E’ nulla la disposizione del regolamento condominiale di natura contrattuale, e ciò per nullità sopravvenuta conseguente all’introduzione con la legge 220/12 del disposto dell’ultimo comma dell’articolo 1138 c.c., a mente del quale le norme del regolamento non possono vietare di possedere e detenere animali domestici

 

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Tribunale di Cagliari con l’ordinanza del 22 luglio 2016
TRIBUNALE ORDINARIO di CAGLIARI
SEZIONE SECONDA CIVILE
Nella causa civile iscritta al n. r.g. 7170/2014 promossa da:
LS, elettivamente domiciliato in VIA *** 10 CAGLIARI, presso lo studio
dell’avv. GIURESSI ENRICO che la rappresenta e difende per procura a margine del ricorso
ricorrente
contro
CONDOMINIO X, elettivamente domiciliato in VIALE S. ***, 102 – 09122 CAGLIARI, presso lo
studio dell’avv. VITIELLO PIETRO BIAGIO, che la rappresenta e difende per procura a margine
della comparsa
resistente
Il Giudice dott. Valeria Pirari,
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 29/06/2016, ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Si premette che, con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., LS, assumendo di essere proprietario, in virtù di
atto di compravendita del 25 settembre 2007, dell’immobile, ad uso civile abitazione, e del giardino
di X mq., sito in Comune di Carloforte, località Isola Piana, identificato in catasto al foglio X,
mappali X, sub X ricompreso nelle più ampio condominio denominato “Condominio X”, e di essere
proprietario di un cane di piccola taglia, ha chiesto che, in via principale, venisse dichiarato nullo
e/o venisse annullato e/o venisse comunque dichiarato privo di efficacia l’art. 7 del regolamento del
condominio, che vietava di tenere all’Isola Piana animali domestici, e che per l’effetto venisse
consentito al proprio cane l’accesso al condominio, evidenziando la nullità sopravvenuta della
predetta disposizione per effetto della modifica dell’art. 1138, ultimo comma, c.c., intervenuta con
l’art. 16 L. n. 220/2012, a mente del quale le norme del regolamento non potevano vietare di
possedere e detenere animali domestici, e dell’art. 155 disp. att. c.c., a mente del quale le
disposizioni contrarie avrebbero cessato di aver effetto.
Costituitosi con comparsa depositata in data 9 dicembre 2014, il Condominio X Isola Piana ha
chiesto, preliminarmente, che venisse ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti di
MM e SA quali litisconsorti necessari, in via principale, il rigetto delle domande e, in subordine, la
conferma della legittimità del divieto e la conseguente disposizione in merito all’obbligo di tenere il
cane all’interno dell’appartamento e, solo in ulteriore subordine, nel giardino di pertinenza,
sostenendo innanzitutto la natura contrattuale del regolamento, predisposto dall’originario unico
proprietario e costruttore dello stabile condominiale e richiamato, in quanto tale, nei singoli atti di
trasferimento e dunque approvato dai singoli acquirenti (come da atto di acquisto del ricorrente,
contenente l’obbligo da quest’ultimo assunto di far osservare il regolamento di condominio
depositato presso il notaio AF, con verbale del 17 ottobre 1979), mentre l’innovazione introdotta nel
2012 riguardava i soli regolamenti assembleari assunti a maggioranza, e inoltre la finalità perseguita
dalla disposizione impugnata, ravvisabile nella necessità di tutelare le porzioni condominiali e di
proprietà esclusiva dal pericolo contro eventuali imbrattamenti, stante l’assenza di delimitazioni
materiali nei giardini, e fastidi derivanti dall’eventuale abbaiare di cani.
***
Ciò premesso, il ricorso è fondato e deve pertanto trovare accoglimento.
Deve infatti ritenersi che la disposizione di cui all’art. 7 del regolamento del condominio oggi
impugnato sia affetta da nullità sopravvenuta, conseguente all’introduzione, con la L. n. 220/2012,
del disposto di cui all’art. 1138, u.c., cod. civ., a mente del quale “le norme del regolamento non
possono vietare di possedere o detenere animali domestici”.
