Non è consentito il rilascio di autorizzazione alla effettuazione di interventi edilizi su immobili abusivi in assenza della previa regolarizzazione degli illeciti in precedenza commessi
Tribunale Amministrativo Regionale della Campania-Sezione staccata di Salerno (Sezione Prima); Presidente Amedeo Urbano; Estensore Cons. Francesco Mele.
SENTENZA n° 544 del 07.03.2014
sul ricorso integrato da motivi aggiunti, proposto da:
***, rappresentato e difeso dall’avv. ***;
contro
Comune di Ispani in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall’avv. ****;
per l’annullamento
quanto al ricorso originario:
dell’ordinanza di demolizione opere edili n.28/2011;
quanto ai motivi aggiunti:
del provvedimento prot. n. 5842 del 26-10-2011, con il quale è stato disposto, in via di autotutela, l’annullamento del permesso di costruire n. 27/2010; dell’ordinanza di demolizione n. 44/2011;
di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Ispani in Persona del Sindaco P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2014 il dott. Francesco Mele e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso originario, notificato il 27-9-2011 e depositato il 27-10-2011, il signor *** impugnava dinanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale l’ordinanza del Comune di Ispani n. 28 del 25-7-2011, con la quale, in relazione ad un intervento di ristrutturazione edilizia eseguito dal ricorrente, era stata ingiunta la demolizione di opere realizzate in difformità dal permesso di costruire n. 27/2010.
Lamentava: 1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del t.u. n. 380/2001, assenza di contraddittorio, errore sui presupposti, carenza di motivazione; 2) Violazione degli artt. 33 e 34 del t.u. n. 380/2001, errore sui presupposti, carenza di motivazione; 3) Perplessità, contraddittorietà, violazione del principio di leale cooperazione.
Avendo successivamente l’Amministrazione disposto l’annullamento in autotutela, con provvedimento prot. n. 5842 del 26-10-2011, del richiamato permesso di costruire ed ingiunto, con ordinanza n. 44/2011, la demolizione delle opere riscontrate come abusive, il signor ***, con atto notificato il 27-12-2011 e depositato il 23-1-2012, proponeva motivi aggiunti, deducendo l’illegittimità dei sopra indicati provvedimenti e chiedendone l’annullamento.
Denunziava: Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies l. n. 241/1990, carenza di istruttoria, errore sui presupposti, difetto di motivazione, ingiustizia manifesta ed arbitrarietà, falsa applicazione degli artt. 31, 34 e 38 del t.u. n. 380/2001.
Instauratosi il contraddittorio, il Comune intimato si costituiva in giudizio, rilevando l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
Con ordinanza n. 665 del 14-3-2013 il Tribunale disponeva Consulenza Tecnica di Ufficio.
All’esito, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 23-1-2014.
DIRITTO
Il ricorso originario, proposto avverso l’ordinanza di demolizione n. 28 del 25 luglio 2011, fondata sulla asserita difformità delle opere realizzate rispetto al permesso di costruire n. 27/2010, è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Ed, invero, la portata lesiva di tale provvedimento nella sfera giuridica del ricorrente è certamente assorbita dai più gravosi provvedimenti adottati in corso di giudizio e, segnatamente, dal provvedimento di ritiro in autotutela del richiamato titolo abilitativo ( atto del 26-10-2011) e dalla conseguente ingiunzione di demolizione n. 44 dell’1-12-2011.
Alcun vantaggio, invero, potrebbe il sig. *** trarre dall’annullamento in sede giurisdizionale del primo ordine di demolizione, atteso che tale decisione non avrebbe incidenza alcuna sui successivi provvedimenti adottati dal Comune, i quali non solo gli impedirebbero di procedere all’ultimazione dei lavori progettati ma gli imporrebbero, altresì, la riduzione in pristino di parte dell’immobile esistente.
Va, inoltre, evidenziato che il successivo annullamento del permesso di costruire e la conseguente ordinanza di demolizione, fondata sul previo esercizio dell’autotutela, determinano l’evidente superamento ( così ponendola in non cale) della originaria sanzione, giustificata invece da riscontrate difformità rispetto al titolo abilitativo, che si assume esistente ed efficace.
Ciò posto, può passarsi all’esame della legittimità dell’annullamento in autotutela prot. n. 5842 del 26-10-2011 e della conseguente ordinanza di demolizione n. 44 dell’1-12-2011, provvedimenti oggetto di gravame con l’ atto di motivi aggiunti.
Il richiamato provvedimento di autotutela afferma l’illegittimità del permesso di costruire n. 27/2010 nella considerazione che esso è stato “ emesso sulla base di una rappresentazione dello stato di fatto non rispondente alla conformazione del manufatto come risultante dai titoli abilitativi edilizi “ in precedenza rilasciati ( aut. edil. Prot. n. 44/91 del 7-1-1991; aut. in variante prot. n. 2429 del 7-6-1994; concessione edilizia in sanatoria n. 37/98 del 25-9-1998; provvedimenti tutti intestati alla sig.ra ***).
