Il condòmino, può legittimamente rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini, tuttavia, permane il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell’impianto, e di quelle di gestione, se e nei limiti in cui il suo distacco non si risolve in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condomini. Ed è questo, per la verità, un orientamento giurisprudenziale che ha assunto, adesso, veste di diritto positivo in ragione del quarto comma del nuovo art. 1118 cc così come modificato dalla legge n. 220 del 2012 in vigore dal 18 giugno 2013, cc.dd. riforma del condominio, il quale ha, espressamente, ammesso la possibilità del singolo condòmino di distaccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento o di raffreddamento qualora questi dimostri che dal distacco non derivino notevoli squilibri di funzionamento od aggravi di spesa per gli altri condomini.
In altri termini, e in sintesi, il condòmino, dopo aver distaccato la propria unità abitativa dall’impianto di riscaldamento centralizzato, continuando a rimanere comproprietario dell’impianto centrale, continua ad essere obbligato a sostenere gli oneri relativi alla manutenzione e all’adeguamento del bene stesso, salva la possibilità di esonero con il consenso unanime di tutti i condomini, nonché continua ad essere obbligato a partecipare alle spese di consumo del carburante o di esercizio se e nella misura in cui il distacco non ha comportato una diminuzione degli oneri del servizio a carico degli altri condomini, perché se il costo di esercizio dell’impianto (rappresentato anche dall’acquisto di carburante necessario per l’esercizio dell’impianto) dopo il distacco non è diminuito e se la quota non sarebbe posta a carico del condòmino distaccante, gli altri condomini sarebbero aggravati nella loro posizione dovendo farsi carico anche della quota spettante al condòmino distaccato.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 marzo – 30 aprile 2014, n. 9526
Presidente Oddo – Relatore Scalisi
Svolgimento del processo
V.S. e S.A. condomini del Condominio di via (omissis) con atto di citazione del 10 luglio 2002 impugnavano davanti al Tribunale di Milano la deliberazione dell’assemblea dei condomini del 5 giugno 2002 relativamente alla ripartizione fra tutti i condomini delle spese dell’esercizio dell’impianto di riscaldamento. Sostenevano di noni essere tenuti a partecipare a tali spese perché sin dal luglio dell’anno 2000 avevano distaccato le loro unità dell’impianto comune senza inconvenienti per il medesimo e con risparmio energetico per gli altri condomini come accertato da CTP. Chiedevano, pertanto, la declaratoria di nullità o l’annullamento della deliberazione impugnata previo accertamento del loro diritto all’esonero dei detti oneri.
Si costituiva il Condominio eccependo la decadenza delle controparti del diritto ad impugnare ex art. 1137 cc., negava la legittimità del distacco operato dagli attori, sostenendo che era vietato dal regolamento condominiale e aveva prodotto disfunzioni all’impianto comune e non aveva procurato alcun risparmio energetico. Chiedeva, pertanto, il rigetto dell’impugnazione e in via riconvenzionale la condanna degli attori a ripristinare l’allacciamento della loro unità all’impianto comune di riscaldamento.
Il Tribunale di Milano con sentenza n. 14199 del 2004, esclusa la sussistenza delle disfunzioni dell’impianto di riscaldamento comune conseguenti al distacco delle unità degli attori e ritenuto che la mancata diminuzione dei consumi fosse preferibilmente ricollegabile a carenze manutentive dell’impianto, dichiarava nulla o comunque invalida la delibera impugnata.
Avverso questa sentenza proponeva appello il Condominio di via (…) riproponendo le stesse eccezioni e difese già svolte in primo grado.
Si costituivano gli appellati resistendo all’impugnazione e riproponendo la loro domanda di accertamento del loro diritto di essere esonerati dagli oneri relativi all’impianto di riscaldamento.
