Per la costituzione di diritti reali sulle parti comuni è necessario il consenso di tutti i condòmini.
I muri perimetrali di un edificio in condominio sono destinati al servizio esclusivo dell’edificio stesso, sicché non possono essere usati, senza il consenso di tutti i comproprietari, per l’utilità di altro immobile di proprietà esclusiva di uno dei condomini e costituente un’unità distinta rispetto all’edificio comune, in quanto ciò costituirebbe una servitù a carico di detto edificio.
Pertanto, costituisce uso indebito di cosa comune l’appoggio praticato da un condomino sul muro perimetrale dell’edificio condominiale per realizzare locali di proprietà esclusiva, mettendoli in collegamento con altro suo immobile, in quanto siffatta opera viene ad alterare la destinazione de muro perimetrale e ad imporvi il peso di una vera e propria servitù.
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 14 giugno 2013, n. 15024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente
Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 7462/07) proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), rappresentati e difesi, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv.to (OMISSIS) del foro di Milano e dall’Avv.to (OMISSIS) del foro di Salerno ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv.to (OMISSIS) in (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avv.to (OMISSIS) del foro di Roma, in virtu’ di procura speciale apposta a margine del controricorso, ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in (OMISSIS);
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
e contro
(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– intimati –
Nonche’ sul ricorso incidentale (R.G. n. 9816/07) proposto dai controricorrenti nei confronti dei ricorrenti avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 556 depositata l’11 luglio 2006;
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 26 febbraio 2013 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
uditi gli Avv.ti (OMISSIS) (con delega dell’Avv.to (OMISSIS)), per parte ricorrente, e (OMISSIS), per parte resistente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilita’ dei ricorsi, in subordine per il rigetto sia del ricorso principale sia di quello incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 27 gennaio 1988 (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
In virtu’ di rituale appello interposto dal (OMISSIS), assumendo che il giudice di merito aveva travisato i fatti, la Corte di appello di Salerno, nella resistenza degli originari attori (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale evidenziava che le deliberazioni assunte dai condomini nell’adunanza del 5.2.1983, di autorizzazione del secondo locale, seppure adottate a seguito di regolare convocazione, non potevano pero’ influire sulle posizioni soggettive dei singoli condomini; considerazione che andava effettuata anche con riferimento alla precedente Delib. 1979, con la quale la maggioranza dei condomini aveva autorizzato la realizzazione del primo vano. Osservava, altresi’, che l’opera realizzata dal (OMISSIS) con i due vani faceva corpo unico con l’edificio condominiale, annettendo a se’ la porzione dei muri perimetrali, oltre al necessario innesto dei servizi impiantistici afferenti alla struttura edificata con quelli condominiali, cosi’ creando una situazione di asservimento dell’edificio condominiale, con la conseguenza della creazione di una servitu’ a vantaggio della proprieta’ esclusiva del (OMISSIS), che avrebbe dovuto essere costituita con il concorso della volonta’ di tutti i comproprietari (ex articolo 1108 c.c.). Aggiungeva quanto alla chiusura della porta di accesso ai locali di proprieta’ esclusiva dall’androne condominiale, che vi era assenza di violazione della disciplina a presidio dei diritti dei condomini sulle parti comuni, per cui si trattava di intervento limitativo soltanto delle facolta’ di uso della cosa comune da parte del (OMISSIS).
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Salerno hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi ex articolo 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
Deve, inoltre, dichiararsi l’inammissibilita’ del controricorso e conseguentemente del ricorso incidentale, come eccepito da parte ricorrente. Ed infatti, in linea assolutamente generale, la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del controricorso spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’articolo 149 c.p.c., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario da notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalita’ di cui all’articolo 140 c.p.c., e’ richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio; ne consegue che l’avviso non allegato al controricorso e non depositato successivamente puo’ essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’articolo 379 c.p.c., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal comma 1 della citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in camera di consiglio di cui all’articolo 380 bis c.p.c., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’articolo 372 c.p.c., comma 2. In caso, pero’, di mancata produzione dell’avviso di ricevimento, il controricorso e il ricorso incidentale in esso contenuto e’ inammissibile (Cass. sez. un. 14 gennaio 2008 n. 627; Cass. 10 aprile 2008 n. 9342; Cass. 23 gennaio 2009 n. 1694; Cass. 21 aprile 2010 n. 9487; Cass. 15 giugno 2010 n. 14421).
