposto normativo, che l’applicazione retroattiva delle norme fiscali va di regola esclusa, salvo che non sia diversamente stabilito (cfr. Cass., sez. trib., 2 aprile 2003, n. 5015).

 

Ora, l’art. 1 comma 346 della legge finanziaria in esame – non essendo stata dichiarato retroattivo, né potendo esserlo (ex art. 3 l. n. 212/2000) – dispone solo per l’avvenire (art. 11 preleggi), mentre il termine di trenta giorni o quello maggiore integra il termine di adempimento di un fatto giuridicamente istantaneo. Né nella legge Finanziaria del 2005 sono state previste disposizioni transitorie che disciplinino diversamente l’entrata in vigore della norma de quo.

 

c. Né tanto meno la normativa in parola ha carattere interpretativo, avendo il Legislatore introdotto, con essa, elementi di novità che, in mancanza di collegamento fra norma interpretativa e norma interpretata e in assenza di diversa voluntas legis, non possono avere effetto retroattivo (Tribunale Palermo sez. II, 28.1.2010, n. 6291, in Giur. Merito 2010, 6, 1528).

 

d. La tesi, qui condivisa, della applicabilità ratione temporis, dell’art. 1 comma 346 in commento ai soli contratti di locazione conclusi a partire dal 1° gennaio 2005 trova ulteriore conforto dall’esame anche di altre norme di diritto positivo. La prima norma rilevante al riguardo è costituita dall’art. 10, comma 3, ultimo periodo, della legge n. 212 del 2000 che dispone che “le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto”. Trattasi di norma generale c.d. cornice che regola l’interpretazione di tutti i provvedimenti di natura tributaria e che è stata emanata dal legislatore ordinario, specificamente, per la delimitazione dell’efficacia giuridica di tutte le norme tributarie di natura sanzionatoria ed alla quale, per coerenza sistematica ed in assenza di un’abrogazione espressa, deve ritenersi che la novella si adegui, non potendosi ipotizzare un’altalenante ed irrazionale volontà legislativa che si esprima, oltretutto, per fattispecie singole in violazione del criterio paritario, anche sotto il profilo della ragionevolezza.

 

e. Un’ipotetica deroga a tale disposizione appare, comunque, smentita da una disposizione normativa chiarificatrice della voluntas legis contenuta nello stesso testo normativo della novella legislativa del 2005. Il comma 342 dispone, significativamente, che “in caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili, si presume, salva documentata prova contraria, l’esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d’imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso”.

 

La novella del 2005 riconosce, quindi, un’esistenza e quindi una validità giuridica del rapporto di locazione per il periodo precedente l’accertamento “tributario” che è equipollente della registrazione spontanea ed integrante – se si vuole – il fatto diverso di cui all’art. 2704 c.c. Tramonta, così, la suggestione per cui all’omessa registrazione consegue, automaticamente, l’assoluta invalidità intrinseca del contratto di locazione oppure una validità sopravvenuta, perchè è la stessa novella che, anche in assenza di registrazione tardiva, presume la precedente esistenza del contratto, in aderenza alla salvaguardia della pretesa tributaria dell’Erario per il periodo antecedente l’accertamento dell’amministrazione finanziaria, per cui la stessa non può non sussistere “a maggior ragione” per il caso di registrazione tardiva spontanea.

 

f. Inoltre, la novella del 2004 – nell’esonerare dalla cennata presunzione i contratti c.d. concordati di cui agli artt. 2, comma 3, e 4, commi 2 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 – dimostra di conoscere perfettamente la legge n. 431 del 1998 e di averne valutato compiutamente gli effetti riflessi di ordine fiscale, senza intervenire fiscalmente in ordine alle altre norme contenute nella citata legge. Il legislatore della novella dimostra, per implicito (e per quanto interessa precipuamente ai fini della presente causa) di non voler contrastare gli effetti del disposto del comma 5 dell’art. 13 della l. n. 431 del 1998 – che quindi conferma, laddove questo statuisce l’esistenza di una “locazione di fatto” che, in quanto tale, non era possibile registrare per la carenza della forma scritta ma che, comunque, esiste giuridicamente a seguito dell’accertamento giudiziale, con conseguenti ed innegabili effetti sostanziali retroattivi e con una registrazione tardiva, unitamente al relativo pagamento dell’I.P.R., in uno con la sentenza da sottoporre ex lege a registrazione la quale tiene luogo del contratto di locazione tra le parti. Un’esistenza e validità giuridica che emerge, così, dal combinato disposto degli artt. 2704 c.c., 18 del DPR 26 aprile 1986, n. 131 e 1, co. 341, 342 e 343 l. 311 del 2005, anche in caso di registrazione tardiva.

