Sussiste la violazione della norma che prescrive il pari godimento della cosa comune nel caso in cui un impianto (nel caso di specie di condizionamento dell’aria) occupi il 60% della superficie disponibile, impedendo l’installazione di analogo apparecchio da parte degli altri condomini. In mancanza del consenso di quest’ultimi o di un loro comportamento inerte (Cass. 9 febbraio 2015, n. 2423), l’installazione costituisce, pertanto, una lesione del loro diritto, né d’altronde può richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte sul godimento turnario o differenziato nel tempo e nello spazio, giacché la stabilità dell’installazione altera definitivamente il rapporto di equilibrio tra i condomini nel godimento dell’oggetto della comunione (Cass. n. 7466/2015).
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile
Ordinanza 13 luglio 2017, n. 17400
Condominio – Spazi comuni – Rimozione ostacolo – Utilizzo della cosa comune anche per uso esclusivo purchè non si violi la destinazione comune e consenta un uso paritetico della cosa comune – Art. 1102 cc – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. GRASSO Gianluca – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso R.G.N. 27393/2012 proposto da:
(OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del controricorso, dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 570/2012 del Tribunale di Ravenna, depositata il 28 giugno 2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 maggio 2017 dal Consigliere Dott. Gianluca Grasso;
lette le conclusioni scritte del pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che il Giudice di Pace di Ravenna, con sentenza depositata il 12 marzo 2011, in accoglimento della domanda proposta dal Condominio (OMISSIS), condannava i convenuti (OMISSIS) e (OMISSIS) a rimuovere l’apparecchiatura esterna dell’impianto di condizionamento installata a servizio del proprio appartamento e al pagamento delle spese di lite;
che (OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano appello avverso la pronuncia, deducendo l’errata valutazione delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio svolta nel corso del giudizio e l’omessa valutazione di documenti rilevanti ai fini della decisione;
che il Condominio (OMISSIS) si costituiva in giudizio contestando il fondamento del gravame;
che con sentenza pronunciata ex articolo 281 sexies c.p.c., in data 28 giugno 2012, il Tribunale di Ravenna ha confermato la sentenza nel merito, accogliendo parzialmente il gravame in punto delle spese di lite;
che contro la sentenza del Tribunale di Ravenna, (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo;
che il Condominio (OMISSIS) resiste con controricorso.
Considerato che con l’unico motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1102 c.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Secondo i ricorrenti, la pronuncia impugnata non rispetterebbe il principio della nozione di pari uso della cosa comune, secondo l’interpretazione della Suprema Corte, ritenendo invece integrata la violazione dell’articolo 1102 c.c. in quanto la porzione di parete del ballatoio utilizzata dal (OMISSIS) non consentirebbe agli altri tre condomini la medesima installazione. Il giudice, in tal senso, avrebbe ritenuto rispettato l’articolo 1102 c.c. solo nel caso in cui tutti e quattro i condizionatori potessero essere posizionati sulla medesima parete, errando in tale affermazione e confondendo l’individuazione della parte comune ai fini dell’articolo 1102 c.c. a volte nel ballatoio (unica vera parte comune esistente) altre volte nelle singole pareti dalle quali e’ composto;
che il ricorso e’ infondato e deve essere respinto;
che in tema di condominio, ciascun condomino e’ libero di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilita’, purche’ non alteri la destinazione della cosa comune e consenta un uso paritetico agli altri condomini (Cass. 16 luglio 2004, n. 13261);
che il disposto di cui all’articolo 1102 c.c. prevede che il pari godimento della cosa comune e’ sottoposto a due limiti fondamentali: il divieto di alterarne la destinazione e il divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto (Cass. 14 aprile 2015, n. 7466);
che nel caso di specie, sulla base delle risultanze acquisite, il tribunale ha confermato la decisione di prime cure, ritenendo integrata la violazione della norma che prescrive il pari godimento della cosa comune, in quanto l’impianto di condizionamento dell’aria installato dai ricorrenti, occupando il 60% in superficie disponibile, impediva l’installazione di un analogo apparecchio da parte degli altri condomini del piano. In mancanza del consenso di quest’ultimi o di un loro comportamento inerte (Cass. 9 febbraio 2015, n. 2423), l’installazione costituisce una lesione del loro diritto. Ne’ d’altronde puo’ richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte sul godimento turnario o differenziato nel tempo e nello spazio, giacche’ la stabilita’ dell’installazione altera, definitivamente, il rapporto di equilibrio tra i condomini nel godimento dell’oggetto della comunione (Cass. n. 7466/2015).
che inammissibili, infine, risultano le deduzioni riguardanti l’errore da parte del giudice nell’apprezzamento delle emergenze ricavabili dalla consulenza d’ufficio in ordine all’individuazione delle pareti disponibili, in quanto relative a una questione di fatto;
che le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che si liquidano in complessivi Euro 1.200, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.