La concessione in locazione dell’immobile ad una sola donna, pur nella consapevolezza che questa si dedichi alla prostituzione nell’immobile stesso, non configura il reato di favoreggiamento della prostituzione il quale è invece configurabile solo laddove vi siano prestazioni ed attività ulteriori rispetto a quella della semplice concessione in locazione di un immobile ad una singola donna a prezzo di mercato.
Né può essere condiviso l’opposto orientamento giurisprudenziale, richiamato dal Tribunale di Ancona secondo cui la semplice concessione in locazione di un immobile a un soggetto del quale si sa che vi eserciterà la prostituzione integra il reato di cui all’art, 3, n. 8), della legge n. 75 del 1958, perché costituisce un contributo agevolatore di detta attività, consentendo condizioni più favorevoli sicure per il suo esercizio.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 febbraio – 27 giugno 2013, n. 28133
Presidente Teresi – Relatore Andronio
Ritenuto in fatto
1. – Con ordinanza del 20 luglio 2012, il Tribunale di Ancona ha rigettato l’appello avverso l’ordinanza del Gip del Tribunale di Ancona, con la quale era stata rigettata l’istanza di revoca del sequestro preventivo di un immobile disposto dallo stesso Gip, con ordinanza del 10 agosto 2011, in relazione al reato di cui all’art. 3, nn. 4) e 8), della legge n. 75 del 1958, contestato al proprietario di tale immobile per averlo stabilmente destinato alla prostituzione, così favorendola e traendone il vantaggio patrimoniale derivante dalla percezione dei canoni di locazione.
2. – L’ordinanza del Tribunale è stata impugnata dall’indagato, tramite il difensore, con ricorso per cassazione.
2.1. – Si sostiene, in primo luogo, la mancanza di motivazione sul fumus commissi delicti, perché il Tribunale non avrebbe preso in considerazione gli elementi nuovi evidenziati con l’istanza di dissequestro e rappresentati dagli orientamenti giurisprudenziali secondo cui la concessione in locazione dell’immobile ad una sola donna, pur nella consapevolezza che questa si dedichi alla prostituzione nell’immobile stesso non configura il reato di favoreggiamento della prostituzione.
2.2. – Con un secondo motivo di doglianza, si lamenta la mancanza di motivazione circa la sussistenza del periculum in mora, essendosi il Tribunale limitato a ritenere sussistente detto requisito alla luce dell’assenza assoluta di nuovi elementi.
Considerato in diritto
3. – Il ricorso è fondato e deve essere accolto, per la carenza di motivazione dell’ordinanza, impugnata circa i presupposti del sequestro preventivo disposto.
3.1. – Deve preliminarmente essere ribadito il principio secondo cui il reato di
chi avendo la proprietà o l’amministrazione di una casa, la concede in locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione non sussiste quando il locatore concede in locazione l’immobile a una sola donna, pur essendo consapevole che il locatario sia una prostituta e che eserciterà nella casa allocata autonomamente e per proprio conto (sez. 3, 19 gennaio 2012, n. 7076; sez. 3, 16 aprile 2004, n. 23657, Rv. 228971). Quanto, poi, al reato di favoreggiamento della prostituzione, esso è configurabile solo laddove vi siano prestazioni ed attività ulteriori rispetto a quella della semplice concessione in locazione di un immobile ad una singola donna a prezzo di mercato (sezione 3, 23 maggio 2007, n. 35373, Rv. 237400).
Né può essere condiviso l’opposto orientamento giurisprudenziale, richiamato dal Tribunale (sez. 3, 19 maggio 1999, n. 8600), secondo cui la semplice concessione in locazione di un immobile a un soggetto del quale si sa che vi eserciterà la prostituzione integra il reato di cui all’art, 3, n. 8), della legge n. 75 del 1958, perché costituisce un contributo agevolatore di detta attività, consentendo condizioni più favorevoli sicure per il suo esercizio. Tale orientamento ha infatti la conseguenza di allargare eccessivamente l’ambito di applicazione della tutela penale, rendendo punibile qualsiasi aiuto prestato alla prostituta e, in particolare, l’aiuto relativo alle sue esigenze abitative, che solo indirettamente agevolano l’attività di prostituzione; cosicché non sussiste un nesso causale penalmente rilevante della condotta dell’agente e l’evento del favoreggiamento della prostituzione.
3.2. – Tali essendo i principi di diritto che governano la fattispecie, l’ordinanza censurata avrebbe dovuto fornire una motivazione sul fatto che gli indagati avessero agito in modo tale da agevolare l’esercizio la prostituzione (art. 3, n. 4), della legge n. 75 del 1958) o da favorire o sfruttare la prostituzione altrui (art. 3, successivo n. 8); motivazione della quale il provvedimento impugnato risulta, invece privo, perché si limita a condividere e richiamare, in punto di diritto, l’orientamento giurisprudenziale contrario.
Analogo vizio in mancanza di motivazione è rilevabile in ordine al periculum in mora, che l’ordinanza impugnata ha ravvisato nella sostanziale mancanza di elementi nuovi rispetto a quelli già rilevati dall’Gip, senza provvedere a precisare se vi fosse una relazione specifica e apprezzabilmente duratura di strumentalità fra la cosa, sequestrata e l’attività asseritamente illecita,
4. – L’ordinanza impugnata deve, dunque, essere annullata, con rinvio al tribunale di Ancona, perché proceda a nuovo esame, fornendo, in applicazione dei principi di diritto affermati sub 3.1., adeguata motivazione circa la sussistenza dei presupposti del sequestro.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Ancona per nuovo esame.