Nella successione legittima spettano al coniuge del de cuius i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano previsti dall’art. 540 secondo comma c.c; il valore capitale di tali diritti deve essere stralciato dall’asse ereditario per poi procedere alla divisione di quest’ultimo tra tutti i coeredi secondo le norme della successione legittima, non tenendo conto dell’attribuzione dei suddetti diritti, secondo un meccanismo assimilabile al prelegato.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE – SENTENZA 27 febbraio 2013, n.4847 – Pres. Preden – est. Mazzacan
Motivi della decisione
Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi in quanto proposti contro la medesima sentenza.
Venendo quindi all’esame del ricorso principale, si rileva che con l’unico motivo formulato A..Z. e B.C. censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che, vertendosi in materia di successione legittima, al coniuge superstite non spettano, in aggiunta alla quota intestata prevista dagli artt. 581 e 582 c.c., i diritti di abitazione ed uso previsti dall’art. 540 secondo comma c.c..
Le ricorrenti principali assumono che, nonostante la mancanza di un espresso richiamo normativo, la corretta interpretazione degli artt. 553 e 540 c.c. induce a ritenere che nella successione legittima la quota del coniuge superstite debba avere un valore complessivo non inferiore a quella al medesimo garantita dalle norme sulla successione necessaria, costituita dalla somma del valore della quota di riserva e dei diritti di uso e di abitazione.
La censura è fondata.
La Corte territoriale, menzionando a sostegno del proprio assunto la pronuncia di questa stessa Corte 6-4-2000 n. 4329, ha rilevato anzitutto che in tema di successione legittima non trovano applicazione gli istituti della disponibile e della riserva, ha poi aggiunto che la riserva, di cui fanno parte i diritti di abitazione e di uso, rappresenta il minimo che il legislatore vuole assicurare ai più stretti congiunti del ‘de cuius’, anche contro la volontà di quest’ultimo, sottolineando che l’art. 553 c.c., al fine di evitare che attraverso la disciplina della successione legittima vengano pregiudicati i diritti dei legittimari, stabilisce che le porzioni fissate nelle successioni legittime, ove risultino lesive dei diritti dei legittimari, si riducono proporzionalmente per integrare tali diritti; è vero poi che dal sistema della successione necessaria emerge che il legislatore interviene quando la quota spettante nella successione intestata andrebbe al di sotto della quota di riserva; peraltro non sussiste nessuna norma che modifichi il regime della successione intestata per attribuire agli eredi legittimi, che siano anche legittimari, più di quanto viene loro riservato con la successione necessaria; quindi deve escludersi che alla quota intestata prevista dagli artt. 581 e 582 c.c. si aggiungano i diritti di abitazione ed uso; pertanto nella fattispecie il diritto di abitazione della Z. , valutato in Euro 85.960,00 con riferimento alla sola casa coniugale, era compreso nella quota di 1/3 della massa ereditaria ad essa spettante ed ammontante ad Euro 164.333,00.
La decisione relativa all’enunciato motivo comporta l’esame anzitutto della questione -evidenziata nella menzionata ordinanza di rimessione – riguardante la spettanza o meno in favore del coniuge superstite, nella successione legittima, dei diritti di abitazione e di uso previsti dall’art. 540 secondo comma c.c. (comunemente qualificati dalla dottrina prevalente e dalla giurisprudenza come legati ‘ex lege’, vedi al riguardo Cass. 10-3-1987 n. 2474; Cass. 6-4-2000 n. 4329; Cass. 15-5-2000 n. 6231), e, nell’ipotesi di risposta affermativa in proposito, dell’ulteriore questione se tali diritti debbano o meno aggiungersi alla quota intestata prevista dagli artt. 581 e 582 c.c..
La prima questione nasce dal rilievo che, mentre l’art. 540 secondo comma c.c., che disciplina la riserva a favore del coniuge superstite, prevede che a quest’ultimo ‘anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni’, gli artt. 581 e 582 c.c., i quali disciplinano nell’ambito della successione legittima rispettivamente il concorso del coniuge con i figli ovvero con ascendenti legittimi, fratelli e sorelle del ‘de cuius’, non fanno riferimento a tali diritti; peraltro l’art. 584 c.c., che regola la successione del coniuge putativo, prevede espressamente l’applicabilità in favore di quest’ultimo della disposizione dell’art. 540 secondo comma c.c..
