In materia condominiale, l’art. 66, comma 3, delle disp.att.c.c. stabilisce che l’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale debba essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza. L’eventuale mancata tempestiva comunicazione della data fissata per l’assemblea determina un’ipotesi di contrarietà alla legge ai sensi dell’art. 1137 c.c. della deliberazione assembleare sotto forma di annullabilità. L’onere di provare che la predetta convocazione sia stata tempestivamente comunicata al condomino spetta al condominio convenuto nel giudizio di impugnazione della delibera. In tal senso, è opportuno evidenziare come, laddove l’avviso di convocazione di assemblea condominale sia stato inviato mediante lettera raccomandata non consegnata per assenza del destinatario e di altra persona abilitata a riceverla, il momento in cui l’atto si reputa conosciuto coincide con il rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso il destinatario e non già con il momento in cui successivamente l’atto viene consegnato. Tutto ciò detto, nel caso concreto, in cui l’attore, asserendo la violazione dell’art. 66 delle disp.att.c.c., ha dedotto l’illegittimità della delibera assembleare oggetto di contestazione, si è evidenziato che la raccomandata contenente l’avviso di convocazione era stata inviata nei termini di legge. Tra l’altro, si è anche sottolineata l’irrilevanza del ritiro della raccomandata presso il relativo ufficio postale solo dopo l’assemblea, non avendo ciò alcuna incidenza sull’osservanza del termine de quo. Ed infatti, non possono applicarsi a tale comunicazione le norme in materia di notificazione di atti giudiziari ed, in particolare, l’art. 8 della L. n. 890 del 1982 che prevede che, dalla data di spedizione della raccomandata devono decorrono dieci giorni perché possa considerarsi eseguita la notificazione, salvo che non debba considerarsi la data di ritiro del piego se anteriore. Del resto, l’atto di convocazione non è atto giudiziario, bensì recettizio soggetto al disposto ex art. 1335 c.c., secondo cui la comunicazione si reputa conosciuta al momento in cui giunge all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di non essere stato senza sua colpa nell’impossibilità di averne notizia. In base a tali argomentazioni, il predetto motivo di impugnazione è stato respinto.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI BOLOGNA
TERZA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Carolina Gentili ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo Grado iscritta al n. r.g. 1406/2007 promossa da:
RO.RI., con il patrocinio dell’avv. DE.GI., elettivamente domiciliato in P.ZZA (…) 40124 Bologna presso il difensore avv. DE.GI.
Attore
contro
Cond. via (…) Bologna, con il patrocinio dell’avv. CA.WI., elettivamente domiciliato in VIA (…) 40121 Bologna presso il difensore avv. CA.WI.
Convenuto
Oggetto: spese condominiali (Art. 1123 c.c.).
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con citazione notificata nel gennaio 2007 l’ing. Ri.Ro., premesso di essere proprietario di immobile nel Condominio di via (…), Bologna, impugnava la delibera assembleare adottata in data 14.12.2006 dall’assemblea condominiale, assumendone l’illegittimità per:
– omessa convocazione nel rispetto del termine di cui all’art. 66 disp. att. c.p.c.;
– per approvazione di spese relative al rendiconto consuntivo dell’anno 2005/2006 senza la relativa giustificazione documentale, o per importi superiori a quelli deliberati o mai autorizzati;
– per imputazione al solo condomino Ri. di spese condominiali relative a cause pendenti. Deduceva altresì che non era mai stata deliberata l’installazione del casellario postale comune e quindi l’amministratore non poteva diffidare il medesimo a rimuovere la propria casella postale; inoltre che le tabelle millesimali applicate non erano mai state approvate dall’assemblea o comunque dall’attore.
Domandava pertanto la declaratoria di invalidità o di annullamento della delibera suddetta, previa sospensione, in quanto gravemente pregiudizievole per l’attore.
Si costituiva il Condominio di via (…) Bologna (d’ora in poi solo Condominio), sostenendo che:
– la raccomandata di convocazione dell’assemblea era stata regolarmente depositata presso l’ufficio postale nei termini di legge, anche se ritirata dal Ri. soltanto in data 20.12.2006;
– il consuntivo 2005 – 2006 non conteneva spese ingiustificate, atteso che l’assemblea aveva approvato il relativo bilancio, e che le stesse erano lievemente maggiori rispetto ai preventivi a causa dell’esecuzione di interventi aggiuntivi non prevedibili emersi in corso d’opera, osservando altresì che il condomino non poteva contestare la delibera di approvazione per ragioni di merito, ma solo di legittimità;
– le spese legali erano state addebitate al condomino Ri. in quanto concernenti il decreto ingiuntivo n. 53772/06 emesso dal Giudice di Pace di Bologna;
– la spesa per la sostituzione del casellario comune era stata deliberata verbalmente dai condomini ed era stata approvata in seno alla delibera impugnata, che in tal modo aveva regolarizzato la mancanza di preventiva formale deliberazione autorizzatoria dell’opera;
– la diffida a rimuovere la casella postale personale dell’Ing. Ri. era atto dovuto dell’amministratore in ossequio al disposto dell’art. 1102 c.c. al fine di non impedire un pari uso da parte degli altri condomini;
– le tabelle condominiali erano state approvate nel 1981, prima che il Ri. divenisse condomino, mediante sottoscrizione in calce di tutti gli originari proprietari.