La Corte di Appello di Milano con sentenza n. 19 del 2007, accoglieva l’appello e in riforma della sentenza del Tribunale di Milano respingeva le domande proposte da V.S. e S.A. , respingeva la domanda riconvenzionale proposta dal condominio. La Corte milanese, richiamando un orientamento di questa Corte Suprema, il condòmino può rinunciare all’uso dell’impianto di riscaldamento centralizzato e distaccare la sua unità immobiliare dello stesso a condizione che non ne derivi disfunzione dell’impianto comune e fermo il suo obbligo di pagamento delle spese di conservazione di detto impianto, chiariva che il quantitativo di gasolio consumato nell’esercizio dell’impianto di riscaldamento comune negli anni successivi al distacco eseguito dalla V. e S. non è diminuito senza che ricorressero ragioni giustificative in senso favorevoli alla posizione degli appellati medesimi. Pertanto, il costo del gasolio andava posto anche a carico degli originali attori.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da V.S. e S. con ricorso affidato a due motivi. Il Condominio di vai (omissis) ha resistito con controricorso.
All’udienza del 27 giugno 2013 questa Corte rilevato che agli atti non si rinveniva la delibera dell’assemblea del Condominio di via (omissis) che autorizzasse, o ratificasse l’operato dell’amministratore a stare in giudizio, concedeva il termine di novanta giorni per la produzione della copia della suddetta delibera e rinviava la causa nuovo ruolo. In data 25 settembre 2013 l’avv. Spaziani Testa provvedeva a depositare la delibera richiesta.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo del ricorso V.S. e S.A. lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1137 cc. e degli artt. 112 e 116 cpc, (in relazione all’art. 360 n. 3 cpc.) nonché omessa, insufficiente e/o incongrua motivazione su un punto controverso della controversia (ex art. 360 n. 5 cpc). Secondo i ricorrenti la Corte milanese nell’aver affermato che “(..) il CTU (…) ha verificato che il quantitativo di gasolio consumato nell’esercizio dell’impianto di riscaldamento comune negli anni successivi al distacco eseguito dalla V. e S. non è diminuito senza che ricorressero ragioni giustificative in senso favorevole alla posizione degli appellati medesimi”, avrebbe valutato erroneamente le risultanze istruttorie ed in particolare le emergenze peritali acquisite e comunque insufficientemente motivato. A) Intanto, sempre secondo i ricorrenti, la Corte di merito avrebbe disatteso il parere espresso dal consulente tecnico d’ufficio designato nella procedura di istruzione preventiva aderendo alle verifiche operate dal CTU giustificando tale adesione con il mero e generico richiamo alle indagini approfondite asseritamene compiute dal CTU. B) E di più, sempre a dire dai ricorrenti, il ragionamento seguito dalla Corte di merito non consentirebbe di individuare il percorso logico giuridico seguito. A ben vedere l’ing. R. (il primo CTU) ha stimato un rilevante risparmio energetico mentre l’ing. C. (il secondo CTU) un consumo proporzionale agli enti ancora serviti dall’impianto ma nessuno dei due tecnici ha verificato un aggravio dei costi in termini di spesa per il combustibile. Per altro la valutazione dei quantitativi di combustibile consumati annualmente dall’impianto centralizzato fatta in base ai consuntivi annuali ante e post distacco non sarebbe attendibile poiché sarebbe influenzata dalle giacenze di combustibile del serbatoio dalle temperature esterne stagionali dal tipo di conduzione dell’impianto dalle condizioni di efficienza. E, comunque, secondo i ricorrenti resterebbe non comprensibile il ragionamento della Corte di merito laddove afferma che l’unica variazione dei consumi che potrebbe qui influire sarebbe quella direttamente ricollegabile al mancato utilizzo dell’impianto comune e del relativo servizio da parte dei condomini appellati che quanto meno per ora non si è verificata atteso che rimane sconnessa con le risultanze peritali.
Pertanto, concludono i ricorrenti dica la Suprema Corte se operato dal singolo condòmino il distacco del proprio impianto distacco ritenuto dal Giudice legittimo, il distaccante possa essere chiamato a pagare, oltre alle spese di conservazione dell’impianto comune anche quelle relative all’uso e in particolare quelle afferenti al costo del combustibile.