La Corte Costituzionale, affrontando la questione di legittimità costituzionale dell’art. 581 c.c. in relazione agli artt. 3 e 29 della Costituzione nella parte in cui non attribuisce al coniuge, chiamato all’eredità con altri eredi, i diritti previsti dall’art. 540 secondo comma c.c. viceversa riconosciuti al coniuge putativo, con ordinanza del 5-5-1988 n. 527 l’ha ritenuta manifestamente infondata, rilevando che detti diritti nella successione ‘ab intestato’ sono attribuiti al coniuge nella sua qualità di legittimario, che l’omesso richiamo dell’art. 540 secondo comma c.c. da parte degli artt. 581 e 582 c.c. vale unicamente ad escludere che i diritti in oggetto competano al coniuge autonomamente, ovvero che si cumulino con la quota riconosciutagli dagli articoli medesimi, che per converso il rinvio contenuto nell’art. 584 c.c. significa soltanto che la legittima aggiuntiva costituita dai due diritti di godimento spetta anche al coniuge putativo, ed ha quindi concluso ‘che, pertanto, le suddette disposizioni già vivono nell’ordinamento con l’identico contenuto e portata che si vorrebbe raggiungere per via di reductio ad legitimitatem…’.
Rilevato che comunque tale decisione non ha superato i dubbi interpretativi suscitati dal sopra richiamato quadro normativo di riferimento, si segnala che questa Corte con sentenza del 13-3-1999 n. 22639, dopo aver premesso come indubitabile l’estensione dei diritti di abitazione ed uso previsti dall’art. 540 secondo comma c.c. al coniuge nella successione legittima in quanto l’eventualità che il coniuge putativo potesse godere di un trattamento diverso e più favorevole rispetto al coniuge legittimo sarebbe contraria al principio di eguaglianza, ha prospettato due diverse soluzioni delle modalità attraverso le quali tali diritti vengono riconosciuti al coniuge nella successione legittima; secondo un primo indirizzo essi sono riservati al coniuge come prelegati oltre la quota di riserva, mentre un’altra ricostruzione, partendo dal presupposto che nella successione legittima non trovano applicazione gli istituti della disponibile e della quota di riserva, afferma che i diritti in questione non si aggiungono, ma vengono a comprendersi nella quota spettante a titolo di successione legittima; tuttavia la Corte non ha risolto tale questione, ritenendola irrilevante nella fattispecie sottoposta al suo esame.
La successiva pronuncia di questa Corte del 6-4-2000 n. 4329 (cui, come esposto in precedenza, ha aderito la sentenza impugnata), l’unica che ha affrontato più approfonditamente e risolto la questione in ordine al riconoscimento al coniuge superstite dei diritti di abitazione ed uso nella successione legittima, ha ritenuto che in tema di successione necessaria l’art. 540 secondo comma c.c. determina un incremento quantitativo della quota contemplata in favore del coniuge in quanto i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano (quindi il loro valore capitale) si sommano alla quota riservata al coniuge in proprietà; posto che la norma stabilisce che tali diritti gravano, in primo luogo, sulla disponibile, si deve anzitutto calcolare la disponibile sul patrimonio relitto ai sensi dell’art. 556 c.c. e, per conseguenza, determinare la quota di riserva; calcolata poi la quota del coniuge nella successione necessaria in base agli artt. 540 primo comma-542 e 543 c.c., alla quota di riserva così ricavata si aggiungono i diritti di abitazione ed uso, il cui valore viene a gravare sulla disponibile, sempre che questa sia capiente; se la disponibile non è sufficiente, i diritti di abitazione ed uso gravano anzitutto sulla quota di riserva del coniuge, che viene così ad essere diminuita della misura proporzionale a colmare l’incapienza della disponibile; se neppure la quota di riserva del coniuge risulta sufficiente, i diritti di abitazione e di uso gravano sulla riserva dei figli o degli altri legittimari.