Evidenziava inoltre che la controversia era soltanto un espediente del condomino Ri. per ritardare i pagamenti dovuti e bloccare l’esecuzione della delibera impugnata, per cui chiedeva che la stessa fosse confermata, non sospesa e che controparte fosse condannata per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. All’esito della prima udienza il giudice con ordinanza riservava rigettava l’istanza di sospensione della delibera e concedeva i termini ex art. 183 c.p.c.; stante la comunicazione in differenti momenti dell’ordinanza suddetta, i termini venivano nuovamente concessi con decorrenza unica dal 30.4.08; veniva quindi disposta CTU per verificare le spese deliberate dall’assemblea rispetto ai preventivi ed ai rendiconti.
La causa veniva trattenuta in decisione all’udienza del 20.11.2011, ma successivamente rimessa in istruttoria per la valutazione da parte del CTU delle osservazioni attoree; infine veniva nuovamente trattenuta in decisione all’udienza del 21.3.13 previa concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. A). In primo luogo va affrontata la questione dell’illegittimità della delibera assembleare del 14.12.2006 per mancata convocazione del condomino Ri. nel termine di cui all’art.66 comma terzo disp. att. c.c.
Tale disposizione stabilisce che l’avviso di convocazione debba essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza.
La mancata tempestiva comunicazione al condominio della data fissata per l’assemblea comporta un’ipotesi di contrarietà alla legge ai sensi dell’art. 1137 c.c. della deliberazione assembleare sotto forma di annullabilità, come ormai pacificamente sostenuto in giurisprudenza dopo le Sezioni Unite della Suprema Corte n. 4806/2005.
L’onere di provare che il condomino sia stato tempestivamente avvisato incombe sul condominio convenuto con l’azione di impugnazione della delibera,
Qualora l’avviso di convocazione di assemblea condominiale sia stato inviato mediante lettera raccomandata, non consegnata per l’assenza del destinatario e di altra persona abilitata a riceverla, il momento in cui l’atto si reputa conosciuto coincide con il rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso il destinatario, e non già con il momento in cui successivamente l’atto viene consegnato. Nel caso di specie la raccomandata contenente l’avviso di convocazione è stata inviata in data 30.11.06, 1 avviso di ricevimento è stato immesso nella cassetta dell’attore dapprima in data 2.12.06 e poi in data 5.12.06, nonché depositato presso l’ufficio postale 4.12.06.
Non possono applicarsi a tale comunicazione le norme in materia di notificazione di atti giudiziari, in particolare l’art. 8 della L. 890/1982, il cui comma terzo stabilisce che dalla data di spedizione della raccomandata di cui al secondo comma decorrono dieci giorni e trascorso tale termine la notificazione si ha per eseguita (ovvero dalla data del ritiro del piego se anteriore).
L’avviso di convocazione infatti non è atto giudiziario, ma un atto recettizio soggetto al disposto dell’art. 1335 c.c., ai sensi del quale la comunicazione si reputa conosciuta nel momento in cui giunge all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato senza sua colpa nell’impossibilità di averne notizia.
La circostanza quindi che il ritiro della raccomandata di convocazione presso l’ufficio postale sia avvenuto soltanto in data 20.12.06 e quindi successivamente all’assemblea condominiale, chiamata in prima convocazione per il 13.12.06 ed in seconda per il 14.12.06, non incide sull’osservanza del termine dilatorio di cui all’art. 66 disp. att., che risulta rispettato dall’immissione dell’avviso di ricevimento nella cassetta dell’attore sin dal 2.12.06 e poi ancora in data 5.12.06. Tale motivo di impugnazione va quindi respinto.
B) In ordine alle spese di cui al punto 1 dell’ordine del giorno del verbale di assemblea del 14.12.06, l’attore lamenta che:
– non sia stato giustificato l’importo di Euro 650,00 per “spese amministrative lavori incluso oneri fiscali” riportate a pag.l del rendiconto consuntivo alla voce n. 12 Spese generali servizi
– siano state imputate al solo Ri. i costi (Euro 1189,42) per promuovere l’azione legale verso il medesimo, nonostante il giudizio sia ancora pendente;
– la maggiorazione di importi di spese per adeguamento dell’impianto elettrico e per la tinteggiatura del vano scale, rispetto ai preventivi approvati dall’assemblea in data 27.10.05;
– la spesa per la fornitura e posa in opera del casellario postale non era mai stata approvata in precedente.
