L’azione con cui il Condominio, evocando in giudizio un condomino e, sul presupposto della edificazione da parte di quest’ultimo di alcune tettoie sulla propria proprietà in violazione delle norme sulle distanze legali, domandi la rimozione dei manufatti, costituendo azione giudiziale avente la finalità di tutelare l’integrità della cosa comune, va qualificata tra gli atti conservativi che, a mente del combinato disposto dell’art. 1130, comma 1, n. 4 e art. 1131 comma 1, cod. civ., l’amministratore può porre in essere senza la previa autorizzazione dell’assemblea.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile

Sentenza 29 gennaio 2014, n. 1956
Integrale

Condominio – Parti comuni – Atto conservativo sulla cosa comune – Autorizzazione dell’assemblea condominiale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto – Presidente

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n.r.g. 8999/08 proposto da:

(OMISSIS) (c.f.: (OMISSIS)); rappresentato e difeso, per procura a margine del ricorso per cassazione, dall’avv. prof. (OMISSIS); elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. (OMISSIS) in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

Condominio sito in (OMISSIS);

– intimato –

nonche’ nei confronti di:

Fallimento di (OMISSIS);

– altro intimato –

Avverso la sentenza n. 911 della Corte di Appello di Salerno, pubblicata il 17 dicembre 2007 e notificata il 23 gennaio 2008;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 10/12/2013 dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – Il Condominio sito in (OMISSIS), con citazione notificata il 25 febbraio 1987, evoco’ in giudizio presso il Tribunale di quella citta’ il condomino (OMISSIS) deducendo che lo stesso, edificando alcune tettoie sulla propria proprieta’, avrebbe violato le norme sulle distanze legali; chiese pertanto la rimozione dei manufatti; il convenuto eccepi’ la prescrizione del diritto; interrotto il giudizio per il fallimento del (OMISSIS), la causa venne quindi riassunta ma il Fallimento, pur evocato in giudizio, non si costitui’; l’adito Tribunale, pronunziando sentenza n. 994 del 2001, depositata il 23 marzo 2001, dichiaro’ l’illegittimita’ della costruzione ma respinse la domanda di condanna al ripristino, ritenendo di non poterla emettere nei confronti del Fallimento, avendo essa ad oggetto un facere.

2 – Il Condominio propose appello; ilei giudizio di impugnazione nuovamente non si costitui’ il Fallimento; in corso di causa l’assemblea condominiale, con delibera del 13 novembre 2001, autorizzo’ il proprio amministratore a proporre appello; a seguito di cio’ fu proposta impugnazione con atto del 13 dicembre 2001; intervenne altresi’ (OMISSIS), acquirente dell’immobile del (OMISSIS) nel 2006, eccependo la carenza di legitimatio ad causam del Condominio in quanto l’amministratore non sarebbe stato autorizzato a proporre l’azione innanzi al Tribunale.

3 – La Corte di Appello respinse l’eccezione preliminare, ritenendo che la Delib. condominiale 13 novembre 2001, autorizzando l’amministratore a proporre appello, avesse manifestato – implicitamente ma chiaramente – la volonta’ dell’ente di gestione di approvare il precedente operato del suo rappresentante, con effetto retroattivo, non essendosi consumato, all’epoca, il potere di impugnare , atteso che non era spirato il termine breve per proporre impugnazione; nel merito ritenne fondato il gravame, in ragione del fatto che la proposta azione non sarebbe stata da ricomprendere in quelle assoggettate alla vis attractiva del Tribunale fallimentare e, per altro verso, che il (OMISSIS) non aveva rispettato le distanze di legge nella nuova edificazione.

4 – Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il (OMISSIS), notificando il gravame al Condominio, che non ha svolto difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo motivo viene fatta valere la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione all’articolo 182 c.p.c., comma 2 e articolo 1399 cod. civ., contestandosi l’applicazione alla fattispecie del principio generale della ratifica dell’operato del falsus procurator (articolo 1399 cod. civ.) e, in ogni caso, l’effetto retroattivo (rispetto alla proposizione della domanda originaria) presupposto dalla sanatoria riscontrata dalla Corte territoriale, traendo argomenti dalla disciplina della specialita’ della procura che deve precedere l’atto al quale si riferisce e dalla necessita’ che, nel giudizio di primo grado, l’istruttore debba chiedere la regolarizzazione del riscontrato difetto di rappresentanza; conclude parte ricorrente con il sostenere la diversita’ di effetti della ratifica nel diritto sostanziale rispetto all’analogo – ma non identico – istituto nel diritto processuale, tale che esso non possa sanare l’attivita’ processuale svolta in un precedente grado di giudizio.