La sentenza in esame ha quindi evidenziato che il primo ostacolo che si oppone all’accoglimento della tesi favorevole all’applicabilità del meccanismo di calcolo previsto dall’art. 540 secondo comma c.c. al coniuge nella successione legittima è data dal rilievo che in tema di successione legittima non trovano applicazione gli istituti della disponibile e della riserva; ma sussisterebbe un’altra ragione più persuasiva per disattendere tale applicabilità, considerato che la riserva rappresenta il minimo che il legislatore vuole assicurare ai prossimi congiunti anche contro la volontà del defunto, e che i diritti di abitazione ed uso fanno parte della riserva e dunque sono compresi nel minimo; orbene, per evitare che attraverso la disciplina delle successioni legittime vengano pregiudicati i diritti dei legittimari, l’art. 553 c.c., che serve di raccordo tra la successione legittima e quella necessaria, stabilisce che le porzioni fissate nelle successioni legittime, ove risultino lesive dei diritti dei legittimari, si riducono proporzionalmente per integrare tali diritti; peraltro dal sistema della successione necessaria emerge che il legislatore interviene nel meccanismo delle successioni legittime quando la quota spettante nella successione necessaria andrebbe al di sotto della quota di riserva, mentre da nessuna norma risulta che il legislatore abbia modificato il regime della successione legittima per attribuire agli eredi legittimi (che siano anche legittimari) più di quanto viene loro riservato con la successione necessaria; poiché l’art. 553 c.c. vuole fare salva l’intera riserva del coniuge (secondo il sistema della successione necessaria), i diritti di abitazione e di uso si aggiungono alla quota di riserva regolata dagli artt. 540 primo comma e 542 c.c; per contro, non essendo ciò previsto da nessuna norma in tema di successione legittima, non vi è ragione per ritenere che alla quota intestata contemplata dagli artt. 581 e 582 c.c. si aggiungano i diritti di abitazione e di uso.
Tanto premesso, si ritiene di dover dare risposta affermativa relativamente alla prima questione sottoposta all’esame di questo Collegio, avente ad oggetto il riconoscimento o meno in favore del coniuge anche nella successione legittima dei diritti di abitazione ed uso riservati espressamente dall’art. 540 secondo comma c.c. al coniuge stesso, conformemente all’opinione espressa ormai unanimemente dalla dottrina.
In tal senso milita anzitutto la ‘ratio’ di tali diritti, riconducile alla volontà del legislatore di cui alla L. 19-5-1975 n. 151 di realizzare anche nella materia successoria una nuova concezione della famiglia tendente ad una completa parificazione dei coniugi non solo sul piano patrimoniale (mediante l’introduzione del regime imperniato sulla comunione legale), ma anche sotto quello etico e sentimentale, sul presupposto che la ricerca di un nuovo alloggio per il coniuge superstite potrebbe essere fonte di un grave danno psicologico e morale per la stabilità delle abitudini di vita della persona; ebbene è evidente che tale finalità dell’istituto è valida per il coniuge supersite sia nella successione necessaria che in quella legittima, cosicché i diritti in questione trovano necessariamente applicazione anche in quest’ultima.
D’altra parte tale convincimento riceve conferma anche sul piano del diritto positivo, posto che l’art. 540 secondo comma c.c. prevede la riserva dei diritti di abitazione ed uso al coniuge ‘anche quando concorra con altri chiamati’, e che un concorso con ‘altri chiamati’ ricorre, oltre che nella successione testamentaria, anche in quella legittima; da tale disposizione pertanto si evince che il legislatore ha voluto attribuire al coniuge superstite, in conformità della sopra enunciata ‘ratio legis’, i suddetti diritti sulla casa adibita a residenza familiare sia nella successione testamentaria che in quella legittima, disciplinandone poi l’effettiva realizzazione onde incidere soltanto entro ristretti limiti sulle quote di riserva di altri legittimari (invero tali diritti debbono essere soddisfatti nell’ambito della porzione disponibile ed eventualmente per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge, mentre le quote dei figli vengono sacrificate soltanto se l’eccedenza del valore di essi superi anche la riserva del coniuge); ciò comporta che l’attribuzione di tali diritti previsti dall’art. 540 secondo comma c.c. ha una valenza anche al di fuori dell’ambito nel quale sono stati disciplinati, relativo alla tutela dei legittimari, e spiega il mancato richiamo ad essi da parte degli artt. 581 e 582 c.c..
