In un contratto di locazione a canone concertato, se il canone convenuto dalle parti è superiore a quello determinato secondo i criteri stabiliti dagli accordi territoriali in vigore al momento della stipula, allora la proprietà può essere condannata a restituire l’importo versato in eccedenza alla locataria.
Corte di Cassazione Ordinanza 31 agosto 2020 n. 18114
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6342-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2318/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 03/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELL’UTRI MARCO.
RILEVATO
Che:
con sentenza resa in data 3/12/2018, la Corte d’appello di Catania, in accoglimento dell’appello proposto da (OMISSIS), e in riforma della decisione di primo grado, ha revocato il decreto ingiuntivo ottenuto da (OMISSIS) per il pagamento, da parte della (OMISSIS), di somme a titolo di canoni di locazione asseritamente non corrisposti e di oneri condominiali, con la condanna di (OMISSIS) alla restituzione, in favore della Contarina, di quanto da quest’ultima corrisposto in eccesso rispetto a quanto dovuto;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come, avendo le parti concluso un contratto di locazione ai sensi della L. n. 431 del 1998, articolo 2, comma 3 e 4, il canone convenuto tra le parti era risultato superiore a quello determinabile secondo i criteri stabiliti dagli accordi territoriali in vigore al momento della stipula del contratto, con la conseguenza che, sulla base dei conteggi operati in sede tecnica, era risultato l’avvenuto pagamento, da parte della (OMISSIS), di somme complessivamente superiori a quelle effettivamente dovute, anche in considerazione della mancata dimostrazione, da parte della locatrice, di un proprio credito a titolo di rimborso di oneri condominiali;
avverso la sentenza d’appello, (OMISSIS) propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione;
(OMISSIS) resiste con controricorso;
a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., le parti non hanno presentato memoria.
CONSIDERATO
che:
con l’unico motivo di impugnazione proposto, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che le parti avessero convenuto un canone di locazione superiore a quello effettivamente dovuto sulla base della libera volonta’ negoziale delle parti, e per aver deciso in forza di una consulenza tecnica d’ufficio del tutto errata, omettendo, infine, di confermare il dovuto pagamento, da parte della conduttrice, degli oneri condominiali dovuti, eventualmente anche a titolo di indebito arricchimento;
il motivo e’ inammissibile;
al riguardo, osserva il Collegio come, attraverso la censura indicata – ferma la mancata contestazione, da parte della ricorrente, dell’avvenuta qualificazione del contratto in esame in relazione allo schema negoziale di cui alla L. n. 431 del 1998, articolo 2, comma 3 e 4, – la ricorrente si sia sostanzialmente spinta a sollecitare la corte di legittimita’ a procedere a una rilettura nel merito degli elementi di prova acquisiti nel corso del processo, in contrasto con i limiti del giudizio di cassazione;
in particolare, la ricorrente risulta aver prospettato le proprie do-glianze attraverso la denuncia di un’errata ricognizione della fattispecie concreta, e non gia’ della fattispecie astratta prevista dalle norme di legge richiamate (operazione come tale estranea al paradigma del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica della ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in se’ incontroverso, insistendo propriamente la stessa nella prospetta-zione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa (con particolare riferimento ai conteggi svolte in sede tecnica), rispetto a quanto operato dal giudice a quo;
nel caso di specie, al di la’ del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam della censura sollevata dall’odierna ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruita’ dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti ritenuti rilevanti tra le parti;
si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessita’ mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;
cio’ posto, il motivo d’impugnazione cosi’ formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’articolo 360 c.p.c., n. 5, ai fini del controllo della legittimita’ della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;
sotto altro profilo, del tutto carente deve ritenersi la censura sollevata dalla ricorrente in relazione ai pretesi errori contabili commessi in sede tecnica, essendosi la stessa limitata alla esposizione di affermazioni critiche d’indole meramente apodittica, neppure sostenute da adeguate allegazioni rispettose degli oneri processuali imposti dall’articolo 366 c.p.c., n. 6, e dall’articolo 369 c.p.c., n. 4;
dev’essere infine rilevata l’inammissibilita’ della deduzione avanzata dalla ricorrente con riguardo al preteso debito della controparte a titolo di mancato rimborso degli oneri condominiali, attesa, da un lato, la mancata censura della decisione del giudice a quo in ordine all’assoluta carenza di fondamento probatorio dell’istanza e, dall’altro, l’inammissibile novita’ della domanda prospettata a titolo di indebito arricchimento;
sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso, cui segue la condanna della ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre l’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma degli stessi articoli 1-bis e 13.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 2.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge, da distrarsi in favore del difensore della controricorrente, dichiaratosi antistatario.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma degli stessi articoli 1-bis e 13.