 

g. Ne consegue che i contratti di locazione non registrati (e, simmetricamente, i contratti di locazione privi non solo di registrazione ma anche della forma scritta) in corso alla data dell’entrata in vigore dell’art. 1 comma 346 l. n. 311 del 2004, rimangono validi ed efficaci ed ad essi non è applicabile la sanzione di nullità prevista dalla nuova norma, ma solo le sanzioni tributarie previste dalle norme vigenti all’epoca della loro stipulazione (Tribunale Palermo sez. II, 28.1.2010, n. 6291, cit.).

 

4. Dal superamento delle esaminate questioni preliminari deriva la necessità di rimettere la causa in istruttoria, al fine di ricostruire taluni aspetti fattuali della vicenda, di possibile rilevanza ai fini dell’azione di risoluzione del contratto (esercitata dall’attore) ed ai fini della domanda (esercitata, in via riconvenzionale, dai convenuti) di applicazione del canone di cui all’art. 2 comma III L. n. 431/98.

 

5. Risulta, tuttavia, quanto mai opportuno disporre previamente una comparizione delle parti per un tentativo di conciliazione, tenendo conto del fatto che:

 

la attività istruttoria invocata da entrambe le parti in lite (e, tra queste, quella concernente il ricalcalo – a mezzo di CTU contabile – del canone concordato negli accordi locali richiamati dall’art. 2 comma III della legge n. 431/98), implicando una durata rilevante del processo, avrà un notevole costo per le stesse;

 

la strenua negazione da parte dell’attore dell’esistenza di un rapporto di locazione di fatto (nonostante le decisive prove contrarie a tale assunto emergenti per tabulas e prima richiamate) potrebbe essere apprezzata dal Tribunale quale azione (da tale prospettiva) temeraria, ex art 96 comma III c.p.c., applicabile ratione temporis alla presente causa;

 

la necessità di decidere in via contenziosa, tra l’altro, in ordine alla fondatezza dell’azione “attorea” di risoluzione contrattuale e- in questo ambito- in ordine alla rilevanza o meno della sopravvenienza, durante il processo, della sanatoria, da parte dei conduttori della, originaria mora debendi – esigendo la soluzione di plurime e complesse questioni di fatto e di diritto- renderebbe quanto mai conveniente alle parti – per evitare l’”alea” della decisione del Tribunale ed il rischio di soccombenza – di trovare una conciliazione globale della controversia.

 

6. La decisione sulle spese del giudizio sinora svolto è demandata alla futura ed eventuale sentenza definitiva.

 

La pacifica ed ormai risalente omessa registrazione del contratto impone al Giudice di trasmettere gli atti alla competente Agenzia delle Entrate per i provvedimenti di legge;

 

P.Q.M.

 

Non definitivamente pronunziando nel giudizio iscritto al R.G. n. 4507/2009

ACCERTA

L’esistenza di un rapporto contrattuale di locazione di fatto tra attore e convenuti, a far data da giugno 2001 ed avente ad oggetto l’immobile di proprietà del primo, sito in Pescara, Via M.S..

RIGETTA

L’eccezione dell’attore di nullità del citato contratto di locazione per mancata registrazione dello stesso, ai sensi dell’art. 1, comma 346 della legge finanziaria del 2005, da ritenersi inapplicabile ratione temporis alla fattispecie.

TRASMETTE

Gli atti alla Agenzia delle Entrate territorialmente competente, per i provvedimenti di competenza in ordine al rapporto di locazione onerosa e non registrata, esistente tra attore e convenuti, a far data dal giugno del 2001.

RIMETTE

La causa in istruttoria, come da separata ordinanza.

Alla Cancelleria per gli adempimenti di rito.

Pescara, 14.10.2010

Il Giudice

Dott. Gianluca Falco

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