Una volta ritenuto che i diritti in oggetto spettano al coniuge anche nella successione ‘ab intestato’, occorre esaminare la conseguente questione relativa ai criteri di calcolo del valore della quota di detto coniuge, osservando che al riguardo sono state prospettate sostanzialmente due diverse soluzioni.
Un primo indirizzo sostiene l’applicazione dell’art. 553 c.c., norma di collegamento tra la successione legittima e successione necessaria, che dispone, in caso di concorso di legittimari con altri successibili, la riduzione proporzionale delle porzioni di questi ultimi nei limiti in cui è necessario per integrare la quota riservata ai legittimari; in altri termini, se l’operatività delle norme sulla successione legittima comporti in concreto una lesione delle quote dei legittimari, tale articolo sancisce che la successione legittima si realizzi con il rispetto della quote destinate a questi ultimi, con la conseguenza che, poiché i diritti di abitazione ed uso fanno parte della legittima, si deve ritenere che essi trovino piena attuazione nell’ambito della successione legittima secondo il disposto dell’art. 553 c.c.; pertanto tali diritti devono essere attribuiti in aggiunta alla quota di riserva prevista dal primo comma dell’art. 540 c.c. o alla quota di riserva risultante dal concorso con altri legittimari ai sensi degli artt. 542 e 544 c.c., con la conseguenza che essi in base all’art. 540 secondo comma c.c. non sono imputati per il loro valore alla quota astratta di legittima spettante al coniuge, ma gravano sulla disponibile; tuttavia la dispensa dall’imputazione per tali attribuzioni opera solo nei limiti della disponibile, cosicché, qualora tali diritti oltrepassino la disponibile, essi potranno incidere sulla legittima dei figli solo dopo che la legittima del coniuge si sia rivelata insufficiente a soddisfarli; nell’ipotesi invece che il valore della quota ‘ab intestato’ risulti superiore rispetto alla quota di riserva maggiorata del valore dei diritti di abitazione ed uso, i diritti del coniuge troveranno realizzazione automaticamente nella porzione a lui spettante in base alla successione legittima, e si configureranno, secondo una autorevole dottrina, come legati in conto alla quota intestata.
Secondo un altro orientamento i diritti di abitazione e di uso del coniuge si configurerebbero nella successione legittima come prelegati ‘ex lege’, cumulandosi alla sua quota come prevista dagli artt. 581 e 582 c.c.; pertanto il valore capitale di tali diritti attribuiti al coniuge viene detratto dalla massa ereditaria, che poi viene divisa tra tutti i coeredi secondo le norme sulla successione legittima non tenendo conto, quindi, di tale attribuzione.
Il Collegio ritiene che il primo indirizzo sopra enunciato non possa essere condiviso per le seguenti considerazioni.
A prescindere dalle perplessità sul piano sistematico di interpretare l’effettivo ambito di operatività dell’art. 540 c.c., introdotto dal legislatore con la L. 19-5-1975 rv. 151, atta luce di un coordinamento con una norma come l’art. 553 c.c., risalente all’impianto originario del codice civile del 1942, il richiamo a quest’ultima norma non appare persuasivo per almeno due diverse ragioni.
Sotto un primo profilo, infatti, si osserva che l’art. 553 c.c. disciplina il concorso tra legittimaci ed eredi legittimi e prevede la riduzione proporzionale delle porzioni spettanti a questi ultimi sull’asse V ereditario nei limiti in cui è necessario per integrare le quote riservate ai primi, mentre i diritti di abitazione ed uso vengono comunemente assimilati a legati o prelegati ‘ex lege’, e dunque non si configurano quali quote; la suddetta riduzione delle porzioni degli eredi legittimi ex art. 553 c.c. opera poi sul piano quantitativo, mentre il riconoscimento al coniuge dei suddetti diritti si realizza in senso qualitativo con l’attribuzione ad esso del godimento di un bene determinato, e quindi con la correlativa preclusione per gli altri eredi del godimento della casa già adibita a residenza familiare dei coniugi e dei mobili che la arredano; sotto tale aspetto pertanto l’art. 553 c.c. non appare idoneo a dare fondamento a questa modalità di realizzazione di tali diritti, che in effetti resta estranea al suo ambito di operatività.