Passando all’esame del ricorso principale, con il primo motivo i ricorrenti denunciano il vizio di violazione di legge in relazione agli articoli 34, 295, 339, 342 e 345 c.p.c. per avere pronunciato oltre il devoluto, nonche’ difetto di motivazione, in quanto avendo l’originario convenuto contestato la mancata sospensione del giudizio di prime cure in attesa della definizione di altra questione assunta dallo stesso Tribunale di Salerno relativa alla verifica della validita’ (o meno) di due delibere assembleari, tra cui quella del 5.2.1983 (poi ritenuta valida dalla sentenza n. 548/03 della stessa Corte di appello), il giudice distrettuale pur ritenendo insuperabile la validita’ delle deliberazioni condominiali accertata con sentenza passata in giudicato (tipica ipotesi di pregiudiziale in senso tecnico), ha rivalutato la questione, omettendo, altresi’, di pronunciarsi sulla mancata sospensione del giudizio conclusosi con sentenza n. 963 del 20.3.2003.
A conclusione del motivo viene posto il seguente quesito di diritto: “in caso di passaggio in giudicato di sentenza che abbia deciso una questione pregiudiziale in senso tecnico e’ precluso o meno ad altro giudice di esaminare la medesima questione, coperta dal giudicato in relazione al dedotto e al deducibile?”.
Va osservato che nella specie i giudici distrettuali sono stati sostanzialmente investiti della questione se le delibere condominiali invocate dai ricorrenti, quella del 1979 e quella del 1983, aventi come oggetto l’autorizzazione alla realizzazione dei locali de quibus, pur avendo passato indenni il vaglio giudiziale, potessero essere poste nel nulla da una successiva Delib. dell’assemblea condominiale.
Al riguardo correttamente la Corte di Appello ha qualificato la situazione venutasi a creare con le opere eseguite dal (OMISSIS), nonostante l’autorizzazione votata a maggioranza dall’assemblea del condominio, come una situazione di fatto corrispondente ad una servitu’ di passaggio delle condutture degli impianti, oltre ad annettere porzione dei muri perimetrali comuni (situazione idonea a fare maturare, col tempo, l’usucapione del diritto in questione). Di qui la pertinenza del richiamo dell’articolo 1108 c.c., comma 3 che, applicabile al condominio in virtu’ dell’articolo 1139 c.c., richiede per la costituzione di diritti reali sul fondo comune il consenso di tutti i condomini. Ne’ vale appellarsi al diverso principio maggioritario (ovvero della intagibilita’ del giudicato) secondo cui il consenso di parte prevalente dei comproprietari della cosa comune alla costituzione di una servitu’, con il decorso del tempo necessario a consolidare la delibera assembleare, vincola e quindi pregiudica gli altri comproprietari. Tale consenso, infatti, non e’ equiparabile alla volonta’ unanime che deve essere espressa da un’assemblea condominiale, in quanto la volonta’ contraria di un solo partecipante sarebbe sufficiente ad impedire ogni decisione.
Il giudizio sulla liceita’ di una delibera dipende dal suo contenuto precettivo e, talora, si giustifica alla stregua degli effetti, in considerazione della sua incidenza sui poteri e sulle facolta’ inerenti ai diritti dei condomini. Se cosi’ e’, deve ritenersi che, nel caso di specie, il contenuto delle delibere in questione consiste(va) nella approvazione di innovazioni vietate (articolo 1120 c.c., comma 2) e comportava l’impedimento al diritto dei condomini di beneficiare del bene con le medesime modalita’, sicche’ non rientra(va) nella competenza dell’assemblea il potere di deliberare a maggioranza la modifica della cosa comune, incidendo sulla costituzione di un diritto di servitu’ in favore del bene di proprieta’ esclusiva di un solo condomino, che costituiva l’oggetto della delibera medesima. Alla luce dei principi ora chiariti risulta infondata la doglianza dei ricorrenti.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione di legge in relazione agli articoli 884 e 1102 c.c., oltre al vizio di motivazione, per avere la corte di merito errato nel ritenere ricorrere nella specie ipotesi di costituzione di servitu’ su muro condominiale, mentre le opere fatte realizzare dal (OMISSIS) incidono sulla sua proprieta’ esclusiva facente parte del complesso condominiale. Il motivo culmina nel seguente quesito di diritto: “nel caso di costruzione in appoggio su muro condominiale il diritto di servitu’ si costituisce solo nel caso in cui il fondo dominante non rientri nel corpo condominale e nell’area di sua afferenza?”.
