La disdetta del contratto di locazione è un atto negoziale unilaterale e recettizio, espressione di un diritto potestativo attribuito ex lege al locatore e concretantesi in una manifestazione di volontà diretta ad impedire la prosecuzione o la rinnovazione tacita del rapporto locativo: atto che può essere comunicato in qualsiasi modo, purché idoneo a portare a conoscenza del conduttore l’inequivoca volontà del locatore di non rinnovare il rapporto alla scadenza. In tale contesto è stato anche significativamente evidenziato che la stessa sua comunicazione a mezzo lettera raccomandata, prevista dall’art. 3 della legge n. 392 del 1978, peraltro abrogato dall’art. 14 della legge n. 431 del 1998, non è forma prescritta a pena di nullità.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 aprile – 29 maggio 2013, n. 13449
Presidente Trifone – Relatore Amendola
Svolgimento del processo
Con citazione notificata il 26 febbraio 2004 ABI Costruzioni s.r.l. convenne innanzi al Tribunale di Milano la s.a.s. Turbo di Alberti Domenico & C. chiedendo la convalida della licenza per finita locazione, già intimata alla controparte per la scadenza del 31 marzo 2004.
Costituitasi in giudizio, la convenuta contestò le avverse pretese.
Con sentenza del 21 ottobre 2004 il giudice adito respinse la domanda.
Ritenne il decidente che la disdetta intimata da ABI, ancorché tempestiva, non fosse tuttavia efficace, atteso che l’immobile era stato venduto, con atto del 20 dicembre 2002, trascritto il 7 gennaio 2003, a Unes Maxi s.p.a., senza che la ricorrente avesse dichiarato di agire come rappresentante del nuovo proprietario e locatore.
Proposto gravame sia dall’avente causa Unes, intervenuta nel processo ex art. 111 cod. proc. civ., che da ABI, la Corte d’appello, in data 10 ottobre 2007, in riforma della decisione impugnata, ha accertato la cessazione del contratto di locazione stipulato tra le parti.
Per la cassazione di detta decisione ricorre a questa Corte Turbo s.a.s. di Alberti Domenico & C, formulando tre motivi e notificando l’atto ad ABI Costruzioni s.r.l. e a Unes Maxi s.p.a..
Solo quest’ultima ha resistito con controricorso, mentre nessuna attività difensiva ha svolto l’altra intimata.
Motivi della decisione
1.1 Con il primo motivo l’impugnante lamenta violazione degli artt. 100 e 657 cod. proc. civ., 1599 e 1602 cod. civ. Evidenzia che ABI, nel momento in cui aveva intimato la licenza per finita locazione, non era più proprietaria dell’immobile, né titolare del rapporto locatizio, tanto vero che aveva affermato di avere agito come mandataria della sua avente causa. In tale contesto, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, ne andava esclusa la legittimazione a disdire la locazione. Formula il seguente quesito: dica la Suprema Corte se, ai sensi delle norme innanzi richiamate, sia legittimato attivamente a richiedere la licenza per finita locazione il precedente proprietario e locatore di un immobile nell’ipotesi che, durante il periodo di efficacia del rapporto contrattuale, l’immobile sia stato alienato a terzi e della cessione sia stato reso edotto il conduttore.
1.2 Con il secondo mezzo l’esponente lamenta vizi motivazionali con riferimento alla mancanza, nella lettera di disdetta inviata da ABI, della contemplano domini. In maniera affatto illogica il giudice di merito avrebbe ritenuto dirimente l’esistenza del contratto preliminare di vendita dell’immobile e la conoscenza che dello stesso aveva la conduttrice, laddove tali elementi non dimostravano affatto che vi fosse stata spendita del nome del rappresentato, da parte del rappresentante. Del resto, nel momento in cui era stata inoltrata la disdetta, le parti avevano già stipulato il contratto definitivo, di talché questo costituiva l’unica fonte dei diritti e degli obblighi delle parti.
1.3 Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione degli artt. 1398 e 1399 cod. civ. Le critiche si appuntano contro l’affermazione del giudice di merito secondo cui il comportamento del mandante successivo all’invio della disdetta costituiva ratifica dell’operato della dante causa. Sostiene per contro l’esponente che l’ammissibilità della ratifica – in mancanza di espressa spendita del nome – costituiva violazione degli artt. 1398 e 1399 cod. civ..