1.1.- Il motivo è infondato.
Va qui osservato che il motivo in esame ripropone una questione già affrontata e delibata da questa Corte Suprema ed è quella di stabilire quali oneri devono ancora sopportare (o quali oneri possono essere posti a carico dei) i condomini che hanno distaccato le proprie unità abitative dall’impianto centralizzato di riscaldamento.
Al riguardo, questa Corte ha ripetutamente (cfr7 Cass. 30.3.2006, n. 7518; 25.3.2004, n. 5974; 2.7.2001, n, 8924), affermato che il condòmino, può legittimamente rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini, tuttavia, permane il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell’impianto, e di quelle di gestione, se e nei limiti in cui il suo distacco non si risolve in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condomini. Ed è questo, per la verità, un orientamento giurisprudenziale che ha assunto, adesso, veste di diritto positivo in ragione del quarto comma del nuovo art. 1118 cc così come modificato dalla legge n. 220 del 2012 in vigore dal 18 giugno 2013, cc.dd. riforma del condominio, il quale ha, espressamente, ammesso la possibilità del singolo condòmino di distaccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento o di raffreddamento qualora questi dimostri che dal distacco non derivino notevoli squilibri di funzionamento od aggravi di spesa per gli altri condomini.
1.1.a). In altri termini, e in sintesi, il condòmino, dopo aver distaccato la propria unità abitativa dall’impianto di riscaldamento centralizzato, continuando a rimanere comproprietario dell’impianto centrale, continua ad essere obbligato a sostenere gli oneri relativi alla manutenzione e all’adeguamento del bene stesso, salva la possibilità di esonero con il consenso unanime di tutti i condomini, nonché continua ad essere obbligato a partecipare alle spese di consumo del carburante o di esercizio se e nella misura in cui il distacco non ha comportato una diminuzione degli oneri del servizio a carico degli altri condomini, perché se il costo di esercizio dell’impianto (rappresentato anche dall’acquisto di carburante necessario per l’esercizio dell’impianto) dopo il distacco non è diminuito e se la quota non sarebbe posta a carico del condòmino distaccante, gli altri condomini sarebbero aggravati nella loro posizione dovendo farsi carico anche della quota spettante al condòmino distaccato.
1.1.b).- Ciò posto, nel caso in esame la Corte milanese, fermo restando la legittimità di V. e S. di aver distaccato le propria unità abitativa dall’impianto centralizzato di riscaldamento, ha accertato che il quantitativo di gasolio consumato nell’esercizio dell’impianto di riscaldamento comune negli anni successivi al distacco eseguito dalla V. e S. non era diminuito senza che ricorressero ragioni giustificative in senso favorevole alla posizione degli appellati, originari attori e attuali ricorrenti. In particolare, la sentenza ha affermato che il CTU nella sua indagine, più approfondita da quella effettuata in sede di atp aveva verificato che: 1) il quantitativo di gasolio consumato nell’esercizio dell’impianto di riscaldamento comune negli anni successivi al distacco non era diminuito; 2) le modalità del distacco erano stati tali da non escludere completamente le unità degli attori dalla fruizione, sia pure in misura marginale, del calore erogato dall’impianto comune. Secondo il condominio quest’ultima affermazione si ricollega al rilevo del suo ctp (per altro contrastante con l’atp) secondo cui il ramo secondario che serviva i condomini era rimasto in esercizio e, avendo i condomini unicamente scollegato i radiatori, gli opponenti continuavano a godere del calore trasmesso dai tubi dell’impianto centralizzato che attraversavano le loro proprietà individuali. Pertanto, non essendo diminuito il costo di funzionamento dell’impianto di riscaldamento centralizzato, successivamente al distacco di cui si dice, la Corte di merito, correttamente, ha ritenuto legittima la delibera condominiale che aveva posto a carico di V. – S. la quota loro spettante in ordine al consumo di gasolio necessario per il riscaldamento centralizzato, anche se gli stessi non avevano goduto del relativo servizio.
1.2.- E, a ben vedere, la conclusione cui è pervenuta la Corte milanese, connessa semplicemente al dato che il costo per rimpianto di riscaldamento di cui si dice successivamente al distacco non era diminuito e che le relazioni peritali non avevano evidenziato ragioni (della mancata diminuzione del costo di gestione) favorevoli alla posizione dei V. e S. , non solo è condivisibile ma è anche esaustiva, e coerente alla normativa condominiale.
D’altra parte, non appare del tutto pertinente la censura relativa alla valutazione delle consulenze tecniche, né i ricorrenti hanno censurato il merito dell’affermazione secondo cui il costo per il funzionamento dell’impianto, nonostante il distacco di cui dice, non era diminuito, atteso che, ammesso pure che quel distacco avesse comportato un risparmio energetico, come sembra affermare la prima relazione peritale, quel risparmio, tuttavia, non aveva comportato un minor costo per il funzionamento dell’impianto rispetto agli anni precedenti al distacco.
2.- Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1104, 1118 e 1123, secondo comma, cc. (in relazione all’art. 360 n. 3 cpc) e, comunque, omessa, insufficiente contraddittoria motivazione su punti decisivi per il giudizio ex art. 360 n. 5 cpc secondo i ricorrenti posto che solo le spese indicate dall’art. 1104 cc. costituiscono obbligationes propter rem e per dette spese non è ipotizzabile che un condòmino si sottragga all’obbligo del relativo pagamento, ostandovi il disposto di cui all’art. 1118 secondo comma cc, che invece nulla dispone per gli oneri che attengono al relativo godimento va da se che ritenuto legittima la rinuncia del singolo all’uso dell’impianto centralizzato questi non potrà non essere esonerato in applicazione dell’art. 1123 cc, dal concorrere alle spese dell’energia elettrica del combustibile alias agli oneri accessori per l’erogazione. E di più, la Corte milanese ha acclarato la non diminuzione del quantitativo di gasolio consumato negli anni successivi senza che tale verifica sia stata compiuta dal CTU. Dica, pertanto, la Corte Suprema se è rispettosa dell’art. 1123 secondo comma, cc., la decisione assembleare di porre a carico del condòmino che si è distaccato dall’impianto termico centralizzato tutte le spese afferenti l’uso (elettricità, combustibile ecc.), anche qualora l’aggravio subito dagli altri sia minimo, anziché sopportare la contribuzione dei condomini distaccati a una quota corrispondente al relativo aggravio.
2.1- Il motivo, è inammissibile perché propone una questione nuova non proponibile per la prima volta, in cassazione. A ben vedere, con il motivo in esame i ricorrenti censurano un’erronea distribuzione degli oneri di gestione dell’impianto di riscaldamento di cui si dice, epperò, dalla precisazione delle conclusioni riportate nella sentenza impugnata (foglio B), nonché dalla parte espositiva della stessa sentenza impugnata (pag. 3) emerge che la domanda giudiziale avanzata dai sigg. V. e S. era diretta a far dichiarare che gli stessi “non erano più tenuti a contribuire agli oneri afferenti all’impianto condominiale limitatamente alle spese per il relativo uso”, ma quella domanda non comprendeva, anche, la censura alla delibera impugnata in quanto avrebbe dovuto addebitare in misura diversa ai sigg. V. e S. gli oneri di uso del sistema del riscaldamento centralizzato. Tuttavia, quanto al contenuto, sostanzialmente, questo motivo ripropone il primo motivo tanto che sembra costituisca una duplicazione esplicativa, e, in questi termini, può ritenersi anche assorbito dal primo motivo.
In definitiva, il ricorso va rigettato e i ricorrenti, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 cpc, condannati in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che verranno liquidate con il dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.