Con riferimento alle spese di difesa tecnica nelle controversie tra uno o più condomini ed il condominio, la compagine si scinde in due centri d’interesse corrispondenti alle parti del processo, per cui il condominio dovrà ripartire le spese di causa senza tener conto di quei condomini che rivestono il ruolo di controparte nel processo, mentre non le può porre a carico di coloro che hanno promosso la lite, almeno fino alla conclusione della causa, ma dovrà ripartirle per quota millesimale di spettanza tra i soli condomini interessati.
Si rileva in proposito che i poteri dell’assemblea sono limitati, ai sensi dell’art. 1123 c.c. al solo riparto delle spese tra tutti i condomini oppure ad una delibera di azione nei confronti dei condomini che abbiano dato causa alle spese medesime, ma non all’attribuzione diretta di spese a carico del condomino ritenuto responsabile delle stesse.
Sarebbe quindi nulla la delibera con cui venisse statuita la responsabilità di una determinata spesa e la creazione di un titolo di pretesa creditoria nei confronti del presunto responsabile, rappresentando un tentativo di autotutela al di fuori dei poteri legali e dello schema legittimante di cui all’art. 1123 c.c. Tuttavia nel caso di specie si tratta di spese legali poste a carico dell’attore in forza di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, con la conseguenza che le stesse devono essere addebitate al condomino ingiunto unitamente al capitale ed agli interessi ivi liquidati, non essendo neppure necessaria l’imputazione nel bilancio consuntivo di tale specifica voce, in forza del potere attribuito dall’art. 63 disp. att. c.c. che già presuppone l’approvazione e la ripartizione della spesa. Per quanto concerne le altre spese, nell’atto introduttivo l’attore contesta una lievitazione dei costi a consuntivo rispetto ai preventivi deliberati in precedenza dall’assemblea rispettivamente del 15% e 30%, mentre negli atti successivi rileva che i prezzi praticati dalle aziende che hanno eseguito i lavori sono superiori a quelli di mercato.
Il principio generale che regola i poteri del giudice in materia di sindacato delle delibere assembleari è che si possa pronunciare l’annullamento solo per violazione di legge, non potendo il sindacato estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea, pur senza escludere la possibilità di un accertamento della situazione di fatto che è alla base dalla determinazione assembleare, allorquando tale accertamento costituisca il presupposto indefettibile per controllare la rispondenza della delibera alla legge.
Il sindacato dell’Autorità giudiziaria sulle delibere delle assemblee condominiali non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo del potere discrezionale che l’assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, deve comprendere anche l’eccesso di potere, ravvisabile quando la decisione sia deviata dal suo modo di essere, perché in tal caso il giudice non controlla l’opportunità o la convenienza della soluzione adottata dalla delibera impugnata, ma deve stabilire solo che essa sia o meno il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell’organo deliberante (Cass.5889/2001)
Con particolare riferimento all’approvazione di consuntivi per lavori eseguiti su parti comuni si traggono importanti indicazioni dalla sentenza n. 2133/1995 della Suprema Corte, in cui si afferma che l’assemblea del condominio in un edificio, in sede di approvazione del consuntivo di lavori eseguiti su parti comuni del fabbricato e di ripartizione della relativa spesa, ben può riconoscere a posteriori opportunamente e vantaggiosamente realizzati detti lavori, ancorché non previamente deliberati ovvero, a suo tempo, non deliberati validamente, ed approvarne la relativa spesa, restando, in tal caso, la preventiva formale deliberazione dell’opera utilmente surrogata dall’approvazione del consuntivo della spesa e della conseguente ripartizione del relativo importo fra i condomini.
In corso di causa è stata svolta consulenza tecnica al fine di verificare la trasparenza dei costi indicati nel bilancio consuntivo dall’amministratore, consulenza che ha concluso per la correttezza delle voci riportate in bilancio rispetto alla fatture rinvenute nella contabilità dell’amministratore, evidenziando che nella fattura n. 3/2006 per le opere di tinteggiatura sono indicate in maniera analitica gli importi delle singole lavorazioni e delle differenze rispetto a quanto preventivato, analogamente alle spese di adeguamento dell’impianto elettrico; precisa altresì il consulente che le opere non richieste all’interno dell’appartamento del Ri. non incidono sulla necessità che quest’ultimo concorra pro quota millesimale alla spesa personale sostenuta dagli altri cinque condomini rispettivamente per le tagliole ed i citofoni interni.