Nel quesito di diritto chiede alla Corte di dire se sia legittima la ratifica tacita, ai sensi dell’art. 1399 cod. civ., nell’ipotesi in cui non vi sia stata esplicita spendita del nome del rappresentato.
2 Le censure non colgono nel segno per le ragioni che seguono.
Occorre muovere dalla considerazione che il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato è all’evidenza basato sul presupposto che nel preliminare la promissaria acquirente avesse conferito alla promittente venditrice mandato a disdettare il contratto di locazione in corso con Turbo, alla stregua di quanto affermato dalle appellanti.
Trattasi di circostanza, in un certo senso, pacifica, posto che tutta la causa risulta piuttosto incentrata sugli effetti della mancanza di una espressa conteplatio domini nella lettera di disdetta. Ora, tale rilievo, ritenuto dirimente dal Tribunale, ai fini del rigetto della pretesa azionata, è stato invece considerato irrilevante dalla Corte territoriale, in ragione della piena consapevolezza che la conduttrice aveva di quel contratto nonché del fatto che ABI, pur non avendo speso il nome di Unes, aveva sicuramente agito per conto della nuova proprietaria, posto che questa aveva fatto inequivocabilmente intendere di averle conferito mandato e ne aveva in ogni caso, con il suo comportamento successivo, ratificato l’operato.
3 Ciò posto, le critiche svolte nel primo motivo di ricorso, ruotando esclusivamente intorno alla mancanza di legittimazione del precedente proprietario a disdettare la locazione di un immobile, dopo averlo ceduto ad altri, sono eccentriche rispetto alla ratio decidendi del provvedimento impugnato. La società ricorrente, invero, si limita a reiterare che, con il trasferimento della proprietà, l’alienante non aveva più titolo a gestire i contratti relativi al bene ceduto, ignorando del tutto che il rilievo dato dal giudice di merito alla conoscenza che del preliminare aveva il conduttore presupponeva la positiva valutazione dell’esistenza di un mandato in esso incorporato e della sua perdurante vigenza anche dopo la stipula del definitivo. Per altro verso la scelta decisoria adottata risulta conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimità la quale ha costantemente affermato, con riferimento alla disdetta, il principio della libertà delle forme. E tanto sul rilievo che essa costituisce atto negoziale unilaterale e recettizio, espressione di un diritto potestativo attribuito ex lege al locatore e concretantesi in una manifestazione di volontà diretta ad impedire la prosecuzione o la rinnovazione tacita del rapporto locativo: atto che può essere comunicato in qualsiasi modo, purché idoneo a portare a conoscenza del conduttore l’inequivoca volontà del locatore di non rinnovare il rapporto alla scadenza. In tale contesto è stato anche significativamente evidenziato che la stessa sua comunicazione a mezzo lettera raccomandata, prevista dall’art. 3 della legge n. 392 del 1978, peraltro abrogato dall’art. 14 della legge n. 431 del 1998, non è forma prescritta a pena di nullità (confr. Cass. civ. 30 maggio 2008, n. 14486; Cass. civ. 12 gennaio 2006, n. 409; Cass. civ. 16 giugno 1998, n. 5981; Cass. civ. 23 novembre 1994, n. 9916; Cass. civ. 3 luglio 1979, n. 3763).
4 Quanto poi agli effetti della mancanza di contemplatici domini, le censure articolate nel secondo mezzo, volte a far valere l’insufficienza, la contraddittorietà e la lacunosità dell’apparato argomentativo con il quale il giudice di merito ha giustificato la sua decisione sul punto, non sono conformi al disposto dell’art. 366 bis cod. proc. civ., nel testo vigente, ratione temporis.
Tale norma impone per vero, ove venga in rilievo il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., che il ricorrente corredi le critiche di un momento di sintesi, omologo del quesito di diritto, e cioè di un elemento espositivo che, pur libero da rigidità formali, si concretizzi nella esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione (Cass. n. 4556/09): il momento di sintesi impone invero un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, volto a circoscrivere i limiti delle allegate incongruenze argomentative, in maniera da non ingenerare incertezze sull’oggetto della doglianza e sulla valutazione demandata alla Corte (confr. Cass. civ. 1 ottobre 2007, n. 20603).
5 L’infondatezza del primo e del secondo motivo di ricorso consente di ritenere assorbito l’esame del terzo, relativo alla pretesa ratifica dell’operato di ABI da parte di Unes.
In definitiva il ricorso deve essere rigettato.
La peculiarità della fattispecie consiglia di compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

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