In tema di condominio, l’allaccio di nuove utenze a una rete non costituisce di per sé un’indebita modifica della stessa, perché una rete di servizi, sia fognaria, elettrica, idrica o di altro tipo, è per sua natura suscettibile di accogliere nuove utenze; è pertanto onere del condominio, che ne voglia negare l’autorizzazione, dimostrare che l’allaccio di una sola nuova utenza incida sulla funzionalità dell’impianto, non potendo opporsi che il divieto all’allaccio sia finalizzato a impedire un mutamento di destinazione dell’unità immobiliare.
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile
Sentenza 3 giugno 2015, n. 11445
Condominio – Impugnazione di delibere assembleari – Modifiche alla cosa comune – Singolo condomino – Presupposti – Utilità non in contrasto con la specifica destinazione della medesima – Perdita della normale ed originaria destinazione – Esclusione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere
Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22328/2009 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO VIA (OMISSIS) (OMISSIS);
– intimato –
Nonche’ da:
CONDOMINIO VIA (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– c/ric. e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente all’incidentale –
avverso la sentenza n. 5235/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 17/12/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/02/2015 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente che ha chiesto accoglimento degli scritti depositati;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso e l’accoglimento delle difese depositate e produce cartolina di ricevimento dei documenti prodotti ex articolo 372 c.p.c.;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Sono ancora contese, a partire dal 1992, alcune questioni condominiali relative al Condominio di via (OMISSIS).
Davanti al locale tribunale sono state riunite due cause: la prima, iniziata il 16.12.1992 da (OMISSIS), per impugnare la delibera assembleare del 20 ottobre 1992.
La seconda, avviata dal Condominio contro (OMISSIS), per ottenere la eliminazione di un secondo cancello di accesso carrabile aperto dalla convenuta nel muro condominiale; per negare il collegamento idrico e fognario della c.d. stanza autisti di proprieta’ (OMISSIS) alla rete fognaria; per avere quest’ultima ampliato il c.d. chalet, appoggiandolo al muro di cinta. Stando alla sentenza impugnata, il tribunale di Roma:
– ha ritenuto legittimo l’ampliamento del vano di accesso da pedonale a carrabile;
– ha ritenuto illegittima la delibera condominiale che limitava alla (OMISSIS) di usufruire dell’area comune, sottoposta a recinzioni e catene con la consegna delle chiavi solo a portiere e amministratore;
– ha affermato il diritto di (OMISSIS) di godere dell’impianto di riscaldamento nel locale autisti e di installarvi un bagno collegato alla rete fognaria;
– ha respinto la domanda del Condominio relativa all’appoggio dello chalet.
La Corte di appello con sentenza 17 dicembre 2008, in accoglimento dell’appello principale spiegato da (OMISSIS), ha annullato la deliberazione limitatamente alla parte relativa all’uso della piazzola comune e ha condannato il Condominio alla consegna delle chiavi di recinzioni e catene.
Ha annullato la delibera anche nella parte in cui limitava l’uso del viale e della piazzola solo per le situazioni di emergenza.
Ha condannato il Condominio a consentire il riallaccio dell’impianto di riscaldamento nel locale autisti. Ha rigettato la doglianza relativa alle spese.
In accoglimento dell’appello incidentale del Condominio, la Corte di appello ha condannato (OMISSIS) a ripristinare le dimensioni del secondo cancello carrabile, qualificandolo come innovazione che avrebbe dovuto essere approvata con la maggioranza di cui all’articolo 1120 c.c..
Ha rigettato le doglianze del Condominio relative al bagno e alla trasformazione interna del locale autisti e all’ampliamento dello chalet.
(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 14 ottobre 2009, con due motivi.
Il Condominio, oltre a resistere, ha svolto ricorso incidentale spiegando sette censure, alle quali (OMISSIS) ha opposto controricorso.
Nel dicembre 2009 il Condominio ha depositato verbale assembleare che autorizza l’amministratore alle difese in cassazione.
E’ pervenuta memoria della ricorrente principale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2) Infondatamente parte ricorrente (OMISSIS) ha eccepito l’inammissibilita’ del controricorso del Condominio con riguardo alla delibera dell’amministratore.
La delibera di ratifica adottata il 10 dicembre 2009, con la presenza di 8 condomini su 11 e la maggioranza espressa da 866 millesimi di proprieta’, con la conferma della difesa condominiale affidata all’avv. (OMISSIS) per resistere al ricorso e proporre ricorso incidentale, rende vane, per quanto necessario, tutte le osservazioni contenute nel controricorso incidentale, comunque inconsistenti con riguardo alla adozione dell’autorizzazione iniziale perche’ rilasciata dai “singoli condomini” e non dal Condominio e al mandato allo Studio “(OMISSIS) (OMISSIS) e partners” e non all’avvocato (OMISSIS).
Cass. SU 18331/10 ha chiarito che l’amministratore puo’ validamente intraprendere o costituirsi nel giudizio di cassazione, salva produzione della successiva ratifica del suo operato da parte dell’Assemblea.
Invano quindi (OMISSIS) afferma che si tratterebbe di atto non ricompreso tra quelli ammessi ex articolo 372 c.p.c..
3) Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1102, 1120 e 1139 c.c., contraddittoria motivazione.
La Corte di appello ha condannato (OMISSIS) a ripristinare il cancello pedonale trasformato in carrabile, accogliendo la censura relativa ad un ampliamento effettuato “senza autorizzazione del condominio”. Ha ritenuto che trattasi di innovazione per la quale occorre la maggioranza qualificata, perche’ si tratterebbe di opera nuova che altera la cosa comune, modificandone la forma, come tale preclusa ancorche’ la modificazione sia volta a migliorarne il godimento.
Parte ricorrente con puntuale quesito ha chiesto che sia affermato che ogni condomino puo’ ampliare una preesistente apertura sul muro condominiale, che delimita la proprieta’ condominiale, onde accedere attraverso essa all’interno della proprieta’ esclusiva, situata all’interno del complesso condominiale: “tenuto conto che tale ampliamento non altera la destinazione del muro stesso e non impedisce agli altri condomini di farne paramenti uso secondo il loro diritto”.
3.1) La doglianza e’ fondata. Contrariamente a quanto sostenuto in controricorso, la Corte di appello non ha accertato, come avrebbe dovuto fare, se l’ampliamento dell’apertura avesse alterato la destinazione d’uso della cosa comune, che e’, si badi, il muro e non il varco; ne’ ha stabilito se fosse stato alterato il decoro architettonico del fabbricato o sia stata reso impossibile il pari uso del bene agli altri condomini.
Ha infatti equiparato l’opera del singolo sul bene comune ad una innovazione e l’ha ritenuta soggetta a delibera condominiale maggioritaria.
Sono stati cosi’ violati gli articoli 1102 e 1120 c.c..
Il disposto dell’articolo 1102 c.c., e’ nel senso che ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene comune un’utilita’ piu’ intensa o anche semplicemente diversa da quella ricavata eventualmente in concreto dagli altri comproprietari, purche’ non ne venga alterata la destinazione o compromesso il diritto al pari uso.
A tal fine il singolo condomino puo’ apportare alla cosa comune le modificazioni del caso, sempre sul presupposto che l’utilita’, che il condomino intenda ricavare dall’uso della parte comune, non sia in contrasto con la specifica destinazione della medesima (Cass. 12310/11) o, a maggior ragione, che essa non perda la sua normale ed originaria destinazione (Cass. 1062/11).
Pertanto si e’ comunemente ritenuto che l’apertura di finestre ovvero la trasformazione di luci in vedute su un cortile comune rientra nei poteri spettanti ai singoli condomini ai sensi dell’articolo 1102 c.c., (Cass. 13874/10); si e’ considerato compatibile con il disposto dell’articolo 1102 c.c., il taglio parziale del tetto per ricavarne un terrazzo (Cass. 14102 e 14107/12; 2500/13). Si e’ affermato, con singolare consonanza al caso odierno, che l’apertura nell’androne condominiale di un nuovo ingresso a favore dell’immobile di un condomino e’ legittima, ai sensi dell’articolo 1102 c.c., in quanto, pur realizzando un utilizzo piu” intenso del bene comune da parte di quel condomino, non esclude il diritto degli altri di farne parimenti uso e non altera la destinazione del bene stesso (Cass. 42/2000; 8591/99; 24295/14).
3.2) La Corte di appello ha quindi sbagliato, commettendo un errore di sussunzione (falsa applicazione di legge), nell’affermare che l’opera denunciata costituisce innovazione ai sensi dell’articolo 1120 c.c..
Detta norma, va ripetuto, si riferisce non alle opere intraprese dal singolo per realizzare un miglior uso della cosa comune ai sensi dell’articolo 1102 c.c., ma a quelle volute dall’assemblea condominiale con la maggioranza prescritta.
Nondimeno, l’articolo 1120, comma 2 – nella parte in cui vieta le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilita’ o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico – e’ applicabile all’ipotesi di opera, come quella in esame, effettuata con le finalita’ di cui all’articolo 1102 c.c. (Cass. 3084/94).
Questa affermazione e’ comune nella giurisprudenza della Corte, per quanto concerne la lesione del decoro architettonico (Cass. 14607/12; 12343/03).
Essa trova fondamento soprattutto nel collegamento che deve farsi tra gli articoli 1102, 1120 e, quando si tratti di opere eseguite sulla porzione di proprieta’ esclusiva, articolo 1122 c.c..
L’articolo 1120 c.c., comma 4, e’ la norma che ha individuato gli interessi condominiali che non possono essere lesi neppure con le innovazioni deliberate a maggioranza dall’assemblea condominiale.
Ne consegue dal punto di vista logico che e’ giustificata l’applicabilita’ di questa norma sia alle modifiche che il singolo partecipante apporta alla cosa comune per servirsene piu’ intensamente, sia alle attivita’ del singolo su cosa propria comunque finalizzate all’uso piu’ intenso della cosa comune(cfr Cass. 18350/13).
Ne e’ stato consapevole anche il legislatore della riforma (legge 11 dicembre 2012 n. 220, entrata in vigore il 17 giugno 2013), che ha completato l’articolo 1122, recependo nel testo novellato l’insegnamento giurisprudenziale che aveva gia’ interpretato la norma nel senso prima esposto.
Nel caso di specie la Corte di appello, distratta dall’applicazione dell’articolo 1120 c.c., sotto il profilo delle maggioranze assembleari, disposizione ritenuta erroneamente assorbente, non ha neppure tratteggiato con precisione le caratteristiche dell’opera e dei diritti vantati da (OMISSIS) (proprieta’ esclusive, servitu’, etc.).
Restano pero’ rimarchevoli le circostanze riferite in ricorso, relative alla preesistenza di altro cancello oggi occluso da una pianta posta all’ingresso, e ogni elemento afferente alla stabilita’, alla sicurezza e al decoro dell’edificio condominiale. E’ su questi aspetti, di ricognizione della fattispecie e valutazione delle modifiche, che dovra’ essere portato, se necessario, il riesame in sede di rinvio, nel quale il giudice si atterra’ al seguente principio di diritto: “Ogni condomino, nel caso in cui il cortile esclusivo o comune sia munito di recinzione confinante con area pubblica o altra area dello stesso condominio, puo’ apportare a tale recinzione, se di proprieta’ condominiale, senza bisogno del consenso degli altri partecipanti alla comunione, tutte le modifiche che gli consentono di trarre dal bene comune una particolare utilita’ aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini e, quindi, procedere anche all’apertura o all’ampliamento di un varco di accesso al cortile condominiale o alla sua proprieta’ esclusiva, purche’ tale varco non alteri la destinazione del muro e delle altre cose comuni, non comprometta il diritto al pari uso e non arrechi pregiudizio alla stabilita’, alla sicurezza e decoro architettonico del fabbricato”.
L’accoglimento del primo motivo del ricorso principale comporta l’assorbimento del secondo, che e’ relativo al regolamento globale delle spese di lite.
4) Ricorso incidentale del Condominio.
I primi tre motivi del ricorso del Condominio riguardano la regolamentazione limitativa del viale e della piazzola comune.
In proposito la sentenza di appello ha annullato la deliberazione condominiale, che: prevedeva l’apposizione di catene e paletti per impedire l’accesso ai condomini; stabiliva la consegna delle chiavi solo all’amministratore e al portiere; consentiva l’uso del viale e della piazzola solo in situazioni di emergenza.
La Corte di appello ha pero’ prima confermato, respingendo un profilo di impugnazione di (OMISSIS), la sussistenza del potere dell’assemblea; ha reputato che la materia era stata validamente trattata, essendo stata posta all’ordine del giorno la disciplina della sistemazione e regolamentazione degli accessi alla proprieta’ condominiale.
Il Condominio ravvisa in questa decisione: a)contraddittorieta’ della motivazione, perche’ prima avrebbe affermato il potere di deliberare e poi lo avrebbe negato con l’annullamento di quanto deliberato, b) contraddittorieta’ tra motivazione e dispositivo e interna al dispositivo, con conseguente nullita’ della decisione, perche’: in un capo del dispositivo si riferisce solo all’uso della piazzale e in un altro anche all’uso del viale;gli annullamenti contenuti nel dispositivo contrasterebbero con quelli argomentati in motivazione. c) insufficienza della motivazione nella parte in cui, annullando la delibera, non avrebbe considerato che essa era finalizzata a garantire un interesse comune e che in tale ottica era giustificato l’affidamento delle chiavi all’amministratore e al portiere; non sarebbe stato quindi ponderato “l’interesse di tutta la collettivita’ condominiale”.
4.1) Le censure sono infondate.
Va premesso che non sussiste alcuna contraddizione intima della sentenza, nel punto sub a), giacche’ essa ha affermato che sussisteva il potere di deliberare dell’Assemblea in materia di regolamentazione degli accessi e dell’uso di viale e piazzola, in quanto regolarmente convocata, ma cio’ non implicava la legittimita’ dei deliberati, soggetti a specifico sindacato di legittimita’.
E’ bene poi chiarire (lo ricorda il controricorso a pag. 6) che il tribunale aveva gia’ dichiarato illegittima la deliberazione, nella parte in cui aveva soppresso di fatto la facolta’ di godimento dei condomini, “mediante la consegna delle chiavi soltanto al portiere e all’amministratore”.
La pronuncia di appello, nell’accogliere l’impugnazione proposta da (OMISSIS), ha precisato, completando l’avaro dictum della sentenza del giudice onorario aggregato, che l’appellato Condominio era tenuto a consegnare all’appellante principale “le chiavi delle catene e dei paletti” apposti sulla piazzola, dei quali il tribunale si era limitato a dichiarare l’illegittimita’. Ha inoltre aggiunto che la delibera era da annullare nella parte in cui consentiva l’uso del viale e della piazzola soltanto in situazioni di emergenza.
Le doglianze di parte ricorrente quanto al punto b) sono smentite dalla complessiva portata della motivazione, coerente con quanto osservato in ordine alla materia della convocazione, che ha preso in esame tutta la regolamentazione degli accessi e dell’uso degli spazi, viale e piazzola, cosicche’ la precisazione di essi vale solo a esplicitare la materia del contendere e della decisione. Le doglianze sono poi infondate laddove lamentano la mancata considerazione degli interessi condominiali e tornano a sostenere la legittimita’ della restrizione della disponibilita’ delle chiavi. E’ proprio questa la ratio ineccepibile che sorregge il necessario annullamento della delibera, sia quanto alla consegna delle chiavi a due fiduciari, sia la limitazione di uso, sempre previa disponibilita’ di costoro, ai casi di emergenza.
4.2) E’ innegabile che la motivazione della Corte di appello sia sul punto alquanto sbrigativa, ma si puo’ desumere, dalle espressioni usate, che il fondamento della decisione riposi nell’aver ritenuto illegittima la delibera relativa alla consegna delle chiavi, “in quanto comprime in modo radicale il diritto di comproprieta’ dell’istante fino a compromettere la libera facolta’ di (OMISSIS) di liberamente accedere alla propria porzione immobiliare”.
Infatti tanto nel rigettare l’appello del Condominio circa la delimitazione della piazzola (pag. 13 punto 2), quanto nell’accogliere la impugnazione (OMISSIS) relativa all’uso in condizioni di emergenza, e’ stato fatto richiamo alla parte di motivazione relativa alla detenzione delle chiavi e alle conseguenze connesse. In particolare sul secondo punto (pag. 15 in fine) e’ stato ribadito il richiamo all’articolo 1102, gia’ esposto in conclusione dell’argomentazione sul punto relativo alle chiavi.
4.3) L’annullamento relativo all’uso solo emergenziale si poneva quindi quale necessario e consequenziale corollario di una delibera di cui era venuto a mancare il costrutto portante. Cio’ perche’ ogni deliberazione assembleare sull’uso della cosa comune non deve comunque incidere sui diritti dei singoli condomini, ne’ sottrarre il bene alla sua destinazione principale (cfr utilmente Cass. 144/12; 7711/07) o comunque risolversi in un’amputazione anomala delle facolta’ d’uso dei beni comuni.
I giudici di merito hanno invece ritenuto, conformemente a legge e in modo del tutto logico e coerente (dunque non sindacabile da parte del giudice di legittimita’), che nella specie sussistano tali violazioni e che quindi sia illecito escludere di fatto i condomini dall’accesso a un viale e a una piazzola comune cioe’ da beni per vocazione destinati al passaggio e alla sosta sia pure temporanea e regolamentata -.
Cio’ e’ quanto inevitabilmente accade allorquando, come nella specie, l’uso sia subordinato alla presenza e al consenso di due fiduciari e quanto si puo’ per conseguenza ritenere allorche’, in detta condizione, sia consentito, con evidente arbitrio e casualita’, un uso ristretto a una impalpabile condizione di “emergenza”, espressione che nel contesto condominiale dell’uso di questi beni assume la portata descritta dalla Corte di appello nel passo soprariportato nel paragrafo 4.2).
5) Il quarto motivo denuncia insufficiente motivazione in ordine alla denuncia di illegittimita’ dell’allaccio all’impianto di riscaldamento condominiale del radiatore della c.d. “stanza autisti” di (OMISSIS). Secondo il Condominio la Corte non avrebbe adeguatamente considerato: che dette stanze erano catastalmente individuate come cantine; contraddistinte da una dichiarazione del Sindaco che nel 1964 definiva l’uso di “autorimessa privata”; prive del certificato di abitabilita’.
Anche in questo caso la motivazione resa dalla Corte di appello, che ha riconosciuto il diritto di (OMISSIS) all’allacciamento, e’ asciutta, ma incensurabile: si basa sulla configurazione di tale allacciamento “quale corollario del diritto di proprieta’ e del conseguente godimento delle parti e dei servizi comuni”.
Va infatti ribadito che, ai sensi dell’articolo 1102 c.c., comma 1, ciascun condomino e libero di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilita’, purche’ non alteri la destinazione della cosa comune e consenta un uso paritetico agli altri condomini. Giova ricordare, con Cass. civ., sez. 2 , 17-10-2007, n. 21832 che in tema di condominio, l’allaccio di nuove utenze ad una rete non costituisce di per se’ una indebita modifica della stessa, perche’ una rete di servizi – sia fognaria, elettrica, idrica o di altro tipo – e’ per sua natura suscettibile di accogliere nuove utenze; e’ pertanto onere del condominio, che ne voglia negare l’autorizzazione, dimostrare che, nel caso particolare, l’allaccio di una sola nuova utenza incide nella funzionalita’ dell’impianto, non potendo opporsi che il divieto all’allaccio sia finalizzato ad impedire un mutamento di destinazione della unita’ immobiliare.
Quale sia poi l’utilizzo del bene, e in particolare l’osservanza della legislazione urbanistica, e’ questione che esula dall’obbligo del giudice di merito di motivare oltre. Non e’ stato infatti a lui denunciato – e qui riproposto – un nuovo uso della porzione esclusiva, che si ripercuota illecitamente sui beni comuni, ma solo l’illegittimita’ dell’allaccio, che e’ invece consentito.
6) Quinto e sesto motivo del ricorso del Condominio sono invece fondati.
Essi concernono l’ampliamento del corpo di fabbrica definito “chalet”. Di tale ampliamento, eseguito “sino ad arrivare al muro di confine” di proprieta’ condominiale, il Condominio si era doluto in appello, come viene riferito diligentemente in sede di ricorso incidentale, il che e’ puntualmente verificabile. Ivi, nel dolersi dell’appoggio di detto ampliamento al muro condominiale, il Condominio ha dedotto quanto a suo avviso non era stato compreso dal primo giudice, cioe’ che l’autorizzazione data nel 1972 ad (OMISSIS) non riguardava l’ampliamento, ma solo altre opere e che l’esecuzione dell’ampliamento contestato era incontroversa, perche’ ammessa da (OMISSIS).
La sentenza di appello si e’ sbarazzata di questa censura osservando che l’ampliamento non era stato oggetto della consulenza tecnica e che “in ogni caso il ctu avrebbe potuto accertare l’attuale situazione di fatto ma non quella originaria da comparare a quella presente. Pertanto non puo’ dirsi raggiunta una prova certa e tranquillante al riguardo”.
Come dedotto da parte ricorrente incidentale, tale motivazione e’ gravemente insufficiente.
Non ha infatti tenuto conto del fatto, potenzialmente decisivo, che e’ stato valorizzato in appello e ribadito in questa sede, che era stata la stessa (OMISSIS) ad ammettere che la esecuzione dei lavori di cui trattasi risaliva al 1972, cioe’ a epoca successiva alla costruzione originaria. Lo aveva fatto a pag. 8 (in principio) della comparsa di risposta in tribunale e negli altri atti indicati dal Condominio, sostenendo che era stata autorizzata.
I giudicanti di merito dovevano quindi valutare solo se sussistesse la autorizzazione invocata o altro titolo legittimante il mantenimento dell’opera. Errato e illogico, perche’ contrastante con l’ammissione della parte esecutrice dell’ampliamento, e’ invece. il rilievo della Corte d’appello che non sia stata data prova della situazione originaria, potendo essa scaturire da dette dichiarazioni.
Si impone quindi sul punto un completo riesame del motivo di appello del Condominio, sede in cui potranno trovare considerazione le argomentazioni esposte in controricorso circa le ragioni che vengono opposte (esempio: usucapione, risultanze testimoniali) all’accoglimento del gravame.
7) Infondato e’ il settimo motivo, che riguarda omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione sull’allaccio del bagno realizzato nella stanza autisti all’impianto fognario condominiale.
Il Condominio sostiene che nell’atto di appello aveva denunciato che la lamentela riguardava la trasformazione della stanza autisti in abitazione senza autorizzazione del Condominio.
(OMISSIS) ha replicato (controricorso pag. 14) che tale domanda – nuova e inammissibile – era stata svolta solo nella comparsa di risposta in appello, cui era seguito il rifiuto del contraddittorio.
In realta’ la questione della trasformazione della stanza autisti “in unita’ abitativa” risulta gia’ trattata dal tribunale nella penultima pagina della sentenza.
Ivi il tribunale ha respinto le lamentele del Condominio osservando che trattasi di questione di natura pubblicistica su cui deve pronunciarsi la P.A. alla quale era stato richiesto il condono.
Questa ratio e’ stata confermata dalla Corte di appello, la quale ha anche ripetuto, con piu’ espliciti accenti, che l’allaccio del bagno creato ex novo da (OMISSIS) non comporta aggravio alcuno all’impianto fognario condominiale.
In questa sede si deve ribadire quanto gia’ osservato al paragrafo 5 circa l’impianto di riscaldamento condominiale.
L’allaccio della unita’ immobiliare di proprieta’ esclusiva alla rete fognaria non e’ di per se’ vietato.
Ne’ il condominio puo’ opporsi a un utilizzo del bene, sol perche’ sia improprio dal punto di vista urbanistico.
Per farlo deve dedurre e dimostrare un pregiudizio delle cose comuni, potendo altrimenti la modifica di destinazione d’uso giustificare la revisione delle tabelle millesimali. Consta infatti che trattavasi di un locale condominiale legittimamente edificato, tradizionalmente frequentato da persone – tanto da essere chiamato appunto “stanza autisti” – e dunque da dotare di servizi igienici.
Non si ravvisano quindi le insufficienze motivazionali lamentate dal Condominio, che, si badi, non ha denunciato una violazione di legge ed ha del tutto genericamente esposto che l’uso del bene privato sia in contrasto con il regolamento condominiale, profilo che non risulta trattato dai giudici di merito, con la conseguente inammissibilita’ (Cass. 20518/08; 18440/07) in questa sede.
La sentenza impugnata va cassata e la cognizione rimessa ad altra sezione della Corte di appello di Roma per nuovo esame dei profili delle impugnazioni relativi ai motivi accolti o rimasti assorbiti e per la liquidazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso principale; assorbito il secondo.
Accoglie quinto e sesto motivo del ricorso incidentale, respinti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per spese ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che provvedera’ anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.