Inoltre occorre rilevare che il prospettato coordinamento tra l’art. 553 c.c. e l’art. 540 secondo comma c.c. trova un impedimento nella parziale incompatibilità del disposto delle due norme;
infatti la prima di tali disposizioni prevede che, nel determinare la quota riservata ai legittimari al fine della eventuale riduzione proporzionale delle porzioni spettanti agli eredi legittimi, i legittimari devono imputare alla quota riservata, ai sensi dell’art. 564 c.c., il valore delle donazioni o dei legati ricevuti dal defunto; orbene, rilevato che, come, già esposto in precedenza, i diritti di abitazione ed uso vengono comunemente qualificati come dei legati ‘ex lege’, si osserva che l’art. 540 secondo comma c.c., nel disporre che tali diritti gravano anzitutto sulla disponibile, ha previsto in tal modo una dispensa da tale imputazione, sia pure nei limiti della sola disponibile; pertanto l’orientamento che prospetta l’attribuzione dei diritti in questione al coniuge nella successione legittima ai sensi dell’art. 540 secondo comma c.c. legittimando tale assunto sulla base della norma di raccordo di cui all’art. 553 c.c. tra successione legittima e successione necessaria non sembra farsi carico di tale difficoltà di coordinamento.
Il Collegio ritiene di poter invece aderire al secondo indirizzo sopra richiamato, che afferma che i diritti in oggetto vengono attribuiti al coniuge nella successione legittima in aggiunta alla quota a lui spettante ai sensi degli artt. 581 e 582 c.c..
In proposito occorre evidenziare come dato significativo che una autorevole dottrina è giunta a tale conclusione proprio argomentando ‘a contrario’ dalla previsione della riserva di tali diritti al coniuge ai sensi dell’art. 540 secondo comma c.c.; infatti è rilevante osservare che nella successione legittima non si pone in radice un problema di incidenza dei diritti degli altri legittimari per effetto dell’attribuzione dei diritti di abitazione e di uso al coniuge, cosicché le disposizioni previste dalla norma ora richiamata, finalizzate, come si è già esposto, a contenere in limiti ristretti la compressione delle quote di riserva dei figli del ‘de cuius’ in conseguenza dell’attribuzione al coniuge dei diritti suddetti, non possono evidentemente trovare applicazione in tema di successione intestata; in proposito non sembra superfluo aggiungere che la soluzione della questione in esame deve essere svincolata dal riferimento all’art. 540 secondo comma c.c., e quindi dalla comparazione con il parametro normativo relativo alla riserva al coniuge dei diritti di abitazione ed uso nel concorso con altri legittimari, anche perché, secondo un orientamento ormai consolidato in dottrina cui si aderisce pienamente, il nostro ordinamento prevede due sole forme di successione, la legittima e la testamentaria (art. 457 c.c.), mentre le norme sulla successione necessaria non costituiscono un ‘tertium genus’, ma sono finalizzate soltanto a tutelare i diritti di determinate categorie di persone (i legittimari) ponendo dei limiti sia alle disposizioni testamentarie lesive di tali diritti sia alle norme disciplinanti la successione legittima, riconoscendo in particolare ai legittimari l’azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive delle proprie quote di riserva.
Pertanto le modalità di attribuzione dei diritti di abitazione ed uso nella successione legittima devono prescindere dal procedimento di imputazione previsto dalla norma sopra menzionata – procedimento invero strettamente inerente alla tutela delle quote di riserva dei figli del ‘ de cuius’, nel cui solo ambito ha rilievo il riferimento alla disponibile di cui all’art. 540 secondo comma c.c. – e quindi i diritti in questione, non trovando tali limitazioni nella loro concreta realizzazione, devono essere riconosciuti pienamente, avuto riguardo alla già evidenziata volontà ‘ del legislatore che ha introdotto la L. 19-5-1975 n. 151 di attribuire al coniuge superstite una specifica tutela del suo interesse alla continuazione della sua permanenza nella casa adibita a residenza familiare durante il matrimonio anche dopo la morte dell’altro coniuge, con i conseguenti riflessi di carattere successorio in ordine alla effettiva consistenza patrimoniale dell’asse ereditario; conseguentemente ai fini del calcolo di tali diritti occorrerà stralciare il valore capitale di essi secondo modalità assimilabili al prelegato, e poi dare luogo alla divisione tra tutti gli eredi, secondo le norme della successione legittima, della massa ereditaria dalla quale viene detratto il suddetto valore, rimanendo invece compreso nell’asse il valore della nuda proprietà della casa familiare e dei mobili.