1.a – Viene all’uopo formulato il seguente quesito di diritto: ” … se al processo civile sia applicabile l’istituto della ratifica e se, in ipotesi positiva, essa operi anche oltre la fase procedimentale gia’ conclusa; se la ratifica possa avvenire volontariamente o non abbia bisogno dell’impulso giudiziario ex articolo 182 c.p.c., comma 2″.

1.b – Il motivo non e’ fondato in quanto l’azione proposta dal Condominio aveva la finalita’ di tutelare l’integrita’ della cosa comune cosi’ che essa andava qualificata tra gli atti conservativi che, a mente del combinato disposto dell’articolo 1130 c.c., comma 1, n. 4 e articolo 1131 c.c., comma 1, l’amministratore puo’ porre in essere senza la previa autorizzazione dell’assemblea (vedi, come espressione dell’indicato principio: Cass. Sez. 2 n. 14626/2010 in materia di rimozione di finestre aperte abusivamente sulla facciata dello stabile condominiale; Cass. Sez. 2 n. 13611/2000, in fattispecie in cui si era chiesta la demolizione della sopraelevazione dell’ultimo piano dell’edificio, costruita dal condomino in ispregio delle norme antisismiche o alterando l’estetica dell’edificio; Cass. Sez. 2 n. 6494/1986, in ipotesi di eliminazione degli allacciamenti abusivi realizzati da terzi nella condotta fognaria condominiale; Cass. Sez. 2 n. 5169/1983 nel caso di rimozione di opere abusivamente realizzate sul lastrico solare di proprieta’ comune; Cass. Sez. 2 n. 3510/1980, in materia di rimozione di una veranda ricavata dalla trasformazione di un balcone, in quanto tale pregiudizievole per l’estetica della facciata condominiale).

2 – Con il secondo motivo si assume la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 5 e 3, in relazione all’articolo 329 c.p.c., comma 2, negandosi che, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice dell’impugnazione, si sarebbe formata una preclusione pro’ judicato sul capo di decisione relativo all’accertamento della violazione delle distanze, per non esser stato tempestivamente impugnato: parte ricorrente giunge a tale conclusione sia perche’ ritiene non correttamente motivata la decisione del giudice dell’appello, sia perche’ questa non terrebbe conto che la c.d. acquiescenza tacita si puo’ formare solo in relazione a capi autonomi della decisione e che tali non potevano considerarsi quelli in oggetto perche’, al contrario, legati da chiari nessi di pregiudizialita’ e di consequenzialita’ a quelli effettivamente impugnati.

2.a – Il motivo non e’ ammissibile perche’, in spregio al principio di specificita’ – inveratosi nel canone della c.d. autosufficienza del ricorso, manca del tutto della descrizione dello svolgimento del processo da cui sarebbe dovuto emergere il presupposto della richiamata censura; difetta inoltre nel mezzo la esplicitazione del quesito di diritto – di necessaria formulazione, stante la vigenza, all’epoca, del disposto dell’articolo 366 bis c.p.c. – come pure la enunciazione del c.d. momento di sintesi, relativo al vizio di motivazione.

2.b – Con ulteriore argomentazione contenuta nello stesso motivo, parte ricorrente censura il richiamo, contenuto nella sentenza di appello, alle conclusioni di una disposta CTU: la censura e’ inammissibile in quanto non solo manca il quesito di diritto ma fa difetto anche la descrizione del passo della consulenza al quale si riferisce, come pure al capo di sentenza che ad esso farebbe richiamo; del tutto incomprensibile – basandosi solo sulla lettura del motivo, che non puo’ essere integrato, a fini argomentativi, dalla lettura della sentenza – e’ in complesso l’intera censura.

4 – Il ricorso va rigettato, senza onere di spese, non avendo svolto difese le parti intimate.

P.Q.M.

La Corte Rigetta il ricorso.

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