In realtà l’attore adombra irregolarità dell’amministratore nella contabilità condominiale, questioni che tuttavia non formano oggetto del presente giudizio, destinato a valutare la rispondenza formale della delibera alle disposizioni di legge.
Non risulta neppure alcun eccesso di potere da parte dell’assemblea nell’approvare il bilancio consuntivo predisposto dall’amministratore, attraverso una deliberazione che ponga a carico dei condomini spese sproporzionate nell’ammontare o che in qualsiasi modo perseguano interessi estranei alla collettività condominiale, addossando costi non corrispondenti a prestazioni effettivamente svolte nell’interesse della collettività dei condomini o corrispettivi oggettivamente sproporzionati. Soltanto con riferimento all’importo di Euro 650,00 il consulente ha riferito che trattasi di compenso richiesto dall’amministratore per la sola attività amministrativa svolta in relazione ai lavori straordinari sopra indicati (impianto elettrico e tinteggiatura vano scale) riportato sul conto n.12 del rendiconto consuntivo, nel quale sono distinte le spese per il compenso ordinario e quelle amministrative. Si afferma in giurisprudenza che in tema di condominio, l’attività dell’amministratore, connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali e non esorbitante dal mandato con rappresentanza deve ritenersi compresa, quanto al suo compenso, nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell’incarico per tutta l’attività amministrativa di durata annuale e non deve, perciò, essere retribuita a parte (da ultimo Cass.10204/2010).
Tuttavia è pacifico che l’assemblea del condominio abbia la competenza esclusiva, ai sensi dell’art. 1135 n. 1) c.c., nel decidere se e quale retribuzione spetti all’amministratore per l’attività di gestione, senza possibilità di distinguere, ai fini del riconoscimento, da parte del giudice, di un compenso ulteriore, fra gestione ordinaria e straordinaria.
Nella fattispecie in questione i lavori di manutenzione straordinaria, rientrano per loro natura nell’attività ordinaria dell’amministrazione di cui all’art. 1130 c.c. e sono spesso riconosciute in via di mera prassi; non essendo stata prodotta la delibera con cui è stato pattuito il compenso dell’amministratore, il cui onere incombeva a parte attrice, non è possibile verificare se l’assemblea abbia deliberato in violazione di tale pattuizione.
Per quanto riguarda infine la spesa di Euro 824,40 per la fornitura e posa in opera del casellario postale, il CTU ha verificato che la spesa è supportata dalla fattura n. (…) emessa dalla ditta Ch. ed è stata approvata nella deliberazione in questione anche se non formalmente preventivata; valgono quindi le medesime considerazioni esposte in precedenza per quanto concerne la possibilità dell’assemblea di ratificare spese ancorché non deliberate preventivamente.
Si osserva peraltro che tale fattura fa riferimento sia al casellario postale da sei posti all’interno del vano scale, sia alla cassetta per la pubblicità sulla cancellata esterna, nonché alla manodopera necessaria per la relativa installazione, circostanze non attentamente considerate dall’attore nella sua quantificazione dei costi necessari per tale complessiva operazione, che quindi non risulta manifestamente sproporzionata.
3. In relazione alla contestazione attorea secondo la quale sarebbero state applicate tabelle millesimali mai deliberate, si rileva che dalle indagini svolte dal consulente e comprovate dalla documentazione prodotta le tabelle millesimali attualmente in uso al condominio sono quelle redatte a suo tempo dal Geom. Er.Ma., in data 15.10.1981, e sono sottoscritte da tutti i proprietari di allora, come da doc. 23 di parte convenuta.
Il consulente ha verificato che le spese del rendiconto consuntivo dell’anno 2005-2006 sono state i suddivise tra tutti i condomini in base all’applicazione delle tabelle millesimali attualmente in uso ed; introdotte sin dall’inizio della attuale gestione amministrativa ossia sin dal verbale di assemblea del 13.2.2004 con cui è stato nominato il Geom. Se.De. Ne consegue il rigetto di ogni doglianza attorea anche sotto tale aspetto.
Le spese di lite, liquidate in dispositivo, vanno poste a carico di parte attrice in considerazione della sua integrale soccombenza.
P.Q.M.
Il Giudice Istruttore, in qualità di giudice unico, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe indicata;
disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, rigetta la domanda di annullamento della delibera 14.12.2006;
condanna l’attore al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 150,00 per spese, Euro 550,00 per fase di studio, Euro 300,00 per fase introduttiva, Euro 550,00 per fase istruttoria, Euro 700,00 per fase decisoria, oltre accessori di legge ed oltre alle spese di CTU.
Così deciso in Bologna l’11 giugno 2013.
Depositata in Cancelleria il 12 giugno 2013.

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