Venendo quindi all’esame del ricorso incidentale si osserva che con l’unico motivo articolato D..B. , deducendo insufficiente e contraddittoria motivazione, sostiene che erroneamente la Corte territoriale ha confermato il rigetto della domanda proposta dall’esponente avente ad oggetto la condanna delle controparti al pagamento della somma di Euro 52.366,79 per canoni percepiti dall’affitto dei beni ereditari e non corrisposti ‘pro quota’all’esponente; al riguardo richiama le risposte rese da B.C. all’interrogatorio formale deferitole, la mancata presentazione della Z. a rendere l’interrogatorio formale deferitole e la deposizione della teste D..D. , dottoressa commercialista che fino al XXXX aveva tenuto la contabilità di tutte le parti in causa, e che aveva dichiarato che i canoni di locazione relative alle diverse unità immobiliari al netto delle spese venivano introitate dalle controparti.
La censura è infondata.
La Corte territoriale ha ritenuto al riguardo che non solo non era stata raggiunta la prova che A..Z. e B.C. avessero ricavato dalla locazione degli immobili oggetto dell’asse ereditario, al netto delle spese, la somma richiesta dall’appellante, ma che addirittura non sussistevano elementi certi di prova in ordine all’effettiva misura dei canoni percepiti relativamente a quegli immobili che, non essendo nella disponibilità dei singoli eredi, erano locati; in particolare il giudice di appello ha richiamato le dichiarazioni rese da C..B. in sede di risposta all’interrogatorio formale deferitole secondo cui gli eredi avevano l’uso personale di quattro immobili ereditari, due dei quali in uso al fratello D. , e che i canoni percepiti dagli unici due immobili dati in locazione erano impiegati per le spese di manutenzione dei beni ereditari, evidenziando che l’appellante non aveva contestato specificatamente tali circostanze con i conseguenti effetti sul piano probatorio ex art. 2734 c.c.; ha poi aggiunto che le dichiarazioni della teste D. erano piuttosto generiche e comunque tali da non consentire l’esatta determinazione dei canoni di locazione percepiti, e che infine la mancata comparizione della Z. a rendere l’interrogatorio formale deferitole non poteva giovare a D..B. , in quanto la formulazione del capitolato di prova non conteneva alcuna indicazione dell’importo dei canoni che sarebbe stato incamerato dalla stessa Z. e da B.C. , cosicché non avrebbe potuto ritenersi ammessa ai sensi dell’art. 232 c.p.c. la circostanza relativa all’entità delle somme introitate ed oggetto della domanda.
Orbene, avendo il giudice di appello puntualmente indicato le fonti del proprio convincimento, si è in presenza di un accertamento di fatto sorretto da congrua e logica motivazione, come tale incensurabile in questa sede laddove il ricorrente incidentale, prospettando inammissibilmente una diversa ricostruzione della vicenda che ha dato luogo a tale aspetto della controversia, senza peraltro censurare specificatamente la evidenziata mancata contestazione delle dichiarazioni rese da C..B. in sede di risposta all’interrogatorio formale deferitole con gli effetti sul piano probatorio previsti dall’art. 2734 c.c. in materia di confessione cosiddetta complessa, trascura di considerare i poteri al riguardo devoluti dall’ordinamento al giudice di merito nella valutazione delle risultanze probatorie, purché accompagnati da un corretto ed adeguato “l’iter’ argomentativo, come nella fattispecie.
Il ricorso incidentale deve quindi essere rigettato.
In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al ricorso principale accolto, e la causa deve essere rinviata anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia che si uniformerà ai seguenti principi di diritto: ‘Nella successione legittima spettano al coniuge del de cuius i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano previsti dall’art. 540 secondo comma c.c; il valore capitale tali diritti deve essere stralciato dall’asse ereditario per poi procedere alla divisione di quest’ultimo tra tutti i coeredi secondo le norme della successione legittima, non tenendo conto dell’attribuzione dei suddetti diritti secondo un meccanismo assimilabile al prelegato’.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del predente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia.