È legittima la clausola del regolamento contrattuale di un supecondominio che vieti ai singoli proprietari di usare l’ascensore con i propri animali domestici, non potendo intendersi il disposto di cui all’art. 1138, comma 5, c.c., nella parte in cui sancisce il diritto di detenere un animale domestico, come norma che sancisce anche un diritto all’uso delle parti comuni. Se è vero che il regolamento di condominio non può spingersi fino al punto da vietare un certo uso della proprietà singola, ovvero quello di detenere animali domestici, altro discorso è quello della disciplina delle parti comuni, che resta fuori dall’ambito della richiamata disposizione, giacché non è condivisibile un’idea di stretta accessorietà della parte comune rispetto alla proprietà singola, in forza della quale quanto è vietato per la parte singola automaticamente deve esserlo anche per la parte comune. Di talché, qualora il regime della parte comune è stabilito da un regolamento contrattuale in modo legittimo (come nella specie), deve ritenersi legittima la limitazione all’uso di parti comuni, anche laddove impedisca di utilizzare l’ascensore per trasporto di animali domestici.
Tribunale Monza, Sezione 2 civile
Sentenza 28 marzo 2017
Supecondominio – Regolamento contrattuale – Clausola limitativa dell’uso delle parti comuni – Divieto di trasporto di animali domestici in ascensore – Legittimità della previsione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI MONZA
SECONDA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Alessandro Gnani ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3789/2016 promossa da:
L. B. (C.F. omissis), con il patrocinio dell’avv. GA.MA. e dell’avv., elettivamente domiciliato in VIA (…) 20041 AGRATE BRIANZA presso il difensore avv. GA.MA.
M.S. F. (C.F. omissis), con il patrocinio dell’avv. GA.MA. e dell’avv., elettivamente domiciliato in VIA (…) 20041 AGRATE BRIANZA presso il difensore avv. GA.MA.
ATTORE/I
contro
SUPERCONDOMINIO (…), con il patrocinio dell’avv. PA.MA. e dell’avv., elettivamente domiciliato in VIA (…) 20041 AGRATE BRIANZA presso il difensore avv. PA.MA.
CONVENUTO/I
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d’udienza.
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Gli attori impugnano per nullità una clausola del regolamento del supercondominio che impedisce ai singoli proprietari di usare l’ascensore coi propri animali domestici, prevedendo sanzioni in tal caso. Ritengono che l’invalidità derivi direttamente dal nuovo comma 5 dell’art. 1138, co.5 c.c., introdotto dalla L. 220/12. Citano a sostegno l’ordinanza T. Cagliari, 22.7.16.
Il convenuto replica che la previsione del regolamento non impedisce di detenere animali domestici, ma solo di usare un bene comune (ascensore) per il loro trasporto.
Va premesso che, pacificamente, si verte in tema di regolamento contrattuale anziché condominiale, non deliberato a maggioranza ma acconsentito da tutti i condomini (gli attori stessi parlano di regolamento contrattuale).
Ciò detto, si profilano due ipotesi ricostruttive. La prima è quella per cui l’art. 1138, co. 5 c.c. non tenda solo ad escludere una particolare limitazione all’uso della proprietà singola, ma vada oltre: sancendo il diritto di detenere un animale domestico, sancirebbe anche un diritto all’uso delle parti comuni
conformato sull’insopprimibile diritto alla relazione con l’animale. Qualsiasi limitazione all’uso della parte comune imperniata sulla presenza dell’animale, sarebbe violazione del diritto alla detenzione dell’animale stesso. Si legge nella difesa attorea: “l’affermazione del diritto all’animale domestico include, necessariamente, l’esercizio di tutte le facoltà ad esso inerenti, tra cui, a titolo di esempio, il diritto al suo transito nelle parti comuni degli edifici, il diritto all’utilizzo dell’ascensore”. Tale lettura dell’art. 1138, co.5 c.c. tende a trascendere la materia condominiale. Muove dall’idea del diritto alla detenzione dell’animale domestico come diritto della persona, svincolato dal contesto del diritto condominiale; un contesto legato alla dialettica tra parti in proprietà comune e in proprietà singola.
Ad avviso del giudicante è preferibile una seconda, alternativa, ricostruzione. L’art. 1136, co.5 c.c. resta comunque inserito nel contesto del diritto di proprietà, ed in particolare della dialettica tra parti comuni e parti in proprietà singola. Non intende sancire un diritto della persona come tale, svincolato dal diritto di proprietà. La norma va letta nel senso di cui s’è dato cenno: come norma rivolta a fissare i limiti della potestà regolamentare sulla proprietà singola: il regolamento di condominio non può spingersi fino al punto da vietare un certo uso della proprietà singola, ovvero quello di detenere animali domestici. Altro discorso è quello della disciplina delle parti comuni, che resta fuori dall’art.1136, co.5 c.c. Non è infatti condivisibile un’idea di stretta accessorietà della parte comune rispetto alla proprietà singola, in forza della quale quanto è vietato per la parte singola automaticamente debba esserlo anche per la parte comune. Il codice fornisce esempi di autonomizzazione, per così dire, della disciplina della parte comune: ad esempio l’art. 1117 ter c.c., ove la modifica di destinazione d’uso delle parti comuni. Deve dirsi che l’art. 1138, co.5 c.c. è muto sulla disciplina delle parti comuni, riguardando solo la disciplina della proprietà singola. Il regime della parte comune, nel caso di specie, è stabilito da un regolamento contrattuale in modo legittimo, essendo ammesso per costante giurisprudenza che il regolamento condominiale preveda limitazioni all’uso di parti comuni da parte di determinati condomini (tra le tante Cass.5336/17). Qui il regolamento contrattuale limita l’uso dell’ascensore, impedendo di utilizzarlo per trasporto di animali domestici.
Né è da pensare che tale limite sia talmente ampio, quanto ad operatività, da venire nella sostanza a limitare il diritto sulla proprietà singola ex art. 1138, co. 5 c.c., sancendo alla fine l’impossibilità di detenere un animale domestico (i cani degli attori). Rimane sempre la possibilità di usufruire di altro servizio comune, ovvero le scale, per muoversi coi due cani (diverso sarebbe il caso in cui s’impedisse l’uso coi cani del vialetto d’accesso o del corsello dei box: il proprietario non potrebbe mai accedere alla propria abitazione con l’animale).
Le spese di lite sono compensate, attesa la novità della questione, su cui non constano precedenti giurisprudenziali di Cassazione.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: rigetta la domanda e compensa le spese di lite.
Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale.
Così deciso in Monza il 28 marzo 2017.
Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2017.