Il terzo motivo – con il quale viene dedotta la violazione di legge in relazione agli articoli 1102 e 1136 c.c. per avere il giudice distrettuale erroneamente affermato la esistenza di una servitu’ nell’appoggio di un’opera realizzata al fine del migliore godimento della proprieta’ esclusiva – pone il seguente quesito: “se costituisce o meno ipotesi riconducibile all’articolo 1102 c.c. quella in cui il singolo condomino intervenga su una parte comune dell’edificio condominiale a vantaggio di propria esclusiva unita’ immobiliare, senza alterare le funzioni delle medesime parti comuni?”.
I due motivi sono tra loro connessi e possono essere esaminati congiuntamente. Vanno disattesi.
La corte distrettuale ha fatto corretta applicazione delle disposizioni dettate dagli articoli 1102 e 1120 c.c., confermando il costante orientamento di questa Corte secondo cui i muri perimetrali di un edificio in condominio sono destinati al servizio esclusivo dell’edificio stesso, di cui costituiscono parte organica per tale funzione e destinazione, sicche’ possono essere utilizzati dal singolo condomino solo per il migliore godimento della parte del fabbricato di sua proprieta’ esclusiva, ma non possono essere usati, senza il consenso di tutti i comproprietari, per l’utilita’ di altro immobile di proprieta’ esclusiva di uno dei condomini e costituente un’unita’ distinta rispetto all’edificio comune, in quanto cio’ comporterebbe la costituzione di una servitu’, a carico di detto edificio, per la quale occorre il consenso di tutti i comproprietari. Pertanto il condomino (nella specie il (OMISSIS)) che voglia appoggiare una costruzione – realizzata su suolo contiguo di sua esclusiva proprieta’ e non del condominio – al muro comune di un edificio, di cui egli sia comproprietario, non puo’ farlo senza il consenso degli altri condomini, non essendo applicabile a tale fattispecie il disposto dell’articolo 884 c.c. che attribuisce al comproprietario il diritto di appoggiare le sue costruzioni al muro comune (tra le tante, Cass. 23 dicembre 1994 n. 11138; Cass. 26 marzo 1994 n. 2953; Cass. 10 ottobre 1979 n. 5261; Cass. 7 novembre 1978 n. 5095). In effetti, costituisce uso indebito della cosa comune l’appoggio praticato da un condomino sul muro perimetrale dell’edificio condominiale per realizzare locali di proprieta’ esclusiva, mettendoli in collegamento con altro suo immobile, in quanto siffatta opera viene ad alterare la destinazione del muro perimetrale, incidendo sulla relativa funzione di recingere l’edificio, e, inoltre, viene ad imporre il peso di una vera e propria servitu’ a favore di un bene di proprieta’ esclusiva rispetto ai beni comuni del Condominio, per la cui legittima costituzione, vertendosi in tema di diritti reali immobiliari, e’ richiesta in forma scritta, a pena di nullita’, la manifestazione del consenso di tutti i condomini. Infatti la dedotta esclusiva proprieta’ in capo al (OMISSIS) del fondo sul quale sorgono i due manufatti rende questi manufatti estranei al fabbricato condominiale, sicche’ la infissione nella parete condominiale e l’inglobamento di parte del muro perimetrale nell’ambito dei manufatti determina l’asservimento dell’edificio condominiale a un fondo altrui, per essere stato escluso dal godimento degli altri condomini.
La sentenza impugnata si sottrae, quindi, alle censure mosse dai ricorrenti con i motivi in esame. Il ricorso va pertanto rigettato ma non va adottata alcuna statuizione sulle spese per la inammissibilita’ del controricorso e del ricorso incidentale in difetto di prova dell’avvenuta notificazione, non avendo peraltro i ricorrenti incidentali preso parte alla discussione in pubblica udienza.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; nulla spese.