La predetta disposizione, infatti, deve reputarsi applicabile, contrariamente a quanto sostenuto dal
condominio resistente, a tutte le disposizioni con essa contrastanti, indipendentemente dalla natura
dell’atto che le contiene (regolamento contrattuale ovvero assembleare) e indipendentemente dal
momento dell’introduzione di quest’ultimo (primo o dopo la novella del 2012).
E deve contestualmente affermarsi come l’eventuale norma regolamentare difforme da tale precetto
sia inficiata da nullità, siccome contraria ai principi di ordine pubblico, ravvisabili, per un verso,
nell’essersi indirettamente consolidata, nel diritto vivente e a livello di legislazione nazionale, la
necessità di valorizzare il rapporto uomo-animale e, per altro verso, nell’affermazione di
quest’ultimo principio anche a livello europeo.
L’introduzione del citato divieto è stata invero preceduta dai principi elaborati dalla giurisprudenza
che, nel prendere posizione in merito alla legittimità dei regolamenti che vietavano l’accesso e il
mantenimento di animali domestici negli appartamenti, aveva più volte sostenuto la necessità che
essi fossero espressione, in caso di regolamenti assembleari, dell’unanimità dei consensi del
condomini, siccome atti ad incidere, menomandole, sulle facoltà comprese nel diritto di proprietà,
sia comune che esclusivo, dei singoli ovvero, in caso di regolamenti contrattuali (quelli predisposti
dall’originario unico proprietario), che fossero richiamati negli atti di acquisto, costituendosi con
essi servitù reciproche (cfr per tutte Cass. 25.10.2001, n. 13164; Cass. 15.2.2011, n. 3705), oltre a
riconoscere il diritto di visita in carcere al cane del detenuto, in quanto membro della famiglia, o
ammettere il diritto di visita in ospedale al cane del paziente ricoverato, costituendo il rapporto
uomo-animale un’attività realizzatrice della personalità umana.
Quanto alla legislazione interna, vanno richiamati la L. 14 agosto 1991, n.281 (legge-quadro in
materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo), con la quale è stata prevista la
condanna degli atti di crudeltà, maltrattamenti e abbandono degli animali, al fine di favorire la
corretta convivenza tra uomo e animale (art. 1), la L. 189/2004, che ha introdotto nel codice penale i
nuovi delitti di “animalicidio” e di maltrattamento di animali, di cui agli artt. 544 bis e ss. c.p., e
l’art. 31 Legge 120/2010 (nuovo Codice della Strada) e il successivo Decreto Ministeriale attuativo
9 ottobre 2012 n.217, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 289 del 12.12.2012, che ha disposto
l’obbligo di fermarsi a soccorrere l’animale ferito in caso di incidente.
A livello europeo, infine, vanno richiamati la Convenzione europea per la protezione degli animali
da compagnia, firmata a Strasburgo il 13.11.1987 e ratificata ed eseguita in Italia con la Legge
201/2010, nella quale è sancito l’obbligo morale dell’uomo “di rispettare tutte le creature viventi” e
l’importanza degli animali da compagnia e il loro valore per la società per il contributo da essi
fornito alla qualità della vita, e il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, ratificato dalla
Legge 130/2008, il quale, all’articolo 13, stabilisce che l’Unione e gli Stati membri “tengono
pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti”.
Alla luce di quanto detto, non può condividersi l’orientamento che vorrebbe limitare l’ambito
applicativo dell’introdotto divieto ai soli regolamenti successivi all’entrata in vigore della norma o ai
soli regolamenti assembleari, essendo stati con la novella del 2012 sostanzialmente codificati, anche
in ambito condominiale, i principi già operanti nel diritto vivente e nella legislazione nazionale e
internazionale, frutto dell’evoluzione, nella coscienza sociale, della rinnovata considerazione del
rapporto uomo-animale, assurto, secondo quanto da qualcuno sostenuto e da questo giudice
condiviso, a espressione dei più generali diritti inviolabili di cui all’art. 2 Cost.
Ma se così è (e in questo senso si ritiene di dover procedere nell’interpretazione della norma), non vi
è chi non veda come il divieto scolpito dall’ultimo comma dell’art. 1138 c.c. costituisca espressione
dei principi di ordine pubblico, dalla cui violazione discende necessariamente la nullità insanabile
della statuizione ad esso contraria.
E del resto dal mero inquadramento geografico della norma non può trarsi alcun elemento idoneo a
restringerne la portata ai soli casi di regolamento c.d. assembleare.
Se è vero che le disposizioni contenute nei commi precedenti dell’art. 1138 c.c. dettano regole in
ordine ai casi in cui l’adozione del regolamento diviene obbligatoria e al quorum necessario per la
sua approvazione, riferendosi evidentemente al c.d. regolamento assembleare, è altresì vero che
nessuna indicazione in merito alla natura del regolamento è contenuta nella rubrica della norma,
denominata genericamente “regolamento di condominio”, e neppure nello stesso ultimo comma,
quello contenente il divieto, nel quale è citato il “regolamento” senza alcun’altra specificazione.
Se dunque nessun indizio può trarsi dall’esame lessicale dell’art. 1138 c.c. e della norma contenente
il divieto, appare riduttivo far discendere una qualsiasi conseguenza dal fatto che quest’ultima sia
stata “fisicamente” inserita in una disposizione che regola anche le ipotesi di regolamento c.d.
assembleare, non soltanto perché la sua stessa ratio conduce a risultati differenti, come si è visto
sopra, ma anche perché le stesse conseguenze della sua violazione, specificamente previste da ll’art.
155 disp. att. c.c. (a mente del quale ” cessano di avere effetto le disposizioni del regolamento di
condominio che siano contrarie alle norme richiamate nell’ultimo comma dell’articolo 1138 del
codice”), sanciscono definitivamente la correttezza della tesi della nullità del regolamento con trario
al divieto, costituendo l’inefficacia mera conseguenza di un’invalidità e non invalidità essa stessa.
Può dunque fondatamente sostenersi come la norma in esame non sia strettamente connessa alle
ipotesi di regolamento assembleare, secondo quanto asserito dal condominio, ma costituisca
precetto generale, valevole per qualsiasi regolamento, indipendentemente dalla fonte della sua
adozione.
Per quanto detto, la domanda proposta deve trovare accoglimento e deve, per l’effetto, dichiararsi la
nullità deíl’art. 7 del regolamento del condominio X – Isola Piana, in Carloforte.
Deve invece essere rigettata la domanda proposta in subordine dal condominio, con la quale ha
chiesto che venisse disposto l’obbligo, in capo al ricorrente, di tenere il cane all’interno
dell’appartamento e, solo in ulteriore subordine, nel giardino di pertinenza, non soltanto perché
evidentemente il riconoscimento del diritto del condomino di tenere animali domestici nella propria
abitazione non esclude l’obbligo di rispettare le proprietà comuni e ancor più quelle esclusive e di
evitare immissioni, anche sonore, intollerabili, diritti questi tutelati, civilmente e penalmente, in
generale anche contro gli atti degli esseri umani, ma anche perché l’inibitoria può ipotizzarsi e,
prima ancora, l’interesse processualmente rilevante ad avanzarne richiesta, soltanto quando si
presenti la lesione e non anche in via del tutto precauzionale.
Per quanto detto, la domanda deve essere rigettata, non sussistendo un interesse attuale in merito.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza c devono essere poste
a carico del condominio.
PQM
1. Dichiara la nullità dell’art. 7 del regolamento del condominio X – Isola Piana, in Carloforte;
2. rigetta le domande proposte dal condominio X – Isola Piana, in Carloforte;
3. condanna il condominio X – Isola Piana, in Carloforte alla rifusione, in favore di LS, delle
spese del giudizio che liquida in complessivi euro 2.430,00, oltre accessori di legge.
Si comunichi.
Cagliari, 22/07/2016
Il Giudice dott. Valeria Pirari

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