Esso, invero, previa analitica descrizione, evidenzia che i grafici progettuali prodotti in sede di rilascio del citato permesso di costruire n. 27/2010 e rappresentanti lo stato di fatto riportano un manufatto edilizio diverso rispetto a quello assentito, di altezza maggiore, per mt. 1,50 alla gronda (h. mt. 4,50 in luogo dei mt. 3 autorizzati) e per mt. 2,45 al colmo ( h. mt. 6 in luogo dei mt. 3,55 originariamente assentiti), nonché di superficie e volumetria superiori ( mq. 33 in luogo di mq. 27 autorizzati, per un incremento volumetrico totale di mc. 84,67 circa).
Osserva il Tribunale che la disposta CTU – alle cui conclusioni il Collegio ritiene di aderire in relazione al condivisibile ed approfondito accertamento effettuato – conferma sostanzialmente la bontà dei rilievi posti dal Comune a fondamento dell’impugnato attodi autotutela.
Ed, invero, in risposta al quesito n. 2 ( pag. 50 della relazione) il Consulente ha evidenziato che effettivamente, nella consistenza effettivamente esistente prima dell’inizio dei lavori, “ l’immobile del ricorrente non risultava conforme ai titoli abilitativi rilasciati al suo dante causa in quanto le altezze utili del sottotetto pari a mt. 2,80 al colmo e a mt. 1,30 alla gronda risultavano: – maggiori delle altezze utili originariamente assentite con l’autorizzazione n. 45/91 ( 50 cm al colmo e 0 cm. alla gronda); – maggiori anche delle altezze utili riportate nel progetto depositato al Genio Civile il 30-1-1991 relativamente ai lavori di cui all’autorizzazione n. 45/91 ( 2,50 al colmo e 1 mt. alla gronda)”.
Vi è, dunque, come rilevato dall’ente locale nel provvedimento impugnato, una evidente difformità tra lo stato di fatto rappresentato a fondamento della richiesta di ristrutturazione edilizia ( da cui è scaturito il permesso di costruire oggetto di autotutela) e la consistenza del fabbricato quale ritualmente autorizzato in virtù dei pregressi titoli abilitativi.
Orbene, se si considera che un titolo edilizio rilasciato a seguito della presentazione di un progetto che modifica lo stato preesistente si riferisce – conformemente alla richiesta del privato – alle sole variazioni rispetto alla preesistenza, la quale si presume doverosamente legittima, atteso che non possono essere assentite modificazioni di un immobile originariamente abusivo senza la previa regolarizzazione di quest’ultimo, è evidente l’errore ( e, dunque, l’illegittimità) in cui è incorso il Comune di Ispani nel rilasciare il permesso di costruire n. 27/2010.
Esso, invero, ha assentito il richiesto intervento di ristrutturazione sull’erroneo presupposto della piena liceità urbanistica della preesistenza sulla quale si andava ad intervenire, la quale non è, quindi stata oggetto della determinazione abilitativa.
In tal modo, l’autorizzazione alla realizzazione di lavori edilizi è stata illegittimamente autorizzata su di una consistenza immobiliare parzialmente abusiva, senza che la nuova determinazione volitiva si riferisse anche alla regolarizzazione degli illeciti in precedenza commessi, trattandosi di circostanza non conosciuta, non rappresentata e, pertanto, non oggetto di esame da parte dell’amministrazione.
Orbene, giacchè – come sopra rilevato – non è consentito il rilascio di autorizzazione alla effettuazione di interventi edilizi su immobili abusivi in assenza della previa regolarizzazione degli illeciti in precedenza commessi, legittimamente il Comune si è determinato al ritiro in autotutela del permesso di costruire n. 27/2010, risultando lo stesso affetto da un evidente vizio di legittimità.
Ritiene, inoltre, il Tribunale che sussista nella specie un interesse pubblico prevalente, giustificativo dell’esercizio del potere di autotutela.
Si osserva, infatti, che l’atto di ritiro è intervenuto a non rilevante distanza temporale dal rilascio del titolo, ad opere edilizie non ancora ultimate e, comunque, all’esito di un articolato ed approfondito procedimento di controllo, che , in tutta la sua durata, ha comunque coinvolto il privato, il quale era, dunque, ben consapevole che il titolo abilitativo in precedenza rilasciato era oggetto di esame da parte del Comune.
L’interesse pubblico azionato, tra l’altro esplicitato nel provvedimento impugnato, riveniente nell’interesse alla corretta utilizzazione e modificazione urbanistica del territorio, risulta , dunque, prevalente e , di conseguenza, legittimamente giustificativo della determinazione assunta.
Ciò posto, ritiene, peraltro, il Collegio di dover svolgere alcune considerazioni sulla vicenda per cui è causa e sul vizio di legittimità riscontrato nel permesso di costruire annullato, le quali risultano utili a meglio definire i contenuti della prefata invalidità e, di conseguenza, a vagliare la legittimità dell’ordine di demolizione, n. 44/2011, successivamente adottato dal Comune.
Va al riguardo in primo luogo evidenziato che le anomalie dello stato di fatto rappresentato dal signor *** nella domanda di permesso di costruire attengono alla sua non conformità rispetto alle autorizzazioni edilizie originariamente rilasciate e non anche alla reale consistenza del manufatto esistente al momento di presentazione della pratica edilizia.
Invero, il CTU ha evidenziato ( cfr. pagg. 46, 47 e 49 della relazione) che lo stato di fatto rappresentato nei grafici allegati alla domanda di permesso di costruire era corrispondente a quello effettivamente esistente.
Ha pure chiarito ( pag. 50, in risposta al quesito n. 3) che “ l’epoca di realizzazione del manufatto di proprietà del ricorrente nella consistenza precedente al rilascio del permesso di costruire n. 27/10 è databile certamente all’epoca dei lavori strutturali di cui all’autorizzazione n. 45/91 ( anni 1991/1992)” .
Orbene, considerato che l’immobile per cui è causa è stato acquistato dal signor *** nell’anno 2008 , è evidente, sulla base delle circostanze sopra esposte e chiaramente emergenti dalla disposta CTU, che gli abusi edilizi originari ( la cui omessa considerazione ha originato l’illegittimità del permesso di costruire successivamente annullato) non sono stati commessi dall’attuale ricorrente, il quale, tra l’altro, in sede di richiesta di permesso di costruire, ha correttamente rappresentato lo stato di fatto in concreto esistente.
Ritiene, dunque, il Tribunale che se tali circostanze non sono di per sé sufficienti ad escludere il legittimo esercizio del potere di autotutela da parte dell’ente locale ( in ragione del prevalente interesse pubblico tutelato e della circostanza che il ripristino dell’equilibrio urbanistico violato ha come riferimento la res, non risultando decisiva in proposito la considerazione del soggetto in concreto autore dell’abuso ), esse comunque appaiono espressione di interessi ( in capo al privato) meritevoli di tutela, sub specie della loro necessaria considerazione in sede di adozione dei provvedimenti sanzionatori conseguenti all’esercizio del potere di autotutela.
Rileva in proposito il disposto dell’articolo 38 del DPR n. 380/2001 ( testo unico dell’edilizia) il quale, per l’ipotesi di annullamento del permesso di costruire, prevede che “ qualora non sia possibile , in base a motivata valutazione , la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente … applica una sanzione pecuniaria ….”, nonché dell’articolo 34, comma 2, del medesimo corpus normativo, secondo cui, in tema di difformità parziali dal titolo abilitativo, “quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio per la parte eseguita in conformità….applica una sanzione pecuniaria …”.
In osservanza delle citate norme e nella considerazione della peculiarità del caso concreto ( come sopra rappresentato), pertanto, il Comune di Ispani, prima dell’assunzione di una decisione radicale di rimessione in pristino, avrebbe dovuto valutare ( e conseguentemente esternarne in sede provvedimentale gli esiti ) in via principale la praticabilità di una sanatoria degli abusi in precedenza commessi in uno all’assentimento degli interventi di nuova realizzazione proposti e, in seconda battuta, l’irrogazione , in luogo della demolizione, di una sanzione pecuniaria ( via questa che appare ictu oculi necessitata con riferimento al contestato ampliamento di superficie del locale piano terra).
Le esposte considerazioni evidenziano, pertanto, la illegittimità dell’ordinanza di demolizione n. 44/2011, la quale deve, per l’effetto, essere annullata.
Le spese di CTU – liquidate come da dispositivo in favore dell’ing. *** – sono poste a carico di entrambe le parti ( ricorrente e Comune), ciascuno per la metà.
In considerazione della peculiarità della controversia e dell’esito della lite le altre spese di causa vanno integralmente compensate tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, così provvede:
dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso originario proposto avverso l’ordinanza n. 28/2011;
respinge il ricorso avverso l’atto di autotutela prot. n. 5842 del 26-10-2011 con le precisazioni in motivazione indicate;
accoglie il ricorso avverso l’ordinanza di demolizione n. 44/2011 e, per l’effetto, ne dispone l’annullamento.
Pone le spese di CTU – che si liquidano, in favore dell’ing. *** in complessivi euro 2.940,00 ( di cui euro 440 per spese), oltre IVA e Cassa – a carico del ricorrente e del Comune di Ispani, ciascuno per la metà.
Compensa per il resto tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2014 con l’intervento dei magistrati: Amedeo Urbano, Presidente; Francesco Mele, Consigliere, Estensore; Paolo